Risorse, alimentazione e sviluppo sostenibile

Press Meeting

Rimini, 21 agosto 2015 – Expo e il suo tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, sono una sfida globale. Ottocento milioni di persone soffrono la fame e 180 di loro sono bambini. Due miliardi d’individui patiscono deficienze di alimentazione e altrettanti sono invece sovrappeso. Mangiano troppo e male. In questo panorama riflettere sull’agricoltura, sui suoi modelli, su valore e significato di termini come sostenibilità e organizzazione della filiera agroalimentare diventa essenziale per affrontare il problema.
La sfida lanciata da Expo coinvolge in prima persona anche l’agricoltura del nostro Paese e i suoi attori. Di questo si è discusso durante l’incontro “Risorse, alimentazione e sviluppo sostenibile” (sala Neri Conai ore 15.00), introdotto e moderato da Camillo Gardini, presidente di CdO agroalimentare, a cui hanno preso parte insieme al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, il docente universitario di Economia del territorio Franco Sotte, il presidente di Federunacoma Massimo Goldoni, Federico Vecchioni ad di Bonifiche Ferraresi e Stefano Berni direttore del Consorzio Grana Padano.
È il professor Sotte a mettere in guardia contro letture “bucoliche o nostalgiche” della filiera, ricordando che nel concetto di sostenibilità è insito anche il contenuto della redditività di lavoro e prodotti, oltre che di un’efficiente coordinamento tra gli attori del comparto. Una filiera, come ha ricardato il ministro Martina, dove grandi e piccoli produttori devono trovare modo di collaborare e dialogare costantemente. “Uno dei nostri obiettivi è legare e coordinare produttori, trasformatori e distributori. È necessario essere e fare sistema – ha ricordato Martina – solo in questo modo si può affrontare un mercato internazionale sempre più competitivo, all’interno del quale anche altri Paesi, a Expo lo vediamo ogni giorno, si sono posti l’obiettivo della qualità dei prodotti e si stanno avvicinando sempre di più a quella abitualmente riconosciuta al marchio Italia. Dobbiamo innovare e rimanere al passo con i tempi, perché parliamo di un comparto che ha chiuso i primi sei mesi dell’anno con un export pari a 18 miliardi di euro”.
Ciò non significa che in questo campo il nostro Paese non possa offrire esperienze, buone pratiche e case history di successo. Una di queste è il consorzio Grana Padano. “Abbiamo 200 soci, raccogliamo il lavoro di 136 caseifici della pianura padana e lo scorso anno abbiamo prodotto grana per dieci miliardi di euro, il 70% destinato all’export, e offriamo lavoro a 40 mila addetti”, ha spiegato Berni. “Strumento essenziale del nostro lavoro è la dop (denominazione d’origine protetta) che qualifica il prodotto italiano in tutto il mondo”. Non è cosa da poco visto che i cibi “italian sounding” vendono in tutto il mondo per miliardi di euro, anche se sono degli autentici falsi e pure di bassa qualità.
Un altro successo arriva dal comparto delle macchine agricole. “Siamo i secondi produttori al mondo dopo gli Usa”, ha ricordato Massimo Goldoni, presidente dell’associazione di categoria, specificando che i Paesi emergenti come India, Brasile, Cuba, Cina sono i mercati a cui dobbiamo guardare per mantenere la nostra leadership nel settore. “Lo faremo a patto di utilizzare driver quali ricerca, innovazione, sviluppo dei prodotti e ottenere una diminuzione del peso e della lentezza della burocrazia”.
Arriva invece da Ferrara un’esperienza senza precedenti per l’agricoltura tricolore. “Bonifiche Ferraresi è un’azienda nata nel 1857, abbiamo terreni per seimila ettari, un unicum in un paese dove la maggior parte dell’agricoltura è a conduzione familiare e su superfici molto più basse. Siamo così in condizione di confrontarci con i grandi player francesi e dell’Est Europa. Soprattutto siamo i soli nell’agricoltura a essere quotati in borsa”, ha spiegato l’ad Federico Vecchioni. “Fino all’anno scorso eravamo di proprietà della Banca d’Italia che ha deciso di mettere in vendita la maggioranza del suo pacchetto azionario. Siamo riusciti a trovare acquirenti italiani e non esteri. Per la prima volta fondi e investitori del nostro Paese hanno guardato all’agricoltura, a riso, cereali, erbe officinali, non come semplici commodities ma come concreta opportunità d’investimento e profitto”.

(C.B.)

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