Carità e Scienza: il mistero della relazione di cura

Press Meeting

Rimini, domenica 19 agosto – “L’incontro di oggi non vuole essere una riflessione teorica su carità e scienza, ma un dialogo con quattro testimoni che vivono e affrontano la sfida nel loro lavoro e nel quotidiano”: Felice Achilli, presidente di Medicina e Persona, responsabile di Cardiologia Clinica all’Ospedale San Gerardo di Monza, ha così introdotto i quattro relatori dell’incontro, delle 17, nel salone Intesa San Paolo A3 dal titolo: “Carità e scienza: il mistero della relazione di cura”. Nell’ordine Andrea Mariani, professor in Obstetric and Gynecologic Division of Gynecologic Surgery, Chair for Research, Department for Obstetrics and Gynecology, Mayo Clinic Rochester, Minnesota; Roberto Bernabei, presidente di Italialongeva; Mariella Enoc, presidente dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù; Rose Busingye, infermiera e responsabile del Meeting Point International di Kampala.

Per Mariani scienza e carità vanno insieme, l’una non può escludere l’altra. L’ha imparato da giovane medico e ricercatore quando nel 1996 emigra, fra mille difficoltà personali, in America chiamato a svolgere un progetto nel grande ospedale dove tuttora è medico chirurgo. “Per un anno – dice – ho fatto esperienza in sala operatoria sulle tecniche chirurgiche per la cura del cancro uterino e sui metodi di ricerca avanzata di prevenzione. Al termine del programma ho consegnato i dati raccolti al mio superiore credendo di aver concluso il lavoro, ma inaspettatamente mi è stato detto di no, che i dati erano miei e sarei stato io a doverli pubblicare. “Sono i tuoi dati – prosegue – tu vali!”. Questo fatto mi ha spiazzato perché nessuno mi aveva mai accolto in quel modo. Ho capito che nella vita e nel lavoro ci vuole un amico, uno sguardo umano”. Così è proseguita l’attività di ricerca sulla malattia, anche fra diversi ospedali statunitensi, che ha consentito a Mariani di incontrare il prof. Nadeem Abu Rustum. “Fra noi è nata una grande amicizia – conclude – che ha permesso di fare importanti ricerche scientifiche nella cura del cancro, ma soprattutto mi ha fatto scoprire che tutto parte da uno sguardo di un amico, dalla gratuità e carità di un gesto. Noi ai nostri giovani medici insegniamo prima di tutto a stare insieme, questo permette di lavorare bene e in maniera più efficace per il bene dei pazienti”.

Bernabei ha spiegato lo spirito che muove la società che presiede, Italialongeva: quello di migliorare la qualità di vita delle persone anziane attraverso la ricerca e l’umanità. “Oggi rispetto al passato è migliorato il rapporto fra medico e paziente – dice – con l’introduzione del consenso informato il malato può dialogare, può fare domande sulla malattia e le cure applicate”. Per Bernabei però non basta per affrontare la situazione della popolazione anziana che entro il 2030 sarà di oltre otto milioni. “Oggi alcune patologie degenerative come l’Alzheimer non hanno cure, poi molti anziani hanno vari disturbi associati, come il diabete, che producono elevati livelli di disabilità. Allora – si domanda – puntiamo a curiamo solo i disturbi oppure ad assistere l’anziano malato nel suo quotidiano, a dargli da mangiare, a pulirlo? Per capire come procedere Bernabei ha un’intuizione che ha dell’inconsueto, quello di accogliere nel proprio istituto 400 persone affette dalla sindrome di Down che, come è noto, provoca un invecchiamento precoce. “Da quando abbiamo con noi questi pazienti abbiamo trovato la medicina giusta anche per i nostri anziani, abbiamo affinato la scienza e i rapporti umani con coloro che assistiamo nel quotidiano”.

Mariella Enoc, per la prima volta al Meeting, trova nel tema di questa edizione il filo conduttore che ha guidato la sua vita. “Mi sono sempre appassionata all’Africa dove volevo andare ad operare fin da giovane – dice – poi il Signore mi ha chiamato a fare la manager nel settore sanitario per gli ospedali cattolici. Per un po’ mi sono opposta poi questa forza mi ha preso e, oggi, a distanza di anni sono felice”. Continua: “Tutto è nato dall’incontro con i bambini e le loro famiglie dell’Ospedale Bambin Gesù, dagli sguardi dei bambini, dalla sofferenza che diventa mistero e ti interroga e ti fa muovere”. Il Bambin Gesù è un ospedale di riferimento a livello internazionale. “Non abbiamo voluto fare un’azienda – prosegue – ma una comunità di persone, una comunità umana, i nostri medici vengono educati a rapportarsi con i piccoli pazienti attraverso progetti di formazione e relazione con gli altri”. Papa Francesco ha più volte visitato i bambini ed ha un rapporto speciale con l’ospedale cattolico che considera un vero esempio di scienza e carità cristiana.

Ha concluso l’incontro Rose Busingye, per gli amici semplicemente “Rose”, amica del Meeting e punto di riferimento in Uganda. Per lei tutto è iniziato da una domanda, “Chi sono io e chi è quest’uomo che devo curare?”. La risposta viene dall’incontro con don Giussani che gli cambia la vita. “Prima – dice – tutta la fatica per curare gli ammalati di Aids sembrava una battaglia persa. Poi l’incontro con il suo sguardo diventa rivelatore, infatti don Gius non mi conosceva, però da subito mi sono sentita accolta ed amata. Dio non viene per un gruppo di persone – mi ha detto – ma viene per te”. Con lo stesso sguardo ha incominciato a guardare i malati di Aids, le donne provate dalla violenza fisica e psichica. “Quello che conta è il valore della singola persona”. Poi questa forza consente di arrivare alla costruzione della scuola per tutti i figli di queste persone provate, un progetto spiegato nel filmato proiettato nel salone e realizzato anche con il contributo di tutte le donne che costruiscono decine di migliaia di collane e oggetti artigianali venduti in Europa. Ed ancora alla raccolta di fondi per aiutare famiglie colpite negli Stati Uniti dal terremoto attraverso un’attività semplice della popolazione: spaccare pietre per ricavare agglomerati per costruire le case. Straordinario.

(G.G.)

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