34. Cosa mangeremo nel 2020?

Press Meeting

La sala Mimosa, oggi alle 15, è stata insufficiente ad accogliere il pubblico convenuto per l’incontro “Cosa mangeremo nel 2020?” incentrato sulle problematiche legate al settore agricolo nazionale ed alle implicazioni delle regolamentazioni europee e alla globalizzazione del mercato.
Camillo Giardino, presidente della Compagnia delle Opere Agroalimentare ha introdotto l’incontro ricordando come la conoscenza della situazione concreta sia importante per affrontare la crisi attuale del settore.
Franco Sotte, docente di Economia del territorio all’Università di Ancona, ha per primo presentato uno studio sui rapporti fra realtà produttiva agroalimentare e mercato di utilizzo dei prodotti definendo due modelli che attualmente convivono. Da un lato quello definito “from farm to fork” (dalla fattoria alla forchetta) teso a definire l’origine dei prodotti e riassumibile in forme quasi elitarie come slow food e la dieta mediterranea. Dall’altro “from lab/brand to fork” cui si possono fare risalire i prodotti diffusi massicciamente dai grandi marchi commerciali, in pratica la gran parte del mercato. In questi casi è il marchio stesso a garantire la qualità. Certa è invece la necessità che l’agricoltura trovi metodi innovativi per rimanere nel mercato che pare avviarsi verso forme di omologazione.
Paolo Carra, presidente del Consorzio latterie Virgilio, ha raccontato le motivazioni che nel territorio mantovano hanno portato alla formazione di questa cooperativa di secondo grado, inizialmente legata alla produzione di Parmigiano reggiano e Grana padano (Mantova è la sola provincia dove è autorizzata la produzione delle due dop) e all’allargamento verso le componenti del latte non utilizzate per il prodotto principale, panna e siero. Da qui la produzione di burro e mascarpone dalla panna, ma anche l’allevamento suinicolo col siero. Carra ha evidenziato come sia essenziale trovare modo di creare reddito rimanendo nel disciplinare previsto per le dop i cui costi sono alti.
Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, ha esordito chiedendosi se può bastare il “made in Italy” a garantire un futuro alla nostra agricoltura. “Occorre costruire una agricoltura viva che coniughi la tradizione con l’innovazione”, precisando che abbandonare prodotti di qualità sarebbe sbagliato ma occorre adottare una flessibilità produttiva che nasca dalla esperienza proveniente dalla tradizione. Riguardo al moltiplicarsi delle dop ha ironicamente chiosato: “Non vorremmo alla fine trovarci con più denominazioni di origine che aziende agricole ed agricoltori” concludendo che lo sviluppo agricolo è problema dell’uomo non solo dell’agricoltore.
Andrea Prato, assessore all’Agricoltura della regione Sardegna, ricordando le difficoltà dell’agricoltura sarda ha rilanciato l’opportunità di favorire i consumi interni regionali, e lo sviluppo campagne di comunicazione e pubblicizzazione dei prodotti di filiera. Senza dimenticare il grave problema della stretta creditizia operata dalle banche e delle coperture assicurative.
Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura del Parlamento Europea ha affermato che anche a livello dei politici occorre muoversi con “meno ideologia, più mercato e più impresa”. Questo in riferimento del prossimo varo della PAC (politica agricola europea) documento fondamentale soprattutto in un periodo come questo di crisi e recessione economica. Ha altresì fatto notare come le grandi nazioni, Cina, Giappone, Brasile, stanno acquistando milioni di ettari di terreno nell’Africa subsahariana da adibire in un futuro prossimo a coltivazioni.