INVITO ALLA LETTURA DELLE ORE 15

Press Meeting

Introducendo l’incontro (sala Eni Caffè Letterario D5, ore 15), Alberto Savorana, portavoce di Comunione e Liberazione, ha ricordato l’antefatto che sta all’origine del libro di Andrea Simoncini, Lorenza Violini, Paolo Carozza e Marta Cartabia: Esperienza elementare e diritto (ed. Guerini e Associati), con prefazione di Julián Carrón. “È frutto di un anno di lavoro di docenti di diritto di diverse Università – ha segnalato Savorana – che hanno raccolto positivamente una provocazione, al Meeting 2009, della professoressa Mary Ann Glendon. L’illustre studiosa aveva ripreso da Giussani il concetto di ‘esperienza elementare’, come fascio di esigenze ed evidenze fondamentali connaturate all’esperienza umana. Gli autori l’hanno assunta come ipotesi di lavoro, hanno voluto verificare se questa ipotesi offriva loro una possibilità di lettura critica più adeguata”.
È intervenuto quindi Andrea Nicolussi, ordinario di Diritto civile alla Cattolica di Milano, che ha iniziato segnalando una “tendenza generale, nel campo dei giuristi, di procedere ‘larvatamente’: senza rivelare i loro principi ispiratori, i moventi ideali”. Il percorso iniziato da Grozio, di individuare norme di convivenza razionali, ‘come se Dio non ci fosse’, è risultato fertile, ha detto il relatore, ma sta per esaurirsi. I grandi capolavori costituzionali del dopo Auschwitz, ha affermato ancora Nicolussi, accettano di essere messi in discussione dal riconoscimento della dignità dell’uomo: “Potremmo dire che Creonte accetta la sfida di Antigone e cerca di integrarla”.
“Il primo merito di questo libro – secondo Stefano Alberto, docente di Teologia alla Cattolica di Milano – è di lasciare che la domanda su che cos’è il diritto resti una domanda aperta”. Il relatore, laureato anche in diritto, ha fatto diversi riferimenti al suo passato di studente universitario a Torino. “Insistere sull’esperienza elementare – ha affermato Alberto – significa innanzitutto accettare che la domanda ‘che cosa riconosciamo all’altro’ persista; significa, inoltre, che il soggetto non può tirarsi fuori dal dramma”: passeremmo altrimenti dal “come se Dio non esistesse” di Grozio a “come se l’uomo non esistesse”. “Il contributo di questo libro è descrivere un’esperienza in atto. Penso che da questo primo importante tentativo possano nascere tante piste di approfondimento”.
Si passa alla presentazione di due volumi opera di uno stesso autore, lo scrittore bresciano Luca Doninelli. Un tempo le cattedrali erano il biglietto da visita delle città che il viandante intravedeva di lontano. Guglie e campanili identificavano Milano e Chartres, Colonia e Santiago. Oggi altri luoghi rivelano l’identità delle nostre città moderne e Luca Doninelli, viaggiatore del XXI secolo, ha girato il mondo per raccontare l’anima di grandi metropoli e piccole città. Il primo volume di Doninelli, edito da Garzanti, si chiama appunto Cattedrali. In esso l’autore ha voluto raccontare il mondo e, per farlo, lo ha dovuto girare. Betlemme, Londra, Il Cairo, Pechino, Barcellona, Gerusalemme, New York, Parigi, Milano: di questi luoghi lo scrittore non ha citato i monumenti più famosi, e quando lo ha fatto è stato solo per coglierne aspetti originali. Così, della Sagrada Famiglia di Barcellona lo hanno colpito gli operai di un cantiere edile aperto che si mescolano con i turisti e i devoti. E la piramide di Cheope non è stata affrontata con l’occhio dell’egittologo ma ha costituito lo spunto per indagare il fermento sociale che poi avrebbe dilaniato l’Egitto. Mentre a New York, su consiglio di due amici, è andato al Ground Terminal, dove c’è la ricostruzione del firmamento. Vi è andato perché gli ebrei ci portano i figli a vedere la progenie di Abramo, infinita come le stelle del cielo. Debbono portarli lì perché a New York, a causa delle troppe luci della città, le stelle non si vedono. “Ho portato il mio desiderio di conoscere in luoghi dove il mondo si racconta in un modo interessante per tutti”, ha spiegato Doninelli, rispondendo alle domande di Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano.
Il suo secondo libro, Trenta volte incamminati (edizioni Vita Altraidea), è la storia della compagnia teatrale degli Incamminati (sessanta spettacoli in trent’anni di attività) nata dall’incontro, nel 1983, fra cinque giovani universitari e lo scrittore Giovanni Testori. “Di lui, all’epoca già critico teatrale affermato e drammaturgo di grido, non sapevamo assolutamente nulla – ha ricordato Doninelli – lo andammo a cercare dopo aver letto alcuni suoi articoli sul Corriere, nei quali, in pieno terrorismo, affermava che la prima necessità era il perdono”. Testori rimase colpito da quei cinque e affidò loro la messa in scena del suo Interrogatorio a Maria. Poco dopo, al gruppo si aggiunse anche Franco Branciaroli, “all’epoca attore maledetto, oggi autentico protagonista del teatro italiano”.
Erano ragazzi poco più che ventenni quelli che facevano nascere la Compagnia degli Incamminati (il nome lo scelse Testori), la stessa età di altri ragazzi, determinati come loro, che in quegli anni davano vita al settimanale Il Sabato. Nel 1989, gli Incamminati misero in scena, nell’ambito del Meeting, il Miguel Mañara di Milosz. La rappresentarono in giro per Rimini, fino alle tre di notte, con ventimila persone al seguito. Insieme a Doninelli, direttore artistico della Compagnia, c’era anche Gian Mario Bandera, che ne è il direttore generale. “Eravamo giovani e ci siamo giocati dentro quella opportunità che ci veniva offerta – ha ricordato Bandera – Oggi siamo la prima compagnia teatrale italiana riconosciuta dal ministero dello Spettacolo”.

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