Il filo della memoria e il fiore della speranza

Redazione Web

Il filo della memoria e il fiore della speranza

Rimini, 25 agosto 2022 – “Il filo della memoria e il fiore della speranza” è il titolo dell’ultimo incontro-testimonianza nella giornata conclusiva del XLIII Meeting di Rimini. «Questo non sarà un discorso semplice da happy end», ha esordito Giovanna Parravicini, Fondazione Russia Cristiana, presentando l’evento. «Bisogna andare fino in fondo al dolore, alla terribile realtà, per capire insieme quale può essere la nostra speranza».
Per aiutare nella comprensione di quanto sta accadendo in Russia e Ucraina sono state invi-tate Natal’ja Davtjan, psicoterapeuta, direttrice del centro di sviluppo personale e di sostegno psicologico “Vita Nova”, Charkiv, Ucraina; Irina Scerbakova, membro fondatore Memo-rial; Ol’ga Sedakova, poetessa e traduttrice russa; Elena Zhemkova, direttore esecutivo Memorial. «Abbiamo bisogno di imparare a condividere il dolore senza lasciarci offuscare il cuo-re da sentimenti di rancore e di vendetta, di lasciar spazio alla possibilità di un miracolo quotidiano», ha detto Parravicini presentandole.
Zhemkova ha spiegato cos’è Memorial e qual è la sua vocazione: «Memorial nasce come or-ganizzazione 35 anni fa, come ampio movimento sociale per la verità passata, per condanna-re i crimini e dare giustizia alle vittime di un’ingiustizia che ha una portata enorme. La mostra realizzata per il Meeting, attraverso piccoli frammenti di un destino umano, ci pone di fronte a domande importanti, consente di capire la memoria tragica della repressione sovietica. L’archivio è una memoria portata avanti di generazione in generazione. La memoria è anche una memoria europea».
«Oggi ci chiediamo come siamo giunti di nuovo a questo punto tragico», ha affermato Scer-bakova. «Sembra che, di nuovo, sia fallito il tentativo di ricostruire la verità, ora che il relati-vismo storico sta avendo la meglio. A volte sembra che le persone abbiano dimenticato questa tremenda memoria, che Stalin sia visto in modo positivo, e ciò significa che lo Stato ha nuovamente sconfitto la persona». Ma, ha concluso, «ci sono tempi oscuri, ma ciò non significa che le persone scompaiano in questi tempi bui. Questo è il senso di essere riuniti qui, insieme, oggi».
«È possibile, oggi, ritrovare un “noi” tra persone, tra ucraini e russi, un “noi” tra persone che non rinunciano a costruire ponti?», ha chiesto Parravicini a Sedakova, che ha risponsto: «La catastrofe iniziata il 24 febbraio mette in discussione la gentilezza e il perdono che della Rus-sia sono i tratti distintivi, messi in luce nella sua letteratura. È comprensibile l’estromissione della letteratura e della lingua russa in Ucraina ed è comprensibile l’annullamento di eventi culturali e contratti con autori e musicisti russi che sono legati allo Stato, e quindi diventano emissari di uno Stato che ha scatenato una guerra». Sedakova lavora in un gruppo dove sono insieme ucraini e russi: «Spero che questo senso di comunione non vada distrutto. Ma in questo contesto nazionale non vedo uno spazio per un “noi”, finché ci sarà la guerra».
Parravicini ha affermato: «Il regime russo si è trovato di fronte una resistenza, un fattore umano che ha fatto sì che questo popolo continui a esistere. Era qualcosa di non previsto dal regime, e forse è stata la scoperta di un nuovo inizio anche per l’Ucraina, che è diventata un simbolo sorprendente per noi tutti». A Davtjan ha chiesto: «Come vede vivere la sua gente e cosa augura al suo popolo ol-tre alla pace che tutti desideriamo?». «È difficilissimo essere qui perché a fianco a me ci sono russi», ha esordito la psicoterapeuta. «Si parla della memo-ria, ma oggi sta succedendo a delle persone ancora vive, ci sono persone che soffrono. Que-sto “noi” potrà esistere solo dopo un pentimento della Russia. Il lavoro di Memorial non è servito a non far ripetere la storia. Noi ucraini non possiamo esistere senza libertà, è intolle-rabile. Putin questo non lo ha previsto. Quello che è successo ha stupito tutti, e l’Ucraina ha posto a tutto il mondo una domanda: una vita senza libertà può essere considerata vita? Che cosa è più importante, la libertà o la vita? Per noi ucraini è più importante la libertà».
«Perché torni in Russia?», ha poi chiesto Parravicini a Elena Zhemkova. «Perchè sono convin-ta che ci sia bisogno del nostro lavoro, che Memorial continui il proprio lavoro». E a Irina Scerbakova: «L’educazione può ancora avere un senso?». «È difficile rispondere dopo quello che ha detto Natalja», è stata la risposta. «Questo regime non è stato fermato ed è evidente che sta minacciando tutto il mondo. Ma ci sono molte persone in Russia che fanno ciò che possono e vengono arrestate. Ritengo fondamentale che ogni giorno le persone che la pen-sano come noi facciano qualcosa affinché l’Ucraina possa vincere. Anche per la Russia questa è una questione esistenziale: quando e come finirà. Natal’ja ha ragione, è una questione co-mune: la società civile non è debole, è una forza».
«Vorrei augurare al mio Paese», ha aggiunto Davtjan, «la libertà territoriale ma anche cultu-rale. Sono grata al Meeting per aver organizzato incontri sul perdono, affinché le persone capiscano che per vivere è necessario liberarsi del male che abbiamo dentro. Abbiamo bi-sogno di abbracci. Vorrei augurare all’Ucraina che il mondo la abbracci, affinché tutti noi possiamo perdonare».
I versi finali di una poesia di Ol’ga Sedakova hanno concluso l’incontro: è l’angelo della catte-drale di Reims, ferita da una bomba durante la guerra, a parlare. “In questa rosea pietra sgretolata, consentimi tuttavia di ricordarti: sei pronto? Alla peste, al terremoto, alla tristez-za? Certo, è tutto importante, ma non è questo che ho il dovere di rammentarti. Non per questo sono stato inviato. Io ti dico: sei pronto a una felicità incredibile?”.
(M.B.)

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