I giovani, il talento e il maestro. Dialogo con Pupi Avati

Redazione Web

Rimini, 22  agosto 2021 –  Come sempre brioso ricco di aneddoti e riflessioni l’incontro di Pupi Avati con il pubblico del Meeting. Un incontro, sottolinea subito Otello Cenci, responsabile Spettacoli Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, che non poteva non partire dal chiedere al celebre regista bolognese notizie relative alla lavorazione del suo nuovo attesissimo film sulla vita di Dante: «Un impegno», dice Cenci, «davvero “da far tremare i polsi”».

Il film, giunto alla nona settimana di lavorazione – spiega il regista – è una sorta di indagine nel 1350, 29 anni dopo la morte di Dante, che viene svolta da Giovanni Boccaccio, incaricato dalla confraternita fiorentina di Orsanmichele («una sorta di Meeting di allora») di portare 10 fiorini d’oro a Beatrice Alighieri, figlia del poeta, monaca a Ravenna. Questo dà modo a Boccaccio di raccogliere notizie su Dante, che sono ancora oggi quello su cui si basano i dantisti per la sua vita. Boccaccio, figlio illegittimo di sua padre, venne da Parigi a Firenze e d ebbe come matrigna un’erede dei Portinari che aveva  conosciuto Beatrice, che Dante incontrò per la prima volta all’età di nove anni. «Dopo altri nove anni», ricorda il regista, «la rincontra. Beatrice lo guarda, gli sorride e gli dice “vi saluto”. Son passati nove anni dall’incontro precedente, ne è valsa la pena. Dante sente il bisogno di scrivere questo, come farà nella “Vita Nova”, narrando del sogno in cui Beatrice mangia il suo cuore. Lì nasce la poesia, da quel “vi saluto”. Ho capito quanta sia indispensabile il dolore per la conoscenza dell’altro»

Da quale potenza immaginativa, da quale capacità di raccontare nascono i film, chiede Otello Cenci? «Avere  accanto una persona con cui condividere la vita è la cosa più importante», dice Avati. «I matrimoni devono arrivare fino “all’altra riva” … se potete, se avete il coraggio e la forza di farlo, fatelo».

Passando poi all’argomento “cinema  italiano” di oggi , esso mostra, a giudizio di Avati, una grossissima crisi su come racconta una vita spesso priva di desideri. Ciò corrisponde anche a una riduzione del desiderio umano, chiede Cenci? «Mancano la creatività e l’attenzione, in un Paese che ne è privato totalmente», riflette Avati. «Oggi tutto è valutato solo economicamente. Mentre a poche centinaia di chilometri da noi ci sono madri che sono costrette a gettare i bambini oltre muri di divisione, qui ci scanna per il “Green pass”. Per fortuna alla prossima Mostra del Cinema di Venezia   cinque film italiani saranno dei titoli assolutamente coraggiosi».

E sul talento il regista aggiunge: «Avere ambizione di emergere significa aspettarsi qualcosa di straordinario piuttosto che essere pessimisti. Dare quel qualcosa di eccezionale che è in te, in ognuno di noi. La vita è un ellisse, alla fine della quale ci si rende conto che quello che hai davanti a te è meno importante, bello, esaltante di quello che hai alle spalle. Le persone migliori sono le più vulnerabili, le più sensibili. Vorrei che la mia vita si concludesse con l’immagine di mio padre e mia madre che in via San Vitale mi attendono per la cena».

(M.T.)

Scarica