SAN CARLO BORROMEO. LA CASA COSTRUITA SULLA ROCCIA

Press Meeting

“Siamo bambini sulle spalle di giganti, che sono i santi. E san Carlo Borromeo è uno di loro. Per questo sono pieno di gratitudine al cardinale Tettamanzi che ha fortemente voluto realizzare qui al Meeting, nel quarto centenario della canonizzazione dell’arcivescovo milanese, la mostra San Carlo Borromeo. La casa costruita sulla roccia. E al cardinale chiedo: chi è per lei oggi san Carlo? Chi è per noi?” Così don Giuseppe Bolis, docente di Introduzione alla teologia all’Università Cattolica di Milano e curatore della mostra, ha introdotto l’incontro (sala C1 alle ore 15.00) in cui l’amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi e il giornalista del Corriere della sera Armando Torno hanno tracciato un ritratto a tutto tondo del santo milanese.
“Un riformatore inattuale”, lo ha definito il cardinale riprendendo il titolo del libro da lui scritto sul suo predecessore. E ha spiegato: “Se per attuale si intende ‘secondo la mentalità del tempo presente’, ‘secondo l’opinione condivisa dai più’, è chiaro che san Carlo è inattuale, i tempi dei Borromeo non sono i nostri. Ma se per inattuale si intende restare ancora a quella roccia che è Gesù Cristo e che dà vera solidità all’intera costruzione della casa e se tutto ciò viene giudicato inattuale solo perché non si adegua a ciò che oggi è ritenuto ‘politicamente corretto’, dovremmo allora chiederci se l’inattualità di san Carlo non si trasformi in una singolare e urgente attualità di ripensamento, di rivalutazione dei nostri metri di giudizio, di riforma del nostro modo di vivere e di convivere”. Ancora oggi, quindi, “la figura di san Carlo è grandemente provocatoria”. “È stato un vescovo riformatore – Tettamanzi ha richiamato la lettera apostolica inviata all’inizio dell’anno carolino da papa Benedetto XVI -, un uomo di preghiera, un pastore zelante e generoso, un autentico pater pauperum, che ha letteralmente disciolto la propria vita nella carità pastorale”.
Lasciando la scoperta dell’aspetto culturale della vita dell’arcivescovo Borromeo alla visita della mostra, il cardinale ha proseguito la sua relazione concentrandosi soprattutto sull’aspetto spirituale, presentando tre esempi dalla biografia del santo per applicarli ai tempi attuali. “San Carlo aveva un senso acuto del dovere del proprio stato di vita come forma propria dell’identità del cristiano, e chiedeva questo anche ai suoi preti e ai fedeli laici, secondo la loro condizione. Quando era giovane cardinale, segretario del papa a Roma, prima della sua cosiddetta ‘conversione’, aveva vissuto un cristianesimo senza infamia e senza lode. È proprio il rischio che corriamo noi cristiani, gli stessi preti e vescovi: accontentarci di una vita cristiana scialba. L’esempio di san Carlo è attualissimo e singolarmente urgente: dobbiamo tutti convertirci, seguire la strada maestra: la santità”.
“Tutti noi abbiamo in mente le immagini di san Carlo in preghiera, soprattutto davanti al Crocifisso, immerso in vere e proprie esperienze mistiche – prosegue il cardinale – questa sua forte dimensione contemplativa non lo distolse mai dal suo dovere di pastore d’anime, anzi. Quello che più di ogni altro impressionò i suoi contemporanei è stata la sua attività caritativa, non solo in tempi di emergenza come quelli della peste. Prendendo a prestito una terminologia attuale, san Carlo fu un ‘santo sociale’ perché seppe leggere alla luce del Vangelo i problemi sociali del suo tempo, indicò le soluzioni concrete, non ebbe paura a denunciare le piaghe della società”.
Dopo aver richiamato anche l’aspetto “ascetico” della vita del santo (la sua dieta, ad esempio, era composta solo da pane, acqua, legumi e frutta), il cardinale ha voluto confessare la “profonda gioia spirituale” che le tre autentiche reliquie di san Carlo eccezionalmente esposte nella mostra gli procurano: l’anello, il bastone pastorale e il calice che, seguendo “il mistero bellissimo della traditio, della tradizione viva della Chiesa, trasmetterò al nuovo arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola”.
Ad Armando Torno il compito di completare il ritratto a tutto tondo dell’arcivescovo Borromeo presentando il volto dell’uomo Carlo. “Se osservate i quadri presenti nella mostra – ha indicato il giornalista – vedete san Carlo sempre circondato da persone; sono le immagini di un santo sociale, un santo veramente adatto al momento politico che stiamo vivendo ora, perché ha sempre invitato i cristiani a non tacere. Lui non si tirò mai indietro, non fu mai succube del potere politico: ci sono carteggi consistenti delle sue controversie con l’autorità spagnola, ad esempio. E l’ebbe pressoché sempre vinta lui. Il suo è un insegnamento forte: un pastore non può rinunciare alla sua missione, il cristiano non può tacere”. Cosa ha fatto Carlo Borromeo? Si chiede poi Torno. “Tantissimo, con un ritmo impressionante. Ma questo suo ‘strafare’ fu sempre conciliato con la temperanza. Bloccò l’entrata in Milano dell’Inquisizione spagnola; prescrisse regole di comportamento per le feste. Insomma, la sua meticolosa opera fu la prima concretizzazione della promessa enunciata da Pascal cento anni dopo: ‘Credi in Dio. Se non esiste, non perdi nulla. Se esiste, hai vinto tutto’”.
Una scommessa, per Torno, valida ancora oggi: “Non su Dio, perché ha già vinto la sua scommessa: tutte le ideologie ‘atee’ sono crollate. Ma sulla presenza di Cristo, non perché non ci sia ma perché il mondo mette da parte chi professa questa presenza. San Carlo ci insegna – e i documenti storici ce lo ricordano – a testimoniare con la vita soprattutto su quelle cose in cui il mondo ci chiede il silenzio”.
“Puntare ancora sulla presenza di Cristo, questa è una sfida alla nostra libertà”, ha concluso don Bolis. “San Carlo disse: ‘La candela per far luce deve consumarsi’. Solo così l’esistenza diventa una immensa certezza”.

Scarica