Matteo ragioniere di Dio

Press Meeting

Ironico e divertente, ma anche profondo e a tratti commovente. È un successo la prima di “Matteo ragioniere di Dio”, lo spettacolo messo in scena ieri sera al teatro Novelli da Andrea Carabelli sul testo di Giampiero Pizzol e la regia di Otello Cenci.
Un anno dopo ‘Il mio nome è Pietro’, continua il viaggio del Meeting nella vita dei dodici apostoli. Dopo il burbero e carismatico Pietro, sempre al centro dell’attenzione, ecco il calcolatore preciso e riservato Matteo, un ragioniere nato, abituato a far quadrare i conti della vita, e a moltiplicare ragionevolmente i propri guadagni, che paga le decime “senza sorprese e con ricevuta detraibile”. Amante dei numeri su ogni cosa, perché “le ragioni possono essere belle o brutte, ma il numero è sempre bello, non si tratta di quantità, di successo, di statistica, si tratta solo di possibilità in più. Se siamo numerosi aumentano le probabilità che qualcuno capisca qualcosa”. Così vale anche per il pubblico in sala: 643 “facce”, come quella di “Bartolomeo, Tommaso, Giacomo, Pietro, Andrea, Filippo e tutti gli altri! Voi adesso li vedete dipinti qua e là: sembrano tutti santi con la faccia aureolata… ma allora erano facce fuori dalla grazia di Dio. Per fortuna Gesù non sceglieva dalle facce e nemmeno dall’intelligenza”.
Anche Matteo il calcolatore viene scelto senza una ragione apparente e segue quell’uomo, “senza una ragione”. “Ero li che contavo l’incasso delle tasse”, quando entra nella stanza “un branco di gente con un tipo alto che avevo già visto predicare in piazza”. ‘Abbiamo trovato il Messia’, urlano, “Io penso: ‘voi trovate il Messia e io perdo il conto!’” Lui si avvicina, sorride e gli dice una sola parola: “Seguimi”. “E io lì ho tirato le somme”. La scena, grazie a un sapiente gioco di luce, che irrompe nel buio, ci proietta ne ‘La Vocazione di San Matteo’ di Caravaggio, forse l’opera più celebre dedicata all’evangelista.
È l’inizio di un viaggio affascinante e faticoso, perché stargli dietro non è facile: a parte i miracoli e i pericoli, “il Messia camminava forte”. Lui Matteo, non è tra i primi, sta sempre in fondo la fila, è quello che raziona l’acqua e tiene i lacci da scarpe di ricambio. Quello che ha sempre qualche spicciolo in tasca di riserva per il poveri ‘ritardatari’. Un ragioniere nato. Ma quando Gesù dice che ‘gli ultimi saranno i primi’, tutti si voltano verso di lui e il Maestro è a lui che sorride. Ed è proprio a lui che Gesù chiede di scrivere il primo Vangelo, anche se l’aveva avvertito: “sono un ragioniere, Signore, non uno scrittore: fammi tenere la cassa! Ma Lui niente, mi ha sorriso e ha detto: ‘Scrivi!’”. Non era un maestro come gli altri, che stanno in piedi e insegnano: “il suo metodo era la strada”, anzi “le strade, perché ce le faceva percorrere tutte!” Spesso in salita, come quel sentiero, quasi un’arrampicata, che percorrono per ore. “È durissima, si va su mani e piedi”. I dodici in cima sono provati, si buttano quasi tutti a terra. “Dopo una arrampicata di questa portata, qualcuno si aspetta almeno una Trasfigurazione con cherubini” e invece niente, solo il silenzio e il vento. “Guardate le nuvole!”, dice Gesù. E Filippo, imbeccato da Pietro, gli chiede: ‘Maestro perché siamo saliti qui?” Gesù dà una risposta che sembra folle: “Per bellezza!”.
Non c’è ragione, perché ci sono tutte le ragioni. “Le ragioni che tengono vivo l’universo, che fan cresce gli alberi e profumare i fiori, le ragioni che muovo l’uomo alla parola e l’anima alla luce, le semplici ragioni che spingono a mangiare un frutto”. Perché “il Vangelo non è da scrivere, è da vivere, con cuore e ragione, parola di Matteo, ragioniere di Dio”.
(Al.C.)

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