Superman è un eroe per tutte le stagioni?

 

‘Quando nel giugno del 1938 il personaggio di Superman fece la sua prima comparsa sulla rivista “Action Comics”, sicuramente nessuno (e soprattutto i suoi creatori, due ragazzi di nome Jerry Sigel e Joe Shuster) si aspettava che mezzo secolo più tardi l’uomo d’acciaio sarebbe stato il protagonista del fumetto più letto e conosciuto del mondo. Vale dunque la pena d’interrogarsi oggi sulle ragioni di un successo tanto vasto e, soprattutto, chiedersi se esso sia anche indifferenziato. Perché la sensazione è che, fuori dell’ambito americano, il consenso riservato a Superman sia di tipo “orizzontale”, cioè vastissimo, presso le giovani generazioni, ma rapidamente decrescente (sino all’abbandono totale) man mano che i lettori maturano intellettualmente. La cosa, d’altronde, trova spiegazione nella natura stessa del personaggio, nella sua mancanza di spessore: nato da una fusione abbastanza grossolana fra i miti superomistici della frontiera (da Paul Bunyan a Pecos Bill) e la fantascienza dei primordi, Superman non rappresenta null’altro che un tipico “sogno proibito” da nursey. Nell’America fra le due guerre – già abbondantemente avviata verso un soffocante matriarcato perbenista e conformista – quest’uomo che vola e realizza tutti i desideri, aggirandosi in un ridicolo costume alla Busby Berkeley, non è altro che la caricatura dell’Eroe Mitico – per di più in versione campione degli oppressi -, costruito in modo che le sue eccezionali qualità non suscitino l’invidia dei concittadini e, soprattutto, dei lettori. Autentico superuomo “illuminista”, Superman trova stimolo e consolazione in una cieca fede nel futuro ed in una censura assoluta col suo passato e con la sua cultura originaria, in una distorta nostalgia edenica che ne fa l’archetipo ideale dell’atteggiamento antistorico che da sempre contraddistingue la mentalità americana. Ma se questo fa di lui, per il pubblico d’oltreoceano, un tipico eroe consolatorio, ne fa anche, per il lettore europeo, un raro concentrato di banalità, da relegare senza rimpianto nella stanza dei balocchi. Ciò vale, purtroppo, solo per la lettura immediata del personaggio. Il suo substrato, la tentazione che egli rappresenta attraverso il suo archetipo superomistico – questo eroismo fatto di superpoteri e non di virtù, moralistico ma non etico, insomma, questa sorta di missionarismo laico al servizio di un bene dell’umanità preconfezionato come i cibi in scatola – ben lungi dall’essere esorcizzato, costituisce al contrario il vero male oscuro di questo XX secolo. Alex Voglino, Sergio Giuffrida’

Data

24 Agosto 1985 - 31 Agosto 1985

Edizione

1985
Categoria
Esposizioni Mostre Meeting