Covering the Balkan route

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Rimini, 22 agosto 2017 – Alle 21.00, allo Spazio Muri B2 è a tema quella che è stata definita “la più grande emergenza umanitaria in Europa dalla seconda guerra mondiale”: la crisi migratoria che tra 2015 e 2016 ha portato nel continente oltre un milione di persone lungo la cosiddetta “rotta dei Balcani”. Una vicenda che Rainews24 ha seguito più di altre testate. Il racconto in prima persona è presento dall’ inviato della rete all-news Rai Ilario Piagnerelli, autore del reportage, con il montaggio di Antonio Silvi.
Dalla Turchia alla Grecia, dall’Ungheria alla Slovenia, un anno di servizi, collegamenti e reportage condensati in un documento di dieci minuti, realizzato in lingua inglese per l’eurovisione (link video: https://www.youtube.com/watch?v=zNKkAiCzYIo).
È una storia poco raccontata in Italia, quella della rotta balcanica e dei tanti muri che, come argini, uno dopo l’altro, sono sorti lungo i suoi confini per fermare la piena. Anzi, l’ “ondata”, parola che, come dice lo scrittore Erri De Luca evoca il ricorso a una barriera, e andrebbe sostituito con la parola “flusso”, che è un qualcosa che si governa.
Lungo la rotta balcanica si sono incamminati profughi di guerra e di Daesh da Siria e Iraq, soprattutto: intere famiglie, un mare di bambini; più una componente di giovani maschi afghani quasi spinti dalle loro famiglie via da un paese in cui la miseria e gli scontri settari vanno a braccetto. A questi ultimi saranno in seguito chiuse le porte («Devono restare nel loro paese e contribuire alla sua rinascita», dirà il ministro degli interni tedesco de Mezier).
Il punto di raccolta era la Turchia e poi grazie ai trafficanti si solcava l’Egeo fino alle “Lampeduse” greche: Lesbo, Kos, Chios, Samos. Da lì, Atene in traghetto, su navi approntate dal governo per “svuotare le isole”. Poi, la grande traversata attraverso i Balcani occidentali: Macedonia, Serbia, Ungheria, Croazia, Slovenia, Austria e infine Germania e tutti gli altri paesi.
L’atteggiamento dell’Europa è passato dalla mossa di Angela Merkel, quella di aprire le porte a un milione di siriani sospendendo il trattato di Dublino, a una serie di porte sbarrate, sorte una dopo l’altra, fino all’accordo con la Turchia del marzo 2016 con cui Ankara, in cambio di tre miliardi, ha sigillato il Mar Egeo con più controlli. E oggi addirittura la Turchia sta completando un muro super tecnologico con la Siria lungo circa 900 chilometri, ufficialmente con finalità anti-terrorismo.
Il punto di svolta sono stati gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015, il mutare del sentimento nei confronti dei musulmani nelle opinioni pubbliche in Europa, tanto più dopo la scoperta che due dei terroristi che si erano fatti esplodere erano miliziani iracheni dell’Isis, che avevano sfruttato la rotta dei Balcani per infiltrarsi in Europa.
«Per un anno», ha concluso Piagnerelli, «ho seguito l’evolversi della rotta balcanica fino alla sua chiusura». Nel reportage mostrato ai presenti all’incontro, sono state illustrate alcune delle principali tappe della vicenda: la chiusura del confine ungherese, il tentativo di aprire una via di terra tra Grecia e Turchia, il confine croato-sloveno, l’isola di Lesbo, dove si è recato in visita anche il Papa e che subito dopo l’accordo con la Turchia ha iniziato a chiudere i migranti in una specie di campo di concentramento, per poi espellerli. Infine Idomeni, la sterminata tendopoli sorta a marzo 2016 sul confine greco-macedone quando il governo, da un giorno all’altro, decise di chiudere il confine.
(G.L.)

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