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FONDAZIONI PER UN MONDO CHE CAMBIA
Partecipano: Austen Ivereigh, London Citizen Alliance; John Milbank, Docente di Religione, Politica ed Etica alla Nottingham University; Adrian Pabst, Lecturer in Politics and Religion at the University of Kent in Canterbury. Introduce Dario Chiesa, Responsabile Dipartimento Relazioni Internazionali della Fondazione per la Sussidiarietà.
DARIO CHIESA:
Buonasera, grazie al pubblico per essere qui, grazie ai relatori per essere qui stasera. Questa è la quinta riunione di questa serie di workshop, di seminari che si occupano appunto del tema Fondazioni in un mondo che cambia. Il mondo sta cambiando, questa è una cosa sicura, nessuno lo può mettere in discussione. Perché parliamo del ruolo delle Fondazioni? Io faccio parte della Fondazione per la Sussidiarietà di Milano che ha organizzato questi incontri. Vogliamo trattare di questo ruolo perché sappiamo che in un mondo che cambia la situazione, la globalizzazione, tutto quello che volete includere in queste tematiche, sappiamo che c’è bisogno più che in passato di luoghi dove si produca cultura e venga distribuita la cultura. È importante secondo me definire in modo preciso cos’è la cultura e questo è uno dei cambiamenti che io vedo, per esempio, nel concetto e nei ruoli delle nuove fondazioni per lo meno in Italia, quindi il concetto di think tank del mondo anglosassone aveva già questi elementi, produzione di cultura non come un qualche cosa di elitario, di accademico, come un lavoro soltanto di un élite, di esperti, di intellettuali, per una cerchia ristretta di persone che siano in grado di capire quello che viene prodotto, ma come qualcosa che può essere poi tradotto e replicato nella vita quotidiana di tutti noi. In uno di questi incontri abbiamo chiesto agli oratori “cosa intendete voi per cultura”. Uno degli oratori, ad un certo punto, ha detto che allora alla fine dei conti tutti noi produciamo cultura quando, per esempio, ci alziamo alla mattina e poi dopo svolgiamo la nostra attività quotidiana fino a quando non andiamo a letto alla sera. Quindi vuol dire che la cultura significa dare un giudizio costante sulla realtà, su quello che ci succede e quindi pensare determinate cose e agire in un determinato modo: anche questo è cultura. Se questo è il significato della cultura, allora si capisce bene come la Fondazione e qualunque luogo dove si produca cultura e si distribuisca la cultura, diventi un luogo molto importante per il mondo odierno. Abbiamo anche enfatizzato due ambiti che interessano molto noi come Fondazione per la Sussidiarietà ma anche le altre Fondazioni che abbiamo invitato a discutere qui in questa serie di incontri, due ambiti che sono il welfare e l’istruzione, due ambiti che sono molto importanti anche nel mondo che cambia. Quindi stasera abbiamo due ospiti di due Fondazioni che ci parleranno di quello che fanno, ci parleranno delle metodologie che utilizzano e ci parleranno un po’ di qualche esempio della loro attività, dell’attività che svolgono e ci diranno anche secondo loro quello che dovrebbero fare gli stati, i governi. Vi presento i nostri relatori: Austen Ivereigh, della London Citizen Alliance, il prof. John Milbank che è un docente di religione, politica ed etica all’Università di Nottingham e anche il direttore del Centro di teologia e filosofia e poi daremo la parola al dott. Adrian Pabst che è, anche lui da ‘lectio magistralis’, è un professore di politica e di religione all’Università di Kent in Canterbury. Alla fine dell’incontro se rimane del tempo c’è la possibilità di fare anche delle domande. Vi ringrazio e adesso do la parola a Austen.
AUSTEN IVEREIGH:
Grazie per la vostra accoglienza, per la gioia di questo Meeting e a Dario per l’opportunità di parlare qui e adesso in inglese. Ho lavorato per molti anni con la London Citizen come attivista, come organizzatore di comunità e come portavoce e addetto stampa al momento. Ho conosciuto la London Alliance durante un lavoro che svolgevo in precedenza per l’ex vescovo di Westminster e poi ho lavorato per organizzare una messa e poi un raduno a favore degli immigrati a lungo termine senza documenti. Lavorando con la London Citizens ho scoperto un modo, un modus operandi e anche un’organizzazione che immediatamente avevo riconosciuto dai miei studi, dagli studi che avevo fatto quando avevo vent’anni, sui movimenti sociali cattolici degli anni ’20 e ’40 in America latina. Ho visto subito questo collegamento con la London Alliance e per anni ho pensato a come stabilire questa relazione e quest’anno ho pubblicato questo libro che vedete qua sulla slide, che si chiama Faithfull citizens, una guida pratica all’organizzazione delle comunità e all’insegnamento sociale cattolico, che è collegato alla storia dei London Citizens. Il mio argomento è semplice: è l’organizzazione della comunità che inizia negli Stati Uniti e adesso è sempre più comune anche in Europa e si combina con la visione cattolica nella giustizia che si persegue, ma anche nel modo in cui si vuole perseguire questa giustizia, cioè costruire la capacità di agire e il potere della società civile. Sulla parte destra della slide forse vedete un viso che conoscete: è il nostro attuale Primo Ministro David Cameron, che fa finta di leggere il mio libro. Il giorno in cui ha lanciato la sua visione per la grande società, gli ho dato una copia del mio libro: ci voleva conoscere per le attività che svolgiamo. Prima di parlarvi di London Citizens però devo spiegare cosa significa organizzazione delle comunità. E’ un’espressione forse un po’ oscura, io non la conoscevo, però è diventata un po’ più chiara durante la campagna elettorale dello scorso anno di Barak Obama. Obama si era formato proprio come organizzatore di comunità a Chicago, che è la città dove è iniziato il lavoro dell’organizzazione delle comunità; lavorava per un gruppo di chiese cattoliche in quel periodo, cercava i leaders, riuniva le persone, per esempio nelle sale antistanti alle chiese e spiegava cos’era l’arte dell’azione pubblica. E’ un po’ la stessa metodologia, quindi passare dal mondo come è adesso al mondo che dovrebbe essere e Michel Obama si è innamorata di lui proprio quando faceva queste lezioni, quando insegnava. Anch’io ho fatto tante volte queste lezioni, ma non si è innamorata mai nessuna donna di me, purtroppo. Il fatto che Obama fosse un organizzatore di comunità diventò uno dei temi della campagna elettorale, perché Sara Pain che era la sua concorrente, diciamo, lo attaccò dicendo: “Ma cos’è? Cos’è un organizzatore di comunità?”. In tutti gli Stati Uniti subito tutti quanti i democratici cominciarono a indossare questo badges, questa spillina: Gesù Cristo era un organizzatore di comunità e Ponzio Pilato, invece, era un governatore. Quindi l’organizzazione delle comunità iniziò a Chicago negli anni ’30, quando l’uomo che vedete qua a sinistra, Saul D. Alinsky, era un criminologo e sociologo, riunì i sindacati e le chiese cattoliche nella parte sud di Chicago, in quello che lui chiamava organizzazione delle persone per poter negoziare con i responsabili degli impianti di confezionamento della carne, i sindaci, eccetera. Cominciò ad avere delle vittorie abbastanza notevoli per i lavoratori. Questo movimento cominciò quindi a prosperare. Alinsky rispettava le organizzazioni che si basavano sulla fede in maniera molto profonda, perché queste organizzazioni rappresentavano un modo per le persone di poter imparare cos’era importante per la comunità. Ebbe subito il sostegno dei sacerdoti cattolici e dei vescovi e scrisse un libro molto interessante che si chiama Rules for radicals e diventò anche molto amico con Jacques Maritain che gli fece poi conoscere l’Arcivescovo Montini di Milano con cui diventò molto amico. Quindi il collegamento con la Chiesa diventò molto forte. Alinsky sviluppò molte delle sue idee studiando approfonditamente le gang di criminali italiani che operavano a Chicago. Parlò moltissimo con i componenti di queste gang, perché voleva capire come facevano a essere così forti: si rese conto che cercavano di sviluppare dei rapporti di fiducia e capì che questa era la chiave della sussidiarietà, il fatto di poter collegare, di poter mettere insieme le persone in base a valori comuni. Quindi anche il movimento di Comunione e Liberazione, per esempio, comincia su un legame di fiducia: questo è uno dei principi della società civile. L’istituto che Alinsky fondò si chiamava Industrial Area Fundation, oggi è l’organizzazione che forma gli organizzatori delle comunità e insegna il metodo, appunto, per l’organizzazione delle comunità a vari gruppi. Negli Stati Uniti ci sono tante organizzazioni diverse, ce ne sono più di 80 che svolgono un ruolo molto importante nella politica locale e si chiamano Broadbased Organization, organizzazioni su base ampia o anche organizzazioni basate su una comunità che condivide la stessa fede. Comunque hanno un ruolo importante, comunque le si chiami, soprattutto la Chiesa cattolica svolge un compito molto importante in quest’ambito. Il sistema di alleanza, diciamo, consiste da 40 a 200 istituzioni, si può diventare soci solo con un’istituzione, non si può diventare membri come individui. I soci pagano dei diritti, una certa somma di denaro, che poi serve per pagare i salari degli organizzatori delle comunità che lavorano a tempo pieno e che formano le persone comuni nell’arte del negoziato. Vengono realizzate delle grandissime assemblee e si decide sul corso delle azioni, su come organizzare le campagne e si negozia, quindi si tratta con le persone che hanno il potere, poi, di cambiare la propria vita. London Citizens ha sede a Londra ed è stata fondata nel 1986, quando il Vescovo ausiliario del tempo voleva creare un veicolo, un mezzo che potesse aiutare le persone nella sua parrocchia a migliorare le loro condizioni, quindi ingaggiò un organizzatore di comunità che lavorava a tempo pieno. L’organizzazione si è estesa alla parte meridionale, orientale di Londra, e anche alla parte settentrionale di Londra, adesso abbiamo anche la North London Citizens, abbiamo circa 160 soci. Abbiamo un’organizzazione abbastanza potente, abbastanza grande, abbiamo creato un ente nazionale, si chiama Citizens UK che è l’equivalente dell’IAF negli Stati Uniti e ci sono altre città dell’Inghilterra che si possono consociare con la nostra organizzazione. Questo è l’elenco dei componenti, dei membri, vi dà un po’ il senso del tipo di soci, di coloro che sono affiliati a questa associazione, a questa organizzazione. Soprattutto sono chiese, come potete vedere, ci sono però anche tante moschee, enti di beneficenza, organizzazioni per esempio che raccolgono le persone che vivono nello stesso quartiere, tante scuole che fanno parte di London Citizens. Il processo per diventare soci, di solito, necessita di abbastanza tempo; gli organizzatori della comunità fanno delle riunioni uno a uno con i leader delle istituzioni, c’è una lunga conversazione perché dobbiamo insegnare alle persone come si fa, come si può capire e formare un potenziale leader. Quello che cerchiamo noi è la passione per quello che si fa, vogliamo i valori, vogliamo l’impegno da queste persone e quindi c’è questo dialogo all’inizio, questa conversazione uno a uno, quindi vogliamo scoprire quali sono gli interessi, appunto, delle istituzioni e dell’individuo. Ci sono due tipi di interesse: quello limitato, per esempio una persona si preoccupa del fatto che sta in una casa che non gli piace, oppure che ha un salario insufficiente, però c’è anche l’interesse più ampio, cioè i valori; i valori di solito sono soprattutto i valori della fede, quindi la visione del mondo come dovrebbe essere, ma è un valore centrale anche l’idea della democrazia stessa. E’ una cosa buona che le persone e le loro istituzioni abbiano un ruolo più importante in quello che viene deciso poi dai politici. Anche London Citizens crede che lo stato e il mercato siano troppo forti, che la società civile sia troppo debole e che una democrazia sana dipenda da una società civile che sia vigorosa, che abbia forza; la società civile dipende dall’energia, dalla passione e dalla visione delle persone che sono persone di fede. Dopo molti anni di relativa oscurità, negli ultimi anni siamo balzati agli onori della cronaca, hanno cominciato a occuparsi di noi, perché i candidati alle ultime elezioni generali inglesi hanno tenuto, appunto, delle riunioni da noi. Gordon Brown, e altri politici sono comparsi tutti quanti alla nostra assemblea e dato che noi abbiamo un’agenda che è composta da sei punti, sono stati incaricati di fare dei discorsi non troppo lunghi in risposta ai punti della nostra agenda. Soprattutto ci occupiamo dei migranti e siamo riusciti a impressionare la stampa che ha iniziato a occuparsi di noi. Vogliamo costruire un movimento che abbia il potere di influenzare poi le decisioni politiche. Vi voglio parlare un pochino di alcuni argomenti che tratto nel mio libro: l’insegnamento sociale cattolico è una visione pluralistica perché vuole che le persone di vari credi, di varie credenze lavorino insieme; in Europa si è dovuto scontrare con un periodo di totalitarismo e allo stesso tempo però negli Stati Uniti, dove c’è una separazione tra stato e Chiesa, la Chiesa cattolica è più abituata a lavorare con gli altri per seguire obiettivi comuni. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’insegnamento sociale cattolico non è stato più considerato dalla Chiesa moderna in Europa, ma non negli Stati Uniti: io credo che questo adesso, in questo momento, quando tante città europee stanno iniziando a sembrare città americane, adesso questa organizzazione delle comunità sia un veicolo ideale per gli europei. Qui vedete una figura dell’assemblea che si è tenuta per l’elezione dei sindaci a Londra nel 2008, dopo questa assemblea la persona che è stata eletta poi a sindaco di Londra, si è impegnata a sostenere l’amnistia che volevamo noi per i migranti senza documenti da lungo termine che vivono a Londra. Un’altra campagna molto importante che abbiamo portato avanti si chiama Living Wage, cioè il salario di sussistenza, è praticamente il problema che più preoccupa i cittadini di Londra; abbiamo creato il Living Wage, quindi il salario di sussistenza che rifletta il costo della vita di Londra. Vivere a Londra è costosissimo e abbiamo persuaso una delle più grandi banche di Londra, la HSBC a corrispondere questo salario agli addetti alle pulizie. Questo è stato un successo, ci abbiamo messo due anni per poterlo ottenere, abbiamo dovuto far occupare di questo problema la stampa, però alla fine ci siamo riusciti. Rimane ancora tanto da fare, comunque, dopo questa prima vittoria, adesso sempre più aziende pagano, finalmente, corrispondono questo salario di sussistenza ai loro lavoratori e siamo riusciti a tirar fuori dalla povertà 5000 famiglie a Londra. Quando ci troviamo di fronte a delle persone che non vogliono discutere con noi, cerchiamo di agitare un po’ le acque, quindi magari facciamo irruzione, per esempio, a qualche assemblea, finché i responsabili di certe organizzazioni o i politici non decidono di parlare con noi, perché vogliamo confrontaci, perché vogliamo influenzare le decisioni che poi vengono prese. La campagna per il Living Wage, quindi per il salario di sussistenza, continua sempre, ma una delle chiavi al successo è stata quella di convincere il sindaco a sostenere questa idea e ogni anno viene stabilito quello che è il salario minimo di sussistenza. Poi ci occupiamo, per esempio, di edilizia, del fatto che possiamo garantire ai cittadini di Londra una casa a prezzi accessibili; un’altra campagna, della quale ho parlato all’inizio, si chiama Path, quindi il percorso verso la cittadinanza, che si occupa di migranti, migranti che ormai si sono radicati in Gran Bretagna e che, probabilmente, non se ne andranno mai. Siamo riusciti a persuadere, a convincere il leader di un partito a sostenere questa campagna; la nostra politica, il principio che ci guida è che quando uno si radica in un territorio poi deve avere anche dei diritti. La chiave del nostro successo è il discorso di organizzare delle grandissime assemblee; riempire le sale è, veramente, un elemento molto importante perché i politici si sorprendono quando vedono queste sale piene di tantissime persone e si chiedono come facciamo a convincere tante persone a partecipare a queste grandi riunioni e di solito ci avvaliamo di alcune sale dove normalmente si celebrano i matrimoni civili: a maggio, per esempio, è stata organizzata, appunto, l’assemblea per le elezioni di Citizens UK, sono andato a parlare alla BBC e hanno visto che c’erano 2500 persone; se pensate che per i dibattiti i responsabili della BBC dovevano cercare e non sono riusciti a trovare neanche 200 persone, capite la differenza. Per i politici, vedere una sala così piena significa avere un’esperienza che li intimidisce, per loro è un avvenimento abbastanza terrificante, perché non riescono a capire come facciamo a mobilitare tanta gente; le persone hanno la possibilità, in questo modo, di capire come la società civile ha veramente tanto potere, ha la possibilità di cambiare le cose. La gente si sente con maggiore energia, si sente piena di possibilità, si sente piena di potere, perché finalmente si rende conto che può avere qualcosa da dire. Un principio in azione, la sussidiarietà, che è il principio della società civile, una democrazia sana dipende dalle organizzazioni intermedie, perché bisogna far sì che lo stato e il mercato diano conto di quello che fanno, delle loro azioni e così la dinamica classica viene rovesciata, impegnando attivamente la società civile. Un’altra chiave è la partecipazione, aumentiamo la partecipazione delle persone comuni alle decisioni che poi dopo hanno un’influenza sulla loro vita. Innanzitutto bisogna riunirsi tutti quanti intorno a un valore comune, poi dopo si costruiscono delle alleanze attorno a queste istituzioni e poi si impara quello che vuol dire politica, cioè cosa vuol dire partecipare alle politiche attivamente. Voglio finire facendovi vedere una slide che è una citazione dall’enciclica Caritas in veritate del papa Benedetto XVI. Date un’occhiata, questa è una citazione tratta dal capitolo 7, che vi spiega bene che tipo di politica portiamo avanti noi di questa alleanza, di questa associazione, di questa organizzazione, come London Citizens. Grazie per l’attenzione.
DARIO CHIESA:
Grazie Austen, la parola a John.
JOHN MILBANK:
Grazie, grazie molte. Grazie Dario e grazie anche a Austen per questa presentazione così chiara del fenomeno probabilmente più straordinario nella politica di oggi. Anzitutto vorrei dire, che come forse avete sentito, io rappresento il Centro di Teologia e Filosofia della Università di Nottingham.
E noi ci occupiamo di tutto l’ambito della filosofia e della teologia e delle relazione fra queste due discipline. Però vorrei offrirvi degli spunti pratici di filosofia pratica, quindi di filosofia politica e vorrei parlare delle implicazioni politiche della Cristianità.
Noi abbiamo anche un braccio, per così dire geopolitico, che viene diretto da Adrian Pabst all’Università del Kent, e il titolo di questo braccio pratico è Cosmopolis che si occupa di relazioni internazionali a livello politico e di ecumenismo internazionale. Il tentativo, appunto, è quello di cercare di portare questi due ambiti l’uno verso l’altro. Ora vorrei però, proseguire ciò che Austen ha appena detto e vorrei cercare di parlare del modo in cui l’applicazione dell’insegnamento cattolico sociale, quindi dell’attività della organizzazione di comunità, possa interrelarsi con la scena politica in Gran Bretagna, quali sono le sue conseguenze sulla scena politica in Gran Bretagna e vorrei parlare di quella che è la situazione attuale della fede cristiana in Gran Bretagna. Vorrei farvi vedere come queste due cose, apparentemente distanti, in realtà hanno molti elementi in comune e vorrei considerare questo aspetto sotto un punto di vista nuovo. Come ha già detto Austen, abbiamo un nuovo governo. È stata una grossa sorpresa un po’ per tutti e in realtà è quasi un governo italiano, perché è un governo di coalizione. Non avevamo un governo di coalizione da tanto tempo e non avevamo i liberali al governo da giorni antichi, addirittura da Lloyd George, mi pare. Quindi i liberali, improvvisamente, si sono trovati al potere anche loro dopo tantissimo tempo. Credo però che nel caso della coalizione, nel caso di una coalizione si tratti di una coalizione di centro-destra. Quindi è una cosa un po’ sorprendente il fatto che i liberali si trovino all’interno di una coalizione di centro-destra, però sicuramente sono i conservatori che guidano la maggior parte delle politiche. Tutto ciò però rientra in un contesto in cui il centro-destra un po’ è dominante in tutta Europa. E la coalizione di centro-destra in Gran Bretagna, la questione relativa a questo tipo di coalizione, fa riferimento a tante politiche di centro-destra che vengono attuate un po’ in tutto il continente. Quindi la domanda è la seguente: saremo in qualche maniera pervasi da una economia neoliberale oppure avremo una sorta di continuazione del supporto, del sostegno di destra a favore del liberalismo di mercato? È una domanda naturalmente ironica, perché il liberalismo di mercato non è una caratteristica, una filosofia, appunto di centro-destra, conservatrice. Credo che le persone stiano sempre di più assistendo al fatto che noi caratterizziamo la nostra situazione dal punto di vista politico con un linguaggio che è sbagliato, perché in realtà noi abbiamo il trionfo culturale della sinistra. Quindi abbiamo il liberalismo culturale che ha a che fare, appunto, con delle relazioni personali sostenute dalla sinistra, e poi abbiamo invece il liberismo economico, che viene sostenuto dalla destra. E tendiamo a pensare a queste due cose come se fossero in conflitto l’una con l’altra ma che in realtà non lo sono. Anche i partiti di sinistra, quelli che si presuppone siano di sinistra, dopo il crollo del comunismo, anche in Italia (questo è vero, questo va detto), hanno subito una sorta di conversione al liberismo economico. Al tempo stesso l’aspetto, appunto, della tolleranza del liberismo culturale è stato assunto dai partiti di destra. E questo soprattutto in Gran Bretagna, Paese in cui c’è una destra culturale importante che, appunto, si occupa di questi temi, più o meno nello stesso modo in cui ciò avviene negli Stati Uniti.
Quindi la domanda è: il centro- destra in Europa continuerà a sopportare questo tipo di liberismo, anche quello economico oppure andrà più nella direzione di una terza via, per così dire, che è essenzialmente cattolica?
Che è più o meno in linea con quanto Austen ha detto finora, ovvero il fatto di vedere la società civile come qualcosa di più importante rispetto all’economia, rispetto al mercato o rispetto allo stato. E potremmo riassumere dicendo che per l’insegnamento cattolico sociale alla fine la cosa importante, fondamentale, non è il diritto politico. La cosa fondamentale è la società umana e questa dipende ovviamente, si basa su una relazione interpersonale di fiducia, come ha detto appunto Austen. Una società cattiva, le società cattive, come ad esempio la Mafia, ovviamente, anche esse si basano su relazioni di fiducia e comunque c’è una relazione interpersonale che è alla base di tutto ciò. E anche nell’ambito dell’insegnamento questo è rilevante e va appunto tenuto in considerazione in Gran Bretagna, magari di più rispetto ad altre parti del mondo. Concordo con quanto ha detto Giorgio Vittadini che recentemente ha affermato sui giornali che il futuro del cattolicesimo in Italia non sta nel cercare appunto di riportare alla luce, far risorgere la Democrazia Cristiana, quanto piuttosto deve andare nella direzione di quanto illustrato da Austen, quindi verso una sorta di movimento dall’alto verso il basso. Ci deve essere più una risurrezione, una rinascita del Partito Popolare di Luigi Sturzo, che in realtà è stato poi sconfitto, distrutto da Mussolini. Quindi una sorta di approccio un pochino più radicale. Credo che questa sia la via che attende l’Italia. Tornando però alla Gran Bretagna, c’è un grosso interrogativo relativo alla coalizione: di che cosa si tratta, da che cosa è caratterizzata questa coalizione? Il New Labour ha portato avanti il progetto, appunto, della signora Thatcher e Cameron cosa farà, proseguirà questo lavoro ulteriormente?
Questo probabilmente è quanto viene fatto. I Tories utilizzano la crisi economica per distruggere l’istruzione pubblica e anche lo stato sociale. Però c’è una differenza molto importante, per lo meno evidente, fra Cameron e la Thatcher, nel senso che la Thatcher in una sua famosa affermazione aveva detto che non c’è nessun’altra cosa oltre la società. Cameron per contro, invece, ha affermato che ciò che lui sostiene è la nozione della ‘Grande Società’. Quindi mentre la signora Thatcher era una individualista assoluta, che riteneva che la cooperazione sociale si originasse per via del tutto accidentale, quindi semplicemente su iniziativa dei singoli che cercano di perseguire il proprio bene, in realtà Cameron, al contrario, afferma che la società è quella cosa nella quale lui crede di più. Quindi ciò che entrambi hanno in comune, appunto, è l’idea di ridurre le dimensioni dello stato. Cameron non dice lo faccio semplicemente nell’interesse della libera scelta dell’individuo, ma lo faccio anche perché lui vuole il Welfare, vuole l’istruzione, vuole che questi due aspetti rientrino di più nell’ambito della responsabilità della società civile. Quindi vuole una maggiore partecipazione democratica. E una cosa molto interessante è che lui ha affermato che il problema dello statismo non è tanto il collettivismo quanto, e questo è paradossale, che se c’è uno stato forte, importante allora si promuove appunto l’individualismo. E questo perché ovviamente si distruggono tutte quante le associazioni intermedie, cosicché lo stato ha a che fare direttamente con l’individuo, con delle influenze dirette appunto con la comunità locale. E questo soprattutto se c’è uno stato eccessivamente potente che va a diminuire l’ambito, l’importanza delle relazioni fra le persone, che cercano appunto di collaborare e organizzare le cose per se stessi. E questo è un tema che trascende il contrasto, la contrapposizione tra destra e sinistra. Perché se si considera la storia del socialismo in Gran Bretagna, si vede che questa storia è stata caratterizza sempre di più dalla presenza di associazioni cooperative, fondate sulla base dell’autoaiuto reciproco, quindi un movimento che, nel corso della storia, si è evoluto in questo modo. Credo che l’approccio di Cameron rispetto al mercato rappresenti una domanda ancora aperta, un interrogativo: vuole una società civile forte nell’ambito del Welfare, dell’istruzione? Con del libero mercato nel settore dell’economia? A volte non è poi così chiaro, perché a volte Cameron ha affermato, che l’economia deve essere a servizio della società, che l’economia non può fare da tiranno rispetto alla società, perché è il mercato che è a servizio della società, non bisogna permettere che la domini. Però al tempo stesso nessuna delle sue azioni, quello che ha fatto finora, indica un muoversi, un’azione in questa direzione, un’ allontanamento rispetto ad una economia sempre più presente, più ampia. Dal punto di vista dell’insegnamento sociale cattolico, questo aspetto è stato espresso in maniera chiara in un volume sull’economia sociale che trae molti spunti dalla Caritas in veritate. Quando si parla per esempio della economia civile, ciò che gli studiosi che hanno scritto questo libro dicono, è che non bisogna pensare che il mercato sia al di fuori della società civile nel senso di Adam Smith. In realtà dovremmo seguire la tradizione dell’economia italiana, in particolare della scuola napoletana nel 18simo secolo e cioè che l’economia civile è all’interno della società civile, perché i contratti economici possono esprimere la reciprocità e non semplicemente un incontro di interessi personali. Quindi, questo, da parte di questi due studiosi, è molto importante. Il punto espresso da questi due studiosi è molto importante perché indica che poi alla fine il denaro è una sorta di garanzia da parte dello stato relativa al fatto che poi alla fine tutto si ottiene grazie alla reciprocità. È la reciprocità che sostiene le transazioni economiche e questo poi per assicurare che alla fine le cose vengano scambiate e che vengano scambiate per garantire la solidarietà sociale. Quindi uno degli argomenti più importanti è che anche una economia capitalista in realtà può essere gestita e descritta da una persona come Adam Smith, ma alla fine c’è un elemento importante alla base, nella società, che non si può eliminare, perché se lo si facesse si eliminerebbe una società completamente, interamente. Un aspetto molto importante è il fatto che si pone limite in questo modo all’individualismo delle persone, perché il liberalismo in senso stretto è il tentativo di far sì che le persone, anche all’interno di una azienda, siano individualiste, ma quando lo si fa, si infrange la solidarietà e questo è a detrimento all’economia. Quindi l’idea, appunto, di aumentare questo elemento di cooperazione all’interno del mercato. Per cui è una domanda aperta quella se Cameron apprenderà questo tipo di lezione. Una lezione che viene promossa da Philipp Blond e dalla Think Tank Philipp Blond, che ha un gruppo di riflessione molto molto importante, di grossa influenza a Londra. E sarà qui domani Philipp, tra l’altro. Nella direzione dei Tories, però, in realtà non è così di parte come molte persone a Londra pensano. E anche Philipp sostiene l’idea, è a favore del fatto che la diminuzione dello stato deve avvenire grazie ad approcci reciproci di collaborazione tra Welfare istruzione e inoltre anche lui vuole andare nella direzione di avere una sorta di economia sociale piuttosto che avere un’economia che sia troppo libera. L’idea è quella di decentralizzare l’economia, nel senso per così dire della distribuzione cattolica delle cose e della condivisione. La grossa domanda, relativa alla attività del governo, ha a che fare con la tempistica, perché finora ciò che il governo ha fatto è stato di ridurre in maniera intensa la spesa, la spesa per esempio sui farmaci, sull’istruzione, sul welfare e sull’attività di polizia. E in tutti questi ambiti ci saranno dei tagli importanti. E’ stato detto che lo si è fatto, appunto, per ripristinare la fiducia nei confronti della Gran Bretagna, dato il debito pubblico, e in realtà lo stanno facendo molto più velocemente di quanto molti prevedessero. E questo perché c’è l’idea di ridurre e di annullare il debito del governo in cinque anni. Il problema nel fare questo tipo di azioni è che se si va troppo velocemente, su questo fronte, si può ovviamente, sì ridurre la domanda economica ma allora non si concede all’ambito privato abbastanza tempo per prepararsi e comprendere ciò che il governo sta facendo. Quindi il settore privato in realtà potrebbe non avere tempo per prepararsi e, quindi, questo potrebbe incoraggiare una sorta di doppio effetto negativo, quindi una doppia crescita negativa, una crescita negativa a due cifre, come magari negli Stati Uniti. Quindi il fatto di togliere il supporto dello stato troppo velocemente, significa che il tipo di supporto che si dà ai cittadini potrebbe in realtà non essere sufficiente e al tempo stesso non si consente a nessun altro di far fronte, di compensare questa cosa. Quindi il governo rischia, andando troppo velocemente, perché va a screditare anche le sue stesse intenzioni che sono, per una certa misura, anche intenzioni buone. In realtà non permette lo sviluppo di un altro tipo di economia. Non permette un altro approccio di partecipazione al welfare e al posto di questo tipo di approccio si potrebbe avere una privatizzazione selvaggia. Il rischio è questo, quindi, per esempio, la privatizzazione dell’istruzione, che magari è un ambito che potrebbe essere preso di mira per fare dei profitti. È questo il tema a caldo della battaglia. Alcune persone, come Philipp Blond, in realtà sollevano questo dubbio: il fatto che si sta andando troppo velocemente per generare delle pratiche, per sviluppare un tipo di approccio che sia collettivista, che sia basato, improntato alle relazioni per la fornitura di servizi sociali. La velocità di questo processo probabilmente, secondo quanto viene obiettato, è troppo eccessiva. E quindi probabilmente la conseguenza potrebbe essere che si ritornerà a una sorta di statismo. E quindi l’idea è che, in un periodo di crisi, si possono avere dei problemi nel caso dello stato e si può impedire a qualcosa d’altro di svilupparsi. Quindi è una scommessa molto grossa questa. Finora la coalizione ha fatto, secondo me, troppo poco per incoraggiare lo sviluppo di una economia alternativa. Quindi non si sta cercando di fare investimenti, per esempio, per costringere le banche a fare investimenti in un certo senso piuttosto che in altro. E si parla ad esempio di banche locali, di borse locali, per così dire. E in realtà non si sta facendo molto per incoraggiare questo tipo di azione, questo tipo di direzione. Però, anche all’interno della coalizione, questo spesso non coincide con la divisione tra Tories e Liberal, perché spesso magari ci sono delle persone che sono più a favore degli approcci dei liberali e altre invece che sono più a favore di approcci basati a favore della comunità. Credo che questa situazione (grazie alla presentazione di Austin avete già visto perché) offre un’enorme opportunità per le chiese cristiane, perché molte persone hanno già affermato che un motivo per il quale la Gran Bretagna è caratterizzata dalla sempre minore presenza delle chiese, è che la chiesa in realtà si è tolta da tante aree, da tanti ambiti in cui poteva essere influente, per esempio l’istruzione, il welfare oppure per esempio le arti o anche la partecipazione, il coinvolgimento in certi settori di attività. Quindi ci siamo occupati di più, troppo forse, dell’aspetto spirituale, e magari le persone, invece, hanno aspetti, problemi più pratici, e non riescono a percepire i frutti di questa Cristianità e quindi questo è un aspetto che non è coerente con la Cristianità come tipo di religione. Negli anni ’50 non solo la Chiesa cattolica, ma anche quella anglicana, in Inghilterra, avevano insistito sull’importanza di certi principi della Cristianità in pratica. E ciò a cui assistiamo ora, con questa incapacità da parte dello Stato di gestire l’ambito del Welfare e dell’istruzione, per tutta una serie di motivazioni, rappresenta un opportunità per la Chiesa, dà alla Chiesa la possibilità di accedere a queste aree ancora una volta. Quindi l’ammissione coincide con la questione dell’influenza sociale e della trasformazione, e questo in un modo che non si è mai visto prima. Al tempo stesso assistiamo al crollo delle ideologie secolari, quindi le ideologie che in realtà avevano preceduto la religione. L’ ultima ideologia di sinistra in realtà poi è il liberismo, e questo non è sufficiente. Quindi, anche in un paese come la Gran Bretagna, in cui le cifre relative, i dati relativi alla Chiesa sono in calo, sono in crollo, in realtà ci sono le Chiese che fanno più azione politica rispetto a chiunque altro, e credo che questo accada perché i religiosi non hanno più una motivazione per pensare che sono in grado di cambiare il mondo in meglio, per cui, ecco, bisogna essere ottimisti. Se c’è una sorta di speranza metafisica, la credenza nella realtà è buona, è positiva, se non si crede che la realtà è positiva, poi alla fine si tende ad essere pessimisti, e si cerca semplicemente di tirar fuori il meglio per se stessi. E a questo si assiste guardando al comportamento appunto, di molte persone. Ci sono dei gruppi religiosi che possono ispirare le persone ad assumere maggiormente il controllo delle proprie vite, a sviluppare delle strutture, delle forme di organizzazioni maggiori, e la religione può anche coordinare varie attività, quindi, può offrire attività di coordinamento, senza che le persone si rivolgano ad attività dello Stato o ai meccanismi del mercato. Dal punto di vista della creazione di un nuovo ethos, ovviamente la questione dell’istruzione, quindi la questione che è alla base dell’attività di Comunione e Liberazione, è estremamente importante, e anche in Gran Bretagna è ragguardevole il modo in cui la presenza religiosa all’interno del settore dell’educazione si sia evoluto. E credo che si debba puntare sull’idea che si sta in qualche maniera rilanciando l’autonomia di una sorta di bontà naturale dell’individuo, o si sta lanciando quella che è la creatività dell’individuo. Ma, accanto a questo approccio, c’è anche l’intento dell’istruzione, che potrebbe essere un aspetto molto pratico, non solo così teorico, il fatto di poter lavorare con efficienza in certi settori. Quindi, da un lato c’è soggettività, c’è un approccio appunto romantico, oppure un approccio molto scientifico, molto tecnico, a volte anche un po’ alienante. Quello che ci manca è il senso che ci permette appunto di portare le persone a trovare la verità, a vedere se stessi, quindi non solo la verità basata sui fatti, ma la verità dei significati, quindi il fatto di poter combinare una lunga tradizione che poi rifletta la verità e la ricerca della verità. E solo le religioni possono conferire all’istruzione questo tipo di significato: se pensate per esempio ai bambini, quando si cerca di motivarli, quando li si vuole far imparare, magari, quando si tratta di motivare i bambini, e di dare loro una sorta di visione generale, la religione in questo contesto è insostituibile, può svolgere un ruolo insostituibile. Quindi, rispetto alla questione dell’istruzione nel futuro prossimo e del rapporto alle politiche dell’attuale governo, si può analizzare fino a quanto queste politiche possono influenzare la presenza delle Chiese e della religione all’interno di questo settore, perché, quando soprattutto le scuole religiose si pensa che insegnino delle cose che non sono politically correct, e quando nelle scuole religiose c’è la croce appesa, è come se venisse vista una sfida, una sfida al liberismo culturale. Allora la domanda che ci si può porre è questa: il Governo attuale andrà a tollerare questa situazione? Quant’è il controllo che il Governo potrà, per così dire, sostenere nei programmi? Credo che lo Stato in realtà è un po’ troppo stretto, un po’ troppo limitativo relativamente ai programmi, perché non va a liberare le energie creative degli insegnanti, non consente a volte loro di liberare queste energie. E quindi la questione può riguardare questo aspetto che realmente è molto importante; in questo caso, c’è una domanda che aleggia, una questione relativa all’attuale Governo, e cioè se questo governo comprende effettivamente qual è il tipo di fenomeno, di tendenza che ha, per così dire, sprigionato. La lezione importante da apprendere da parte dell’esperienza delle organizzazioni di comunità è che la questione, per la Chiesa in un futuro, è la formazione culturale complessiva, che ha anche una dimensione politica, intrinsecamente, nel senso che trascurare le questioni dell’influenza sociale e culturale, anche in senso buono, nell’ambito delle questioni del potere, fa sì che la Cristianità non abbia, per così dire, fatto fede alla propria missione. Quindi la questione sociale e quella della missione sono appunto questioni politiche. Grazie.
DARIO CHIESA:
Scusatemi, il discorso è stato così interessante, che mi sono reso conto che ha veramente preso molto tempo, adesso la parola ad Adrian.
ADRIAN PABST:
Beh, non parlerò a lungo, perché sono frapposto fra voi, pubblico, alla fine di una sessione molto lunga, quindi, volevo solo dire che Cosmopolis, che è collegata, appunto, al senso della teologia, della filosofia, persegue un obiettivo, cioè mettere insieme la preoccupazione per l’ecumenismo, quindi un riavvicinamento delle chiese, della Chiesa di Roma, di Mosca, di Canterbury, queste tradizioni, con interventi cristiani nel dibattito sociale, politico ed economico. Questo è l’orientamento, diciamo di Cosmopolis, e per quanto riguarda i dibattiti appunto sulla teologia, la filosofia, la metafisica, essi sono collegati totalmente al dibattito attuale per quanto riguarda la politica e l’economia, perché spesso non si tiene in considerazione in maniera adeguata la persona, l’individuo; e l’umanesimo che si sostiene, è un umanesimo che collega l’uomo all’economia per avere una visione integrale, complessiva, e la dimensione spirituale della vita è un aspetto che non deve essere separato dal resto, deve essere tutto unito, unificato, e quindi c’è spazio per la metafisica anche nell’economia e nella politica.
Nel 2010 ci troviamo in un momento veramente unico, e quindi quello che ci fa riunire tutti insieme non è soltanto una crisi politica, una crisi di valore, una crisi politico-sociale o economica, è una crisi anche delle ideologie, del progetto secolare che si può far risalire se vogliamo al tardo Medioevo. E non è una coincidenza che l’attuale crisi del capitalismo si verifichi nello stesso momento in cui si verifica anche la crisi della modernità secolare. Cercherò di spiegarvelo brevemente. Il crollo del capitalismo di mercato è venuto vent’anni dopo la fine del comunismo statalista nel 1989. Per noi quella fu l’alba di una nuova era, di relazioni, nella quale finalmente l’est e l’ovest si potevano riunire non soltanto dal punto di vista geo-politico, perché finiva lo scontro tra le due civiltà d’ Occidente e d’ Oriente, capitalismo e comunismo, ma anche perché si potevano finalmente riunire insieme le persone che erano state divise da un muro fino a quel momento. Ma ci siamo resi conto vent’anni dopo che non c’è stata né pace, né prosperità in questi ultimi vent’anni? Quindi quello che noi ci aspettavamo non si è verificato, perché la crisi è la crisi della modernità secolare; perfino le persone con le quali mi sono confrontato si sono appunto rese conto che c’è stata la fine di questa modernità dell’era moderna, per come la concepivamo prima. E non è certo stata prodotta una società più democratica, più liberale, anzi, il contrario si è verificato. Quello che abbiamo visto è che la crisi economica, per esempio in Ungheria, ancora una volta è la crisi di una visione della vita, e il pluralismo dei valori non può risolverla, perché è collegato anche ad altre questioni, per esempio etiche, e anche legate alla politica. Negando principi come la coesione sociale o la santità della vita, ci porta alla crisi. La diffusione del cattolicesimo dopo il 1989 e la diffusione del liberismo di mercato, hanno portato a disuguaglianze e a integralismi, sia cristiani che musulmani, e poi in alcuni stati si è andati verso un capitalismo di tipo totalitario e i problemi si sono presentati anche nell’occidente: anche nei paesi occidentali, anche nei paesi dove c’è il voto, c’è il suffragio, ci siamo resi conto per esempio che c’è tantissima astensione, molta gente rinuncia ad andare a votare e ancora una volta c’è una crisi di fondo, e ci sono ormai nuove classi sociali, nuove oligarchie, un nuovo tipo di capitalismo. Dopo 30 anni di capitalismo neoliberista, e di una democrazia rappresentativa solo dal punto di vista formale, le vere distinzioni sono state praticamente erose, non c’è più differenza tra sinistra e destra, non c’è più differenza tra la democrazia, diciamo, e il suo contrario, quindi questo dualismo, democrazia e totalitarismo, tutti i modelli totalitaristici a cui potete pensare, praticamente sono tutti quanti o crollati oppure convergono e si sovrappongono l’uno all’altro. Alla fine tutte le istituzioni intermedie sono sotto il controllo dello stato e del mercato. E’ questa la situazione davanti alla quale ci troviamo. E’ anche questo il motivo per cui le religioni che eliminano, diciamo, tutti questi totalitarismi, sono così importanti, perché per esempio il Cattolicesimo non sostiene questo dualismo come chiave per la società civile; senza la Chiesa, e senza movimenti come per esempio Comunione e Liberazione, non possiamo nemmeno immaginare l’esistenza di una società civile, perché non esisterebbe. Torniamo alla storia delle idee. Ci sono due idee dominanti nelle società civile: una visione di tipo continentale, per così dire, per esempio Rousseau, secondo cui la società civile è un’estensione dello stato e basta, quindi è un progetto dello stato, un modo in cui la società borghese si combina con il potere assoluto dello stato e in cui la società civile non è autonoma rispetto alla legislazione statale. Invece l’altro concetto è quello più anglosassone, lo troviamo in John Locke, a anche nei padri fondatori degli Stati Uniti dell’America. Per loro tutto si poteva commercializzare, tutto si poteva vendere e comprare, gli Stati Uniti furono innanzitutto una repubblica commerciale, in cui diciamo che si competeva per il sostegno. Secondo me nessuno di questi due concetti è interamente sostenibile, perché non contempla per esempio i collegamenti sociali che si creano fra le persone, perché si enfatizza soltanto l’individualismo. Soltanto la Chiesa, solo i Movimenti che si basano, che hanno le loro radici nella Chiesa, nella fede e non fanno appunto solo riferimento all’individuo, al mercato, ma agli individui in relazione con gli altri e in relazione con Dio, con la divinità, solo questi prefigurano la vera società civile. La relazione con gli altri e con Dio è la relazione fondamentale dell’umanesimo, che ci può salvare da questo presente post-democratico e post-umanistico, e anche da un futuro che ci può portare appunto dei problemi. E’ un momento nel quale noi vediamo per la prima volta, forse da secoli, una convergenza delle Chiese Episcopali, e anche iniziative molto importanti, come per esempio il Non-Citizens. Per la prima volta vediamo che c’è una cultura ecclesiale, che converge appunto attorno alla società civile; le dottrine sociali cattoliche sono quelle più sviluppate in questo senso, e sono quelle più popolari tra i vari movimenti, come il Non-Citizens. Forse non ci sono documenti che ci fanno capire che ci sono tutti questi collegamenti, però lo si avverte, si avverte che è importante partecipare, è importante sentirsi parte del movimento. C’è un ente comune e questo significa che quando pensiamo a un avvicinamento tra le Chiese, è appunto l’insegnamento sociale della chiesa che ci fa capire che possiamo fare dei passi avanti concreti per far riunire tutte le chiese. Ma le Chiese principali non possono rimanere divise, altrimenti non raggiungeremo mai questo obiettivo di far unire, riunire le chiese, le fedi; le chiese principali si devono parlare e devono riunirsi tra di loro. Una Chiesa cristiana unita è sicuramente molto più potente contro il capitalismo secolare, contro tutte le forze che minacciano la nostra stessa esistenza, e credo che queste Chiese principali abbiano già condiviso questa ideologia dominante, abbiano già idee concrete su cui ora mi concentrerò. Per quanto riguarda il liberismo, cosa dicono queste Chiese Episcopali? Non si oppongono ai diritti o alle libertà, ma si oppongono all’idea che in qualche modo la categoria dominante sia l’individuo. Il liberismo è atomistico, per così dire, quindi nella vita reale, con gli amici, con la famiglia, ma anche nei legami con tutto il mondo, dato che siamo ormai in contatto praticamente con tutto il pianeta, si verrebbero a stabilire legami con i quali si persegue soltanto il proprio interesse e i propri benefici, diciamo per la propria famiglia, per sé, per la propria individualità. Quale antropologo vi direbbe appunto di non pensare soltanto al vostro interesse, ma anche all’interesse del vostro prossimo? Ma si può massimizzare il fatto di lavorare per il bene comune, soltanto se noi non ci concentriamo su noi stessi, ma se ci decidiamo a cooperare con gli altri, a pensare anche al benessere del nostro prossimo, delle persone che ci stanno vicino, che vivono dove viviamo noi, e questo concetto è supportato e sostenuto dall’insegnamento della Chiesa. Il collegamento al problema dell’atomismo e del liberismo è relativistico alla fine, anche quando vuole sembrare universalistico, perché in certi casi diciamo: “va bene, però difende la libertà, difende le pari opportunità”, ma alla fine si basa su valori relativistici, il liberismo alla fine rispetta solo la ricchezza, rispetta solo il potere. Questo non è il modo giusto per poter costruire una società che sia più giusta, più equa, e più pacifica soprattutto, e, per quanto riguarda l’insegnamento sociale delle Chiese più importanti, nell’ultimo decennio più o meno abbiamo visto una incredibile convergenza. Papa Benedetto XVI ha condotto, è stato a capo appunto di questo dibattito sul relativismo, ma dobbiamo anche renderci conto che anche altri hanno dato un contributo molto importante. Molto rapidamente. Conoscerete senz’altro bene, appunto, l’insegnamento sociale della Chiesa, quello che è stato menzionato dai precedenti oratori. Ma l’aspetto importante è che anche la Chiesa Ortodossa, nonostante l’eredità dell’ex stato sovietico, sta gradualmente diventando più indipendente dall’ex stato sovietico. L’ex Patriarca, che era a capo delle relazioni ecumeniche, ha fatto degli interventi molto importanti a livello del contesto russo, molto importanti. Nel 2007 ha dichiarato che rifiutava il capitalismo oligarchico del presidente Eltsin e anche il capitalismo burocratico del presidente Putin. Lo ha detto molto chiaramente: “il capitalismo è fallito, siamo stati abbandonati, ormai siamo più divisi, siamo più poveri di prima, e la Russia non si può costruire un futuro in queste condizioni”. L’ha detto in un intervento pubblico, l’ha detto in maniera molto chiara, e questo ci fa capire che la Chiesa Ortodossa in Russia è diventata più fiduciosa nelle proprie possibilità e più indipendente. L’Arcivescovo di Roma ha fatto una serie di pubblicazioni, anche di discorsi pubblici, nei quali ha richiamato la nostra attenzione sul fatto che il capitalismo è un disvalore per la cultura, perché si sostituiscono delle icone ai valori sacri; per esempio, alla sacralità della vita sostituiamo i beni, i beni materiali, e questo porta a un disvalore, e in questo modo si distruggono anche gli elementi fondamentali che consentono ai bambini di crescere nella maniera adeguata, nella maniera migliore. Per esempio a scuola, poi sul lavoro, i bambini non diventeranno degli esseri umani che funzionano in maniera adeguata, perché ormai le persone vengono considerate soprattutto soltanto dei consumatori, e credo che questi siano due aspetti molto importanti che sono stati sottolineati dall’arcivescovo di Roma, e ormai ce ne siamo resi conto nel Regno Unito, ma anche in tutta la comunità anglicana.
Vorrei concludere parlando delle idee concrete che potremmo portare avanti, ce ne sono tante, ancora una volta secondo me, il collegamento con l’istruzione è molto chiaro. Movimenti come Comunione e Liberazione, come la Comunità di Sant’Egidio, i Focolarini si sono sempre concentrati sul fatto che, per poter proporre un’alternativa, dobbiamo proporre anche una nuova antropologia, e la questione del carisma è molto importante, è centrale. Ancora una volta Papa Benedetto XVI, ma anche altre personalità importanti hanno insistito sulla definizione di carisma. Esso è un concetto calvinista di Weber, che si basa sulla predestinazione dell’individuo, e c’è un progetto che secondo me è abbastanza dubbioso, che non chiamerei liberale, comunque, contro tutti questi aspetti, contro tutti questi elementi. La tradizione filosofica ci da una nozione del carisma come un “dono della grazia universale”, che non prevale sulla natura, ma che la trasforma e che può anche arrivare a noi se noi ci apriamo ad esso. Poi c’è una nozione del corpo mistico attraverso il quale noi ci uniamo: la celebrazione eucaristica, che ci collega tutti insieme, che ci unisce tutti quanti. Ecco perché la Chiesa non può essere mai assente dalla società civile, perché non esiste universalità all’infuori della Chiesa, al di fuori dei movimenti che sono impregnati di questi concetti, e che trasformano la vita quotidiana. E queste idee bisogna anche metterle in pratica, e questo è molto importante. Dobbiamo cambiare il nostro rapporto con il denaro, parliamo e pensiamo soltanto in termini di utili, di profitti, e di perdite, in banca abbiamo le entrate e le uscite; come possiamo trasformare tutto questo in una maggiore equità, in modo che si possa superare questo concetto? Perché pensare in termini di attivo e passivo porta a vivere come dei parassiti, soprattutto se consideriamo l’aspetto relativo al debito. Invece di concentrarci soltanto sul debito pubblico, bisognerebbe preoccuparsi anche di come fare per trasformare questo debito pubblico in capitale, e quindi cercare di bloccare diciamo lo stato e l’economia per creare un circolo virtuoso, non più un circolo vizioso. Collegare gli investimenti a scopi sociali, questa è un’altra idea, favorire le attività commerciali che non soltanto investono, ma che, per esempio, danno una parte di profitti ad attività benefiche e che immediatamente, appena iniziano la loro attività economica, danno una parte dei loro proventi a progetti che si concentrano per esempio sull’istruzione, sull’ambiente. E immediatamente si collegano questi due aspetti e si uniscono appunto dall’esterno questi due aspetti: per quanto riguarda il welfare bisogna concentrarsi su principi universali, organizzazioni volontarie, non più il mercato. Tutte queste organizzazioni, questi movimenti, come il Non-Citizens, si basano sulla cooperazione e sul fatto di diventare partecipi e di fare qualche cosa per gli altri. E infine, per quanto riguarda l’istruzione, è molto importante che le organizzazioni, come per esempio le scuole di fede nel Regno Unito, vengano tutelate dall’interferenza dello Stato, e che la Chiesa non abbandoni l’idea che tutta l’istruzione alla fine debba avere una dimensione religiosa, perché senza questa idea alla fine cosa si fa? Si formano soltanto dei consumatori. L’aspetto religioso nell’educazione e nell’istruzione è di fondamentale importanza, deve essere mantenuto, perché il ruolo appunto della religione deve essere fondamentale, deve essere centrale, non soltanto nei piani di studio delle scuole. Bisogna concentrarsi su questo per poter sganciarsi dal concetto di mercato. Grazie.
DARIO CHIESA:
Direi che non c’è più tempo, c’è forse tempo per una sola domanda, se è molto breve, perché tanto è inevitabile che ci sia qualcuno che vuole fare una domanda; se nessuno ha questa domanda inevitabile, allora possiamo concludere questo incontro molto interessante. Volevo sottolineare che il trait d’union di tutti questi discorsi che abbiamo sentito, è l’unità, la ricerca dell’unità che ci accomuna tutti, e questo è quello che nel modello di società e nella cultura si sta osteggiando. Cosa si vuole fare? Si vuole categorizzare le persone, dividerle in tante categorie? Le persone però non sono una somma di categorie, no, bisogna cercare di perseguire l’unità, e questo è anche lo scopo del Meeting che ci sta ospitando: unire le persone e farle stare tutte quante insieme, non categorizzarle. Grazie per la partecipazione.
(Trascrizione non rivista dai relatori)