Andrea Pamparana, scrittore e sceneggiatore, vicedirettore del TG5, ha raccontato che “dall’inizio del lavoro preparatorio del libro, l’incontro con San Benedetto è stato occasione di incontri continui e straordinari, che stanno arricchendo la mia vita di uomo” e ciò “corrisponde esattamente allo spirito di Benedetto, che costituiva l’occasione per trovare il meglio di sé”.
Pamparana definisce l’inizio della Regola benedettina, “Ascolta o figliolo gli insegnamenti del maestro”, come uno degli incipit più incisivi della letteratura. È una “frase straordinaria: oggi nessuno ascolta, e trovare un maestro è sempre più difficile”, e Pamparana mette in evidenza la crisi attuale dell’atteggiamento che la frase descrive, cioè mettere in questione l’intimo di sé nel rapporto personale con un maestro.
Altro concetto modernissimo che si trova in Benedetto – continua l’autore – è quello di reciprocità, che era rivoluzionario ai tempi di Benedetto a fronte della presenza nel territorio di popolazioni barbare con evidenti problemi di coesistenza. Ancora oggi (come testimonia un intervento di Rodotà su “Repubblica”) il concetto di reciprocità sembra non avere diritto di cittadinanza tra le posizioni liberal. Benedetto invece ci credeva. “La porta del monastero era sempre aperta – racconta Pamparana – e l’ospite veniva accompagnato dal Priore e da questi in chiesa, perché nessuno poteva sapere a priori se era buono o malvagio”. E tale atteggiamento conquistava anche i barbari presenti attorno ai luoghi benedettini: “A Montecassino c’erano i Goti, ma seguivano le regole del convento”.
L’eredità di San Benedetto è vastissima anche ai giorni nostri. Pamparana ha ricordato il luogo ove Gregorio Magno si ritirava (la sua biografia di Benedetto ha costituito la maggior fonte documentale per la scrittura del libro), ed ha raccontato come, curioso di sapere se quel luogo ancora esistesse dopo 1500 anni, ha scoperto “che è incorporato nella basilica di S. Gregorio Magno a Roma, a due passi dalla redazione del TG5, e lo vedo dalla finestra della mia stanza”.
Raccontando infine di come abbia preso a recarsi in quella basilica “nei momenti del bisogno” a cercare lo sguardo del Santo nel bel quadro seicentesco, ha concluso dicendo che oggi “ noi dobbiamo essere orgogliosi di discendere da San Benedetto”.