Nuovi percorsi per ridurre il rischio clinico

Redazione Web

Rimini, sabato 22 agosto – «Abbiamo capito da questa prima esperienza di pandemia che non si può affrontare il rischio clinico se non in maniera unitaria, avendo chiaro per tutti l’obiettivo da raggiungere, ma questa emergenza ha individuato percorsi nuovi per la riduzione del rischio?». Così Pasquale Chiarelli, segretario Generale SIMM – Società Italiana Leadership e Management in Medicina, apre il confronto “Nuovi percorsi per ridurre il rischio clinico”, in collaborazione con “Hygiene4care” e Work in Progress Biomedical srl e con la partecipazione di Massimo Clementi, professore di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele; Antonio Conti, referente Sistema H4C; Alberto Deales, direttore Sanitario Policlinico Umberto I; Riccardo Tartaglia, presidente Italian Network Safety Healthcare.

«Noi sanifichiamo gli ambienti ospedalieri e le case di cura, e fin dall’inizio dell’emergenza abbiamo capito che dovevamo metterci a disposizione del team ospedaliero, per individuare di volta in volta le procedure più appropriate da applicare a situazioni in continua evoluzione»: così ha introdotto gli interventi Conti. Questo ci indica la strada per il futuro: attenzione all’igiene dei luoghi, fare squadra e mettersi al servizio dell’ente ospedaliero e delle sue figure professionali, creazione di nuove figure professionali che prima non esistevano come l’addetto all’igiene, innovazione tecnologica. Ha fatto eco Deales, che ha ripreso il tema della squadra: «Parlare di squadra significa dare importanza al fattore umano, cioè fare sviluppo del lavoro in team condividendo obiettivi, integrare le competenze, formare le persone tramite osservazione sul campo o simulazione. Le strutture che erano già pronte e formate hanno risposto meglio a situazioni di continuo cambiamento».

Tartaglia ha proseguito ricordando che «la legge 24 ha introdotto importanti cambiamenti e novità nella sanità italiana, tra cui la costituzione delle task force per far fronte all’emergenza. All’inizio le squadre erano, però, costituite da elementi che non avevano mai lavorato insieme, e questo ha costituito una criticità dovuta a diverse opinioni su come intervenire, diverse valutazioni che hanno prodotto lentezza operativa. Ne siamo usciti, ma oggi la cosa migliore da fare è studiare cosa è successo per ricavare insegnamenti utili nell’ottica di applicazione di questa legge».

Clementi ha parlato della sua esperienza: «Anni fa da giovane medico giravo per ospedali e trovavo che la qualità dell’intervento e della cura era praticamente la stessa per tutti gli ospedali. Ma questo era il risultato diretto dell’applicazione di protocolli che esistevano per tutte le situazioni che erano state previste. Avendo un protocollo, avevamo capito che non c’era bisogno di improvvisare. L’emergenza pandemica ha trovato tutti impreparati e tutti hanno dovuto improvvisare. L’Italia è stata la prima ad affrontare l’impreparazione, ma ha saputo creare percorsi che sono stati utili per altri Paesi nel mondo».

Chiarelli ha riassunto gli interventi evidenziando come anche il modo di lavorare di ognuno sia cambiato. Da un lato si richiede specializzazione più spinta in termini di competenze e di integrazione, dall’altro, come ha evidenziato Deales, ha costretto ad una più attenta organizzazione degli spazi di frequentazione delle persone negli ambienti pubblici. Un effetto importante e chiaro è che oggi viene chiesta maggiore integrazione tra manager e clinici negli ospedali in modo da poter intervenire subito e bene a fronte di future situazioni emergenziali. Tartaglia ha messo l’accento sulla sensibilità dell’opinione pubblica, che si trova combattuta tra pareri a volte discordanti tra quelli dei politici e quelli dei tecnici, e che ha indicato una mancanza di leadership: «Il dissidio tra Trump e Fauci è l’emblema di quello che stiamo vivendo e questo richiede maggiore responsabilità e coordinamento tra politici e tecnici».

Chiarelli ha chiuso con due deduzioni: la prima è che la riduzione del rischio clinico si ottiene non sprecando le risorse, e la seconda è un plauso al Meeting, che con questi interventi sta facendo una sintesi importante e utile per la ripartenza.

(A.L.)

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