“IMMEDESIMARSI CON CHI SI VESTE”
Attenzione ai bisogni del consumatore ed amore per “il bello” e l’arte: in altre parole “Immedesimarsi con chi si veste” sembra essere la filosofia comune che ha ispirato ed anima l’attività di due designers-manager ospiti oggi al Meeting, seppure nell’ambito di esperienze diverse.Elisabetta Bianchetti è Amministratore Unico delle Manifatture Mario Bianchetti s. r. l., azienda che si occupa di progettazione, produzione e vendita di abiti e paramenti ecclesiastici. Ha un background scolastico di slavistica, una vera e propria passione per l’arte religiosa e per “il bello” e nasce come designer. Riesce ad innovare il prodotto di nicchia e ad “uscire dagli schemi” attraverso lo studio approfondito della quotidianità dei religiosi: è necessario capire cosa l’abito vuole comunicare (e questo è importantissimo trattandosi di abiti simbolici) e “contestualizzarlo” senza però prescindere dal carisma religioso. Rinnovare quindi i modi di comunicare la bellezza, ma senza dimenticare il passato.
David Chu è Fondatore e Chairman di Nautica Enterprise Inc., multinazionale americana nel settore dell’abbigliamento, che attualmente conta circa trenta linee di prodotto. Nato a Taiwan, a tredici anni si trasferisce negli USA, frequenta il FIT (Fashion Institute of Technologies) di New York e nel 1983, lanciando sul mercato sei modelli di tute sportive, dà vita al colosso americano.
Il segreto del successo sta tutto nel nome e nel marchio: ciò che è legato al mondo della nautica suggerisce desiderio e spirito di avventura e di esplorazione; è senza tempo ed abbraccia tutto, proprio come il mare.
Alla domanda di Vittadini su come un designer può riuscire a capire ciò che il consumatore vuole, Elisabetta Bianchetti risponde che l’abito religioso deve “coprire il corpo per mostrare l’anima”. È quindi necessario capire cosa l’abito vuole esprimere: non prescindere dal passato e dalla ricerca di bellezza, ma anche rinnovare e chiedersi perché viene chiesto il rinnovamento.
David Chu sottolinea l’importanza dell’intuizione (nel suo caso un prodotto funzionale, autentico ed innovativo) non disgiunta però da aspetti quantitativi ed economici. Le ricerche di mercato sono fondamentali, ma non dicono cosa la gente cerca: è compito dello stilista provare nuove idee.
Vittadini interroga poi sulla capacità dello stilista di riflettere le proprie esperienze e visioni di vita.
Per Elisabetta Bianchetti il fatto di occuparsi di abiti simbolici ha reso possibile l’espressione delle proprie passioni, l’amore per l’arte e per la bellezza.
David Chu deve gran parte del suo successo all’amore per il viaggio e per la bellezza.
Infine l’accento viene posto sull’apparente antinomia tra bellezza e creatività da un lato ed aspetti quantitativi dall’altro.
Secondo la Bianchetti l’attenzione all’impatto economico è una condizione importante per la riuscita del business, ma senza creatività gli abiti non avrebbero la forza di “rappresentare”.
Secondo Chu per il successo è necessaria la combinazione di entrambi i fattori: se si hanno una buona idea ed un buon prodotto, è necessario anche avere un pubblico “globale”, reperire strutture produttive e distribuire in tutto il mondo, avere una struttura logistica e finanziaria solide.
In definitiva, come riassunto dal Dott. Malerba, la capacità dello stilista di “Immedesimarsi con chi si veste” nasce dalla capacità di sintesi di aspetti sociologici (individuazione delle esigenze del gruppo di consumatori), culturali (assimilazione della bellezza), tecnologici ed economici: non quindi esclusivamente invenzione, ma sintesi di capacità di innovazione e senso della realtà.
P. D.
Rimini, 24 Agosto 2003