Il lavoro che verrà: La transizione ecologica nell’agroalimentare

Redazione Web

Il lavoro che verrà: La transizione ecologica nell’agroalimentare

Rimini, 25 agosto 2021 – In collaborazione con Cdo Agroalimentare e con il sostegno di APT Emilia Romagna, Conad, Orogel, si parla del settore agroalimentare di fronte alle principali sfide del cambiamento e della sostenibilità. Intervengono: Stefano Berni, direttore generale Consorzio Grana Padano; Matteo Fiocco, imprenditore e fondatore di “Matt the Farmer”; Davide Franzetti, direttore commerciale Coca-Cola HBC Italia; Alessio Mammi, assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna; Luca Panzavolta, amministratore delegato CIA Conad; Marco Travaglia, presidente e CEO Nestlé Italia e Malta. Introduce Camillo Gardini, presidente Cdo Agroalimentare.

«L’agroalimentare è anche vittima del cambiamento, con alluvioni, gelate, siccità, mentre ha sempre più il compito di sfamare un mondo in esplosione demografica e dare cibi di qualità a un numero sempre crescente di consumatori attenti anche alla sostenibilità ambientale nella produzione dei cibi». Così esordisce Gardini, delineando i contorni del dibattito, mentre Fiocco replica: «Coltivo la terra e lo racconto sui social, su cui ho postato circa 660 video. Ho raccontato di come ho trasformato un podere abbandonato in una fattoria. Il mio obiettivo è di creare una fattoria con un bilancio aperto, cioè con visibilità totale su finanziamenti che ricevo, assicurazioni stipulate, modello di business, scelte che faccio. La sfida è quella di creare un modello esportabile». Interrogato da Gardini su come intercetti il pubblico, Fiocco risponde: «Non mi preoccupo di intercettarlo, mi interessa parlare della mia esperienza umana. Non dobbiamo salvare il mondo, ma salvare noi stessi. Il modello agricolo di riferimento che mi interessa è quello dei monasteri benedettini, che da secoli hanno mantenuto nei loro orti una grande biodiversità, hanno rispettato la natura, hanno mantenuto intatto il creato».

Gardini propone poi a Panzavolta un altro tema, quanto il consumatore sia in grado di influenzare la transizione agroalimentare: «Dobbiamo fare i conti col fatto che nei consumatori è aumentata la sensibilità sulla sostenibilità ambientale», risponde l’ad CIA Conad. «Ma la sensibilità è di più per il food, anche se la tendenza è irreversibile e riguarderà tutto. Oggi solo una minoranza di consumatori è disposta a pagare di più per avere prodotti sostenibili, perché in generale ci si aspetta che siano le aziende a sostenere questi costi. La cosa va vista in positivo, le aziende devono vedere questi costi come uno strumento per competere maggiormente».

Riprende Franzetti: «La sostenibilità è diventato un asset strategico di trasformazione delle aziende e deve coinvolgere tutta la filiera in tutti gli aspetti, a partire dalla scelta della fonte energetica e dalla gestione dell’acqua. Oggi anche e soprattutto il packaging permette di intercettare e parlare col consumatore». Il fattore demografico è importante per questa transizione? Interviene Travaglia: «Nel 2050 avremo dieci miliardi di persone, bisognerà nutrirle e questo crea pressione sui sistemi alimentari, che oggi sono responsabili della perdita del 60% della biodiversità del pianeta e della produzione del 30% di anidride carbonica. Innanzitutto per il consumatore è importante la sostenibilità: se non sei parte della soluzione, il consumatore non ti sceglie. Un nostro progetto per Nespresso», continua, «chiede al consumatore di recuperare le cialde usate e questo ci permette di recuperare alluminio e poi anche fondi di caffè, che vengono trasformati in fertilizzante per i nostri fornitori di riso, prodotto che poi noi doniamo al Banco Alimentare. Quindi collaborazione, innovazione e trasparenza sono fattori di transizione agroalimentare» conclude Travaglia.

Alla domanda di Gardini su esempi di filiere che sono già all’opera, Mammi replica: «Le filiere devono essere forti e ben organizzate oggi. L’Europa non è più un hub di importazione dei prodotti mondiali, è una teoria vecchia questa. La sfida per le filiere è di mantenere un equilibrio tra tre fattori: capacità di produrre per sfamare la popolazione mondiale, sostenibilità legata a quella economica e sociale, qualità e sicurezza alimentare sempre più richiesta dai consumatori». Questo sarà possibile utilizzando i fondi europei su obiettivi strategici e senza frazionare i fondi su obiettivi che non portano a nulla.

Gardini affida la conclusione a Berni: «I riferimenti di trasformazione prima della pandemia sono diventati obsoleti, oggi abbiamo nuovi riferimenti. Ad esempio oggi non interessa che il consumatore sostenga più costi per la sostenibilità ambientale, ma che sia consapevole. Da sempre la consapevolezza dell’individuo e del popolo è generatrice di libertà individuale». «Abbiamo in definitiva la consapevolezza», chiosa Gardini, «che nella transizione ecologica e agroalimentare siamo tutti responsabili con le scelte che facciamo».

(A.L.)

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