La fabbrica e il bosco. Seveso 30 anni dopo

Press Meeting

Il giornalista Luciano Piscaglia, insieme ai colleghi Alessandro Zaccuri e Marco Bergamaschi, ha curato il video presentato oggi in sala Tiglio A6 e prodotto da SAT 2000, con la regia di Jean Marc Viel.
Si tratta, prima ancora che di una ricostruzione storica, di una testimonianza: è un racconto a più voci di sette abitanti di Seveso che, a partire dalle 12,37 di sabato 12 luglio 1976, si ritrovarono loro malgrado protagonisti di questa vicenda. Se sono note le circostanze storiche, infatti, è più difficile da ricostruire il clima politico e culturale di quegli anni, che portò a individuare Seveso come “un varco da allargare per fare passare alcuni concetti”: così si esprime Ambrogio Bertoglio, Direttore Generale dell’Ospedale San Gerardo di Monza, seduto al tavolo dei relatori insieme a Piscaglia.
I sette protagonisti sono lo stesso Ambrogio Bertoglio, allora giovane medico psichiatrico del Centro Decanale di Seveso; Stefania Senno, la cui fotografia di bambina di due anni con il volto segnato dall’intossicazione chimica è diventata un’icona del disastro di Seveso; Amedeo Argiuolo, allora sindacalista della CGIL all’interno dello stabilimento della multinazionale svizzera Icmesa Meda; Francesco Rocca, sindaco di Seveso tra il 1970 e il 1980; Adriana Galli, che rappresentava il PCI all’interno dei servizi sociali del comune di Seveso a cavallo del 1976; Isa Fumagalli, allora giovane madre la cui seconda figlia, nata nel 1977, è sana e attualmente in attesa del primo bambino; Massimiliano Fratter di Legambiente Seveso, ideatore del progetto “Il ponte della memoria”, che all’epoca dei fatti era solo un bambino.
Il titolo del video si riferisce al “Bosco delle Querce”, che sorge oggi sul luogo dell’incidente.
La proiezione del video, della durata di un’ora circa, è stata seguita da un breve dibattito che ha messo a tema principalmente la mobilitazione dei cattolici in aiuto delle persone coinvolte e la polemica sul problema dell’aborto. Per quanto riguarda la prima questione, Bertoglio l’ha definita una “naturalità”, non un progetto: davanti al problema che si era creato nacquero molteplici iniziative, da centri diurni per i bambini a opere di assistenza sanitaria, che coinvolsero tutti gli ambienti cattolici.
Bertoglio è arrivato a definire quel periodo “un momento provvidenziale in cui l’aggregazione è stata di tutti”: Comunione e Liberazione, Azione Cattolica, Curia e via dicendo. D’altra parte nel video sono ricordati la gambizzazione dell’ufficiale sanitario Ghetti e l’uccisione del direttore di produzione della Icmesa, Paoletti, da parte di Prima Linea: Bertoglio ha sottolineato come questo contribuisca a rievocare il clima di forte ideologizzazione di quegli anni, che permise a molti di prendere spunto dal disastro di Seveso per legittimare l’idea di aborto terapeutico.
Altri due aspetti importanti – sempre secondo Bertoglio – sono la permanenza ancora oggi delle opere nate “dal popolo” (secondo quanto detto dal conduttore del programma, Marco Liorni), che si sono poi trasformate in scuole e hanno permesso la rinascita del seminario di Seveso; e una delle prime applicazioni dell’idea di sussidiarietà, l’attenzione dell’allora sindaco Francesco Rocca a ciò che già esisteva sul territorio, anche se gestito da privati.