Il tempo dell’attenzione. Come recuperare noi stessi al tempo dei Big Data

Redazione Web

Il tempo dell’attenzione
Come recuperare noi stessi al tempo dei Big Data

Rimini, 20 agosto 2022 – “Pay attention. Be astonished. Tell about it”. Con questi versi della poetessa americana Mary Oliver si è concluso l’incontro sul tema dell’attenzione, merce or-mai rara nel nostro tempo.
Eppure l’attenzione è decisiva per noi, non solo per le nostre attività quotidiane e il nostro lavoro. ma perchè – come ha spiegato Giuseppe Riva, docente di Psicologia della Comunica-zione all’Università Cattolica di Milano – «la nostra personalità si forma grazie alla memoria a lungo termine che trattiene le esperienze di senso che facciamo e che si fissano in noi in virtù dell’attenzione sostenuta, ovvero la capacità di essere presenti veramente alla realtà che viviamo».
È evidente che il nostro tempo mette sotto attacco duramente la capacità di attenzione. Siamo in un’epoca in cui le informazioni, in gran quantità, si accumulano come mai accaduto nella storia. Come citato dalla moderatrice dell’incontro Martina Saltamacchia, distinguished associate professor di Storia Medievale all’Università del Nebraska, Omaha, l’esplosione dei Big Data è arrivata all’accumulazione di una quantità di dati pari a 100 Divine Commedie al giorno pro capite, un numero di bytes pari a 30 seguito da 21 zeri! Gli studi sul mondo scola-stico indicano che l’attenzione dell’uditorio oggigiorno resiste per soli 10-15 minuti contro i 40-45 di 15 anni fa. Dunque siamo sempre più distratti e meno capaci di essere attenti alle cose che succedono.
Secondo Riva è grande la responsabilità dei Big Data e dei Social, che hanno proprio svilup-pato un’enorme capacità di attrarre l’attenzione, in un meccanismo di competizione tra i vari social.
Mike Caulfield, director of Blended and Networked Learning alla Washington State Universi-ty di Vancouver, ha spiegato che «di fronte alla sopraffazione del volume di informazioni di-sponibili la reazione è ritenere che non è possibile sapere qual è la verità o addirittura che in qualsiasi cosa non c’è verità. Si può parlare di “compressione della verità”, perchè si cerca una via di mezzo tra tutto ciò che ci assale e si arriva all’incapacità di distinguere il vero dal falso». Ciò ha generato il fenomeno dei cosiddetti “cinici creduloni”, portati a pensare che tutti siano lì a dire falsità; costoro sono i più facili da convincere e da condurre alle teorie complottiste, come nel caso del Covid o della Guerra in Ucraina. La strada da percorrere, se-condo Caulfield, è allora «dedicare più tempo a meno cose; è necessario verificare più in profondità le notizie che leggiamo e farlo in modo regolare, anche solo qualche minuto in più per approfondire. Chi approfondisce è meno cinico ed ha più fiducia nella realtà!».
E di fronte alla domanda di Saltamacchia sulla necessità, allora, «di fidarsi solo di sè stessi o di più degli altri», Caulfield ha risposto che «questo è proprio il punto! Siamo sempre più so-spinti a pensare che siamo superintelligenti e che sappiamo noi come gestire le nostre in-formazioni. Internet ci dà l’illusione di farcela da noi! Mentre dobbiamo capire di chi fidarci, e per farlo dobbiamo prenderci il tempo per capire di chi fidarci. Questa è l’“epistemologia sociale”. È necessario sviluppare relazioni di fiducia con esperti, fonti affidabili, che gestisco-no la verità con importanza, arrivando cosi a comprendere che fidarsi non è vergognoso. Questo è decisivo!».
Tornando all’attenzione sostenuta, Riva ha approfondito: «Il rischio è che si è nel reale senza che le cose che accadono si fissino nella propria esperienza. L’ “online” ci ha rubato il senso del luogo. Non essere nel luogo, ma in remoto, cambia tutto. Tornare nei luoghi dopo il Co-vid, alla corporeità e alla fisicità, è fondamentale per recuperare l’attenzione. In questo sen-so il Meeting come forma di aggregazione primaria promuove la formazione della personali-tà! Il luogo obbliga le persone a stare insieme. Le nostre menti si uniscono – questo si misura addirittura con strumenti ad hoc – quando ci si interessa agli altri, quando si sta insieme. Si genera un meccanismo di sincronizzazione cerebrale che fa uscire dallo schema del “noi” e del “loro”. Anche i “loro” diventano “noi” tramite l’attenzione condivisa, mettere insieme le persone fa in modo che si creino legami tra le persone che altrimenti starebbero lontane ed ostili».
Come allora ricostruire l’attenzione? Caulfield ha risposto che «l’attenzione è gioco a somma neutra. Per questo bisogna innanzitutto scegliere a cosa dare meno attenzione. Serve un fil-tro veloce: se qualcosa sul web ci infastidisce siamo spinti a interagire, ed invece semplice-mente dobbiamo chiederci se abbiamo davvero bisogno di avere questa informazione ades-so. È fondamentale prendersi il tempo e dedicare più attenzione a meno cose».
Per Riva «l’evoluzione ha dato al soggetto gli strumenti per giudicare ciò che è veramente utile all’uomo. E tra questi non c’è l’emozione. È necessario un lavoro secondo due direttrici fondamentali: la ricerca della condizione di lavoro ottimale – il cosiddetto “flow” – in cui quando faccio sono totalmente assorbito e nulla mi distrae dall’attenzione che pongo a ciò che faccio, e la cosidetta “mindfulness” – ovvero la consapevolezza nel fare le cose. Spesso la tecnologia toglie consapevolezza e ci fa fare cose che non vogliamo. Dobbiamo recuperarla. “Flow” e consapevolezza per riguadagnare l’attenzione al reale».
Ha concluso quindi Saltamacchia, citando il famoso ricercatore americano Cal Newport: «Nei suoi studi lo scrittore di “Deep Work” è rimasto colpito dal lavoro di un fabbro del Wisconsin che forgia spade vichinghe con concentrazione per 8 ore di duro lavoro continuativo: il suo segreto è che è totalmente uno col lavoro che sta facendo. Dunque recuperare l’attenzione non è tema di sforzo titanico o di strane tecniche di meditazione, ma solo di vero lavoro su di sè».

(G.F.)

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