Il canto: eco dell’eterno in una storia

Dicembre 2022
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In ricordo di Adriana Mascagni, scomparsa giovedì 22 dicembre 2022, vi proponiamo il testo del bellissimo incontro tenuto il 21 agosto 2001 al Meeting, un dialogo con il poeta Davide Rondoni, o meglio, come recita il sottotitolo dell’incontro, un “viaggio in un’esperienza di canzoni”. Sono parole di grande spessore non solo per ricordare Adriana, ma anche per capire cos’è e quali livelli dell’umano tocca il fenomeno del canto.

Rondoni: Questa che avete appena ascoltato era la Polacca di Chopin e si potrebbe dire, anche per capire il tipo di incontro che facciamo adesso, che senza Chopin non avremmo avuto Povera Voce, la canzone da cui abbiamo preso il titolo del Meeting quest’anno. Non è un’affermazione stupida quella che ho fatto, perché Adriana, come mi diceva lei stessa, ha cominciato ad innamorarsi della musica ascoltando la Polacca di Chopin. Io ho proposto ad Adriana, non di fare un concerto, che al Meeting ha già fatto, ma un incontro nel quale racconti da cosa nascono i suoi canti, come storia, le prima canzoni che ha amato. Voi dovete sapere che la Mascagni non è nata cantando Povera Voce, ma uno dei suoi primi successi fu “Se tu non fossi qui”, dove il “tu” non è Gesù Cristo; è una canzone del tipo “Sole, Cuore, Amore”.

Mascagni: È qui, l’ho portata!

Rondoni: L’hai portata? Grande successo di Peppino Gagliardi. Come faceva?

Mascagni: (Canta Se tu non fossi qui).

Rondoni: Quindi, tra la Polacca e Peppino Gagliardi, ci sarà qualcosa nel mezzo che ti ha educato al canto? Ho trovato una poesia di un poeta francese che sto traducendo, Jean Pierre Le Mere, che dice alla sua poesia una cosa molto bella, credo che anche Adriana sia d’accordo: “La musica c’è, il canto c’è, ed è là fuori, là nella realtà, solo che si è spezzato, e perché l’uomo lo ascolti, l’uomo lo possa sentire, deve cantare”. Io credo che non a caso abbiamo iniziato con Chopin e anche con Peppino Gagliardi, cioè con qualcosa di apparentemente lontano, perché il canto come qualsiasi forma d’arte, come qualsiasi forma di espressione è innanzi tutto una forma di ascolto, è innanzi tutto un problema di che cosa stai ascoltando, su che cosa sei sintonizzato. Il canto non è appena “io mi esprimo”, ma anche “che cosa io sto ascoltando”. Adriana ascoltava Chopin, poi ascoltava anche le canzoni d’amore, ma a casa sua c’era una certa tradizione musicale.

Mascagni: Mio nonno, Benvenuto Mascagni, era pianista, direttore d’orchestra e compositore. Mia nonna materna era cantante lirica, mezzo soprano, con una voce stupenda; ricordo che cantava Sansone e Dalila: “Ah, rispondi ai miei deliri” (cose che mi entravano nella pelle) e mi raccontava la storia di tutte le opere. Una volta, avevo quattro o cinque anni ed ero rimasta a casa sola con mia nonna, per passare il tempo mi ha raccontato la storia della Butterfly, e l’ha raccontata talmente bene, con quella drammaticità che aveva nelle vene, che io sono scoppiata a piangere; quando mia madre è tornata ha visto che io piangevo e che mia nonna piangeva perché io piangevo. Madama Butterfly era una cosa drammatica. Inoltre c’era la Carmen; se avete la pazienza vorrei farvi ascoltare un pezzo che io adoro: è il secondo atto della Carmen ed è la danza di Carmen con tutte le zingare. Sentite la bellezza e la dolcezza. Questo brano ha determinato anche il mio carattere.

Rondoni: Quindi sei arrivata anche carica di tutti questi ascolti. Tu volevi fare la pianista.

Mascagni: Concepivo la felicità nel suonare il pianoforte!

Rondoni: Allora, volevi fare la pianista, ascoltavi Chopin, ascoltavi la lirica alla quale ti ha introdotto la tua famiglia.

Mascagni: Sì, anche perché non solo mia nonna, ma anche mia mamma ha fatto la cantante lirica e io ho imparato tutte le opere ascoltando lei che le imparava e passavo il mio tempo a ripassarle tutte da sola.

Rondoni: Poi hai cominciato anche tu a fare canzoni. Questo è stato il tuo momento di ascolto da cui è nata anche la tua voce.

Mascagni: Esatto. Facevo canzonette così come mi nascevano dalla fantasia, perché allora era ancora fantasia malgrado le parole che potevano essere. (Canta Io ti guardo).

Rondoni: Hai cominciato a scrivere le tue canzoni e questo ha voluto dire che hai cominciato ad accordare la tua voce con qualcosa che, attraverso tutte queste cose belle, anche diverse, ti raggiungevano come ‘accordo con qualcosa di più grande’.

Mascagni: Don Giussani ha sentito cantare queste canzonette durante la prima vacanza che io facevo in Gioventù Studentesca; allora non c’erano tante strutture, tante iniziative; ciascuno faceva quello che sapeva fare per passare il tempo, per intrattenere gli altri, per stare insieme. Io cantavo le mie canzonette e Giussani le ha sentite e ha detto: “Stasera ci fai un concerto”.

Rondoni: Questo si chiama il movimento, mettere in movimento.

Mascagni: Quella sera io ho cantato tutte le mie canzoni tra il divertimento di tutti e un po’ di umorismo; poi Giussani mi ha detto: “Senti, domani mattina a messa non c’è chi canta: all’elevazione, perché non canti tu De la crudel morte del Cristo?” (al tempo si usava cantare questa canzone dopo l’elevazione); io ho detto sì. È stato il primo grande cambiamento, perché non avevo mai cantato una cosa del genere. L’altro cambiamento è stato quando a scuola don Giussani, che insegnava religione anche al “Vittoria Colonna” dove studiavo io, portò un piccolo 45 giri di un certo padre Duval. Questo padre Duval cantava, con voce calda, cose molto semplici, che erano il contenuto del suo dialogo con Dio. Anche questo era per me incomprensibile: non avevo mai pensato che si potesse usare una canzoncina per instaurare un rapporto con Dio. Rimasi così colpita che dopo aver ascoltato questa canzone, che vorrei farvi sentire, mi trovai in lacrime. Era troppo bello che si potesse parlare a Dio con una canzone.

Rondoni: Proviamo ad immedesimarci con te e ascoltare la canzone che tu hai ascoltato su quel disco.

Mascagni: La canzone diceva questo: “Perché Signore, Tu che hai fatto il mondo, hai fatto la notte così lunga per me?” (è per quelli che non dormono, per chi soffre di insonnia). E poi diceva tutti i sui pensieri: “Tu hai fatto il mondo, hai fatto l’uomo, tu hai fatto per fortuna la nostra amicizia per dividere tutto a metà”. Ascoltatela. (Ascolto del canto di Duval).

Rondoni: Duval non ha incontrato i favori della critica perché cantava in francese; se fosse stato fatto in inglese sarebbe stato considerato un grande blues. Ma oltre questo cantante, oltre l’incontro con quest’uomo che porta un dischetto, che ti fa un invito per cui questa voce che voleva accordarsi con il bello trova un’altra occasione, trova qualche cosa di inaspettato perché questo accordo prosegua, oltre alla voce di Duval, tu mi hai parlato di una cantante, di un’interprete.

Mascagni: A quel tempo tutto quello che era francese era molto prezioso, molto bello, sia queste prime canzoni, come anche i primi salmi di Gelinau, che traduciamo e cantiamo ancora adesso. In questo clima, una mia amica di allora, che adesso si è allontanata, mi diede le parole di una poetessa francese, Marie Noël e il tema di questa poesia è diventato il tema della mia prima canzone, la mia canzone di altro tipo, perché in essa c’era il tema di quel momento e di quell’esperienza della mia vita: Mio Dio mi cercavi, che volevi da me? (Canta la canzone). Era la scoperta che tutto di me, anche quello che non andava bene, serviva a Lui. La riconciliazione vera con la vita.

Rondoni: Intanto, mentre nascevano queste cose grazie all’incontro con don Giussani e poi con la comunità e i suoi amici, tu non hai smesso di fare altre cose, più leggere.

Mascagni: No, io continuavo.

Rondoni: Mi dicevano che musicavi le canzoni di Walt Disney, è vero?

Mascagni: Certo, perché quando ero piccolina sentivo mia mamma, che era molto giovane, che cantava con la sua magnifica voce le canzoni di Biancaneve, di Cenerentola. Quando sono stata in vacanza con G.S., che cosa potevo fare, se non attingere da quello che io avevo imparato. Allora usavo queste canzoni, che avevo imparato, per far stare insieme la gente e per farla cantare, come ad esempio la tirolese dei sette nani. (Canta alcuni pezzi di Walt Disney)

Rondoni: Tant’è vero che in questi ritrovi nascevano quasi dei musicals sulla vita della comunità.

Mascagni: Ogni anno, in vacanza, veniva fatto un musical; uno, in particolare, è rimasto famoso: la Eugeniascabinistory; era un musical incredibile con personaggi come l’Eugenia Scabini, che era la presidentessa di G.S., il Pigi l’eremita, e tanti altri personaggi. C’era l’invenzione di questo sogno che avevano sognato i porcelli, e avevamo tradotto questo con la romanza della Bufferfly; era l’interpretazione di Pigi l’eremita che spiegava il sogno che chiamasi G.S., questi porcelli sono giessini, “là tu devi andare, ma prima c’è il Brasile e la cultura”. Usavamo la musica delle opere e poi facevamo un vero e proprio musical con canti e balli.

Rondoni: A questo punto è come se ci fosse già stato un passaggio che l’esperienza cristiana porta dentro almeno come tensione, come problema almeno creativo del termine; non, quindi, un problema che blocca, ma un problema che dà fermento: il fatto che chi crea, non solo nell’arte, ma in qualsiasi campo della propria opera, non esprime solo se stesso, ma nel dire “io” comincia a dire qualcosa di più grande di sé; comincia a dire un corpo a cui appartiene, un “noi” a cui non solo servono le canzoni perché ci si intrattiene insieme in vacanza, un “noi” che viene espresso ed esprimendosi, esprime di più quello che tu sei. Questo è un passaggio artistico, e non solo artistico ma dell’arte di essere persone.

Mascagni: Questo “noi”, nel presente della comunità che mi ha convertito, l’ho scoperto nella tradizione; ho scoperto una nuova tradizione che non conoscevo: il gregoriano, i polifonici, le laudi, i provenzali. C’è un canto, per esempio, l’Alleluja di san Giuseppe di Chanterelle, la moglie di Lanza del Vasto; nessuno come lei canta questo gregoriano, e me ne sono subito innamorata. Nel primo concerto del coro, che era fatto di canti russi, spirituals, canti gregoriani, io ho cantato questo canto imparandolo da lei, e per impararlo l’ho ascoltato per giorni e giorni, e pur sapendolo non mi bastava mai per cogliere e ritrasmettere quell’intenzione e quella bellezza. Ascoltatelo.

Rondoni: Quindi l’incontro, la scoperta della dimensione di te che era più grande appena nell’accordo della tua voce, ha coinciso con l’esperienza di tradizioni diverse, non solo nel passato, ma anche di canzoni che vengono da altri posti. Si è creativi, come lo è Adriana, non solo perché uno fa del suo, ma perché valorizza, ascolta, tutto ciò che di altro parla come lui, di quello che lui desidera. È grazie a questo tipo di creatività apparentemente più umile, apparentemente con meno messa in scena di se stessi che noi abbiamo conosciuto le canzoni importanti tra le quali quella che noi ascolteremo, se tu ce la introduci, fatta dai tuoi ragazzi.

Mascagni: Sì, ho qui un bel gruppetto del coro a cui vorrei chiedere di cantare Sometimes come l’abbiamo imparata insieme. “Talvolta mi sento solo come un bambino lontano da casa, senza madre”. Canta Sometimes il mio piccolo grande coro. Grazie.

Rondoni: Visto che sono così bravi gli facciamo fare un’altra cosa.

Mascagni: Un pezzettino de I forzati. È un canto russo dei più drammatici che abbiamo appena inciso nel CD, Un coro, una storia.

Rondoni: Questo ascoltare e aver portato tra noi e per ciascuno i canti di altri popoli non è per un amore filologico o per un vezzo estetico, ma è perché, come ci è sempre stato insegnato, un popolo che non canta vuol dire che non è più un popolo; tuttavia un popolo non crea da solo i suoi canti, a meno che sia un popolo chiuso, cioè un popolo la cui origine è dettata da un’autodifesa o dalla resistenza in un posto. Noi, al contrario, siamo un popolo che è fondato da qualcosa che è un avvenimento, dall’avvenimento che propone alla nostra vita il vero, il giusto, il bello. Possiamo sentire come nostri i canti che vengono da un’altra parte del mondo, perché riconosciamo nostro quel vero, quel giusto e quel bello che ci genera, come popolo, che ci ha generato attraverso un incontro come popolo. Per questo i cristiani possono cantare i canti anche di popoli non cristiani o di tradizioni lontane dalla nostra. Noi siamo un popolo e il fattore che ci genera come popolo lo riconosciamo anche nei canti degli altri. Per questo non abbiano bisogno di farci i canti solo con il nostro gergo; sarebbe triste che un popolo sui generis, come diceva Paolo VI, come il popolo cattolico, facesse i canti come quell’estetica soffocata che si sente a volte nelle chiese, quell’estetica triste, quel dolciastro, come diceva Péguy, che deriva da un certo modo di intendere la bellezza clericale. Per questo possiamo fare dei canti come S. Angelo, i Forzati che adesso ascoltiamo. (Canta il coro).

Mascagni: Questa era la Russia; poi c’era il Brasile. (Il coro canta Fica mal con Deus). Lasciatemi cantare Vento que balança, perché questa è stata la prima canzone che ho imparato da un brasiliano, e da questa è iniziato tutto il nostro repertorio brasiliano. (Canta).

Rondoni: Quindi ci si può chiedere, visto che il tema del Meeting è l’eternità: come fanno tutta questa bellezza, tutte queste cose imparate, create e messe in circolo, a rimanere sempre giovani? Come fa a risorgere sempre un aspetto creativo nella vita? Come fa una vita ad essere così creativa? Questo è il problema dell’Eterno, perché l’Eterno si documenta nella vita come ripresa creativa continua, non come tempo sempre uguale, non come vita sempre uguale. L’Eterno entra nella vita come Resurrezione, quindi come ripresa creativa della vita, come punto in cui la vita comincia, riprende; per i cristiani l’Eterno non è l’assenza del tempo, perché nel tempo entra la Resurrezione. Come fa, allora, una vita a rimanere creativa, ad essere sorgente, una vena creativa, come fa a risorgere continuamente? Il problema che la storia di Adriana ci testimonia è quello dell’appartenenza, cioè del fatto che uno sta legato dove il fiume c’è, dove l’acqua rampolla. Allora la creatività non viene meno perché, se è vero che il canto è l’eco dell’Eterno, per creare il canto uno deve stare legato là dove la voce dell’Eterno rampolla, il punto storico in cui l’Eterno gli è venuto incontro. Essere creativi non è uno sforzo, non è far leva sulle proprie capacità, sulle abilità acquisite nel tempo, ma è stare attaccati là dove l’Eterno mi è venuto incontro, dove la mia vita ha trovato il suo punto di Resurrezione. Una vita continua ad essere creativa perché sta legata, perché appartiene al punto in cui l’Eterno entra nella storia. L’Eterno è entrato nel tempo della storia della vita. Per questo anche adesso, e non solo trent’anni fa, in un punto imprecisato dell’Eterno, tu hai imparato questi canti. Questo succede anche adesso per cui, attraverso questa disponibilità di Adriana, noi abbiamo sia delle sue nuove canzoni che dopo ascoltiamo, ma anche canti irlandesi che adesso ascoltiamo. C’è qualcosa che succede adesso. (Il coro canta Very last day).

Mascagni: Per concludere riprendo quello che diceva Davide, con due frasi; la prima è dell’inno del martedì di lodi: “È il cantico d’amore e d’allegrezza che nel seno del Padre è cominciato e all’entrar nel mondo Gesù Cristo innalza a nome di ogni creatura”. La seconda è nell’inno del giovedì: “Tace il creato e canta nel silenzio il mistero”. Mi sono chiesta tante volte che cosa è il canto, perché mi piace. Il canto, per me, è il punto più alto e sublime di tutte le arti, nel senso che la pittura, la poesia, quando sono arte, diventano canto. Ma qual è il canto iniziato nel seno del Padre? Quel canto che è il Mistero. Il canto è la voce del Mistero. È il Mistero in persona che canta. C’è già il canto. Quello che spetta a noi è l’incanto che ci suscita e dipende dalla capacità di ascoltare questo canto e ridirlo a tutti, interpretare; cantare è ascoltare. Incontrare il Mistero, incontrare l’Altro, ogni incontro con ogni altro che è segno di quell’Altro, è canto. Questo è ciò che mi affascina del canto. Per questo è così bello anche lo stare insieme. Ma per questo i momenti più tristi della mia vita sono stati quelli in cui non ho più avuto voglia di cantare. Grazie al cielo ho fatto ancora qualche canzone, per esempio, quella che dice “Manca poco, tra poco è già sera, ed ancora esco in cerca di Te”: non è finita, voglio farvela sentire per concludere.

Rondoni: C’è un modo che abbiamo per ringraziare Adriana, è cantare insieme la sua canzone che dà anche il titolo al Meeting.

Mascagni: Povera voce, ma come dico io, cioè pensando prima alle parole, e non concependola come una cosa da funerale, perché al contrario, è una canzone piena di certezza e di vita, ed è leggiadra.

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“Il canto: eco dell’eterno in una storia” - Meeting 2001