IL CASO SIRIA/2. DISTRUZIONE E RICOSTRUZIONE

IL CASO SIRIA/2. DISTRUZIONE E RICOSTRUZIONE

Partecipano: Radwan Khawatmi, Membro del Board of Directors della Fondazione Aga Khan Museum – AKM; Mario Mauro, Centro Studi Meseuro; Gian Micalessin, Giornalista.

 

Trascrizione non rivista dai relatori

IL CASO SIRIA/2. DISTRUZIONE E RICOSTRUZIONE

Lunedì 20 agosto 2018
ore 15.00

Partecipano:
Radwan Khawatmi, Membro del Board of Directors della Fondazione Aga Khan Museum – AKM;
Mario Mauro, Centro Studi Meseuro;

Introduce:
Gian Micalessin, Giornalista.

GIAN MICALESSIN
Buon pomeriggio, grazie di essere qui, ho l’onore di presentare questo incontro sulla Siria, ne abbiamo parlato per chi c’era un’ora e mezza fa, due ore fa, ma adesso ho il piacere di presentarvi due protagonisti della questione siriana da una parte l’ex ministro della difesa Mario Mauro, ex parlamentare europeo che ha vissuto in prima persona alcuni momenti salienti della storia del conflitto siriano soprattutto nel 2013 quando Mario Mauro era ministro della difesa e si trovò a partecipare a degli incontri decisivi per quello che si pensava un intervento occidentale in Siria ma è anche stato uno dei pochi politici italiani che in questi anni di guerra si è recato personalmente in Siria ha visto di persona quello che succedeva in quel Paese ed è stato capace, cosa non facile in questi lunghi anni di guerra, di prendere posizioni che andavano al di fuori di quella che era la linea dell’Occidente la linea comune delle cancellerie occidentali e dall’altra parte invece abbiamo un siriano che vive in Italia da quando ha diciassette anni ma che non può dimenticare le proprie radici perché è un siriano di Aleppo e i siriani di Aleppo sono dei siriani particolari sono i milanesi della Siria sono i cittadini che in Siria costruiscono il nerbo del commercio, degli affari, di quella Siria operosa che questi lunghi anni di guerra hanno in parte paralizzato ma non ucciso. Lui vive in Italia da quando aveva diciassette anni, ha fondato in Italia un industria del settore dell’elettronica che è un’ azienda collegata con il gruppo francese Thompson, che è una delle aziende leader che dà lavoro a cinquecento operai e impiegati italiani, quindi è un siriano che è venuto in Italia a fare l’imprenditore, ma è soprattutto è anche un membro della fondazione Aga Khan. Noi in Italia conosciamo l’ Aga Khan perché sostanzialmente l’Aga Khan fu quello che scoprì la Sardegna ma l’Aga Khan è molto di più, è una fondazione che lavora in tutto il Medio Oriente, in tutti i Paesi Mussulmani ed è una fondazione che si è caratterizzata sempre per la sua capacità di favorire il dialogo interreligioso, la convivenza nei Paesi musulmani e soprattutto favorire la ricostruzione in quei Paesi Musulmani dove le guerre, gli scontri, i conflitti hanno portato distruzioni e problemi. Anche da questo punto di vista oggi siamo ad una svolta importante nel conflitto siriano perché è finita la grande crisi della guerra e ci avviamo verso quella che potrebbe essere la ricostruzione la rinascita della Siria è in questa nuova fase Radwan con la Fondazione Aga Khan vuole avere un ruolo ben importante ben preciso soprattutto in quella Aleppo che è un patrimonio dell’umanità dal punto di vista artistico ma è un patrimonio economico dal punto di vista industriale dello sviluppo, ricordiamoci in questi anni di guerra tutta la zona industriale di Aleppo è stata razziata, i macchinari sono stati portati in Turchia, quindi c’è un intero mondo da riscostruire. Ma io incomincerei col dare la parola a Mario Mauro che ha vissuto da vicino, da politico le contraddizioni dell’Occidente di fronte al conflitto siriano. Mario Mauro era ministro della difesa quando l’Italia accettò le sanzioni europee della Siria era il 2012 l’anno più duro e più difficile della crisi e noi rinunciammo a delle relazioni con la Siria con cui eravamo il secondo partner commerciale mondiale. Sono elementi che fanno riflettere. Mario Mauro, come è stato vivere da politico questa fase del conflitto siriano?

MARIO MAURO
Buona sera a tutti, ringrazio il Meeting per l’invito che mi dà la possibilità di tornare su quella che probabilmente è la questione più controversa dello scenario globale degli ultimi anni. E che vi assicuro essere anche il punto di contraddizione più evidente che è portato in dote dalla frase che dà il titolo al Meeting. Se è vero, cioè, che le forze che muovono la storia sono anche quelle che fanno felice il cuore dell’uomo, è proprio vero che è dentro la vicenda siriana c’è il peso della riflessione che cento anni prima Alessandro Manzoni ha consegnato alla nostra attenzione. Manzoni, descrivendo la vicenda de “I Promessi Sposi” dice che c’è una storia dei potenti e una storia degli ultimi cioè che il senso della storia dei potenti lo capisci realmente solo se vai al fondo, al cuore della storia del più umile di quella vicenda umanissima tenera e drammatica che è stata la storia di Renzo e Lucia e provate a immaginare quanti Renzo e Lucia ci sono tra i dodici milioni di siriani che sono stati costretti ad abbandonare il proprio Paese o tra i settecentomila siriani che nella infame mattanza di questi anni hanno trovato la morte. Quel che voglio dire è che la questione siriana è molto di più di quello che noi abbiamo potuto capire attraverso il racconto dei media tante volte troppe volte addomesticato di proposito ma è anche molto di più di quello che hanno potuto spiegare le cancellerie dei Paesi che certo hanno il dovere di una composizione geopolitica ma che raramente sanno andare al fondo reale di una questione così grave. L’esempio più semplice che mi viene in mente per iniziare questo racconto e che forse è più comprensibile per chi ha la storia e l’educazione di un Paese come l’Italia è quello che è accaduto in Europa alla fine degli anni 1930 con la guerra civile spagnola. Innanzitutto la prima questione legata al termine, non era solo guerra civile quella di Spagna del 1936-38 e non è solo guerra civile o non è quasi per nulla guerra civile quella siriana divampata alla fine del 2011 perché in Spagna a un certo punto abbiamo avuto gli eserciti di sette nazioni grandi nazioni di quel momento che si contrapponevano: la Germania e l’Italia, la Francia e l’Unione Sovietica, la Gran Bretagna e addirittura contingenti di volontari che venivano dagli Stati Uniti. Bene, oggi, ancora oggi, sono presenti sul terreno siriano gli eserciti di ventidue differenti nazioni, ventidue nazioni, senza contare quei gruppi così detti Foreign Fighters che rispondono a realtà di nazionalità cecena, piuttosto che afgana, piuttosto che molte repubbliche caucasiche e ancor più di tanti paesi europei che hanno combattuto sotto la bandiera dell’Isis o di giabattal musral, vale a dire quella realtà che sul territorio siriano ha echeggiato la presenza di al qaeda in questi anni. Non è stata guerra civile anche perché è stata il centro dello scontro per una guerra tra potenze regionali che sono potenze rilevanti nello scenario mondiale. Non ci sarebbe stata la guerra di Siria cioè, se non ci fosse stato poderoso lo scontro tra l’Iran degli ayatollah e l’Arabia Saudita della famiglia degli Al Saud. Tra quei due paesi cioè che tengono in ostaggio la realtà del golfo e le difficoltà del Medioriente da decenni e che dispongono lo scempio delle regioni mediorientali semplicemente perché prevalga su quello scenario il punto di vista e gli interessi ora dell’uno ora dell’altro. Quindi, quando è stato portato sul tavolo delle cancellerie occidentali il tema siriano nel 2013, alla riunione della NATO di Vilnius, e gli inglesi e i francesi hanno chiesto riepilogando il copione già recitato sul tema dell’Iraq di poter bombardare i cosiddetti siti chimici dell’esercito di Assad nel 2013, io che pro tempore ricoprivo il ruolo di Ministro della difesa Italiano mi sono opposto perché ho messo davanti questi fattori che sono fattori di una realtà complessa ma non inconoscibile, difficile ma non irrisolvibile e che andavano giustamente rimossi e in quella singola circostanza una soluzione si trovò invece che bombardare a San Pietroburgo in un G20 a cui era ospite d’onore, evidentemente, la Russia di Putin si riuscì a trovare un’intesa perché le riserve di armi chimiche dei siriani venissero prese in carico dalla comunità internazionale, venissero caricate su navi e stoccate nel porto di La Spezia e poi dissolte da un’iniziativa promossa da organizzazioni non governative norvegesi ed americane a livello del circolo polare artico. Si è trovata cioè una soluzione che sapesse guardare non agli interessi di questo o di quello ma a quello che poteva essere effettivamente il bene da rappresentare ad una generazione. Tutto ciò è servito però a poco perché gli interessi degli attori regionali di questa tragedia hanno finito col prevalere, certo quelli dell’Iran che è alleato storico di Assad e degli alawiti sciiti che reggono le sorti della nazione siriana da molti anni, certo quelli dei sauditi che hanno trovato nei loro alleati strategici, penso a paesi come gli emirati, il pretesto per poter alimentare quei gruppi che in Siria ostracizzavano ed erano a contrasto di Assad ma che erano pesantemente infiltrati, per esempio dalla fratellanza mussulmana, che trovava sponda negli uomini di giabattal musral e quindi di al qaeda e poi facendo spazio, tramite la presenza dell’altro scomodo grande attore regionale la Turchia, addirittura ai combattenti del sedicente stato islamico. Allora attenzione, provate a fare una riflessione che fa venire le vertigini, di chi sono alleati strategici Turchia e Arabia Saudita? Degli Stati uniti d’America quindi della più grande potenza militare del mondo. Di chi è alleato strategico Assad, perché eredita l’alleanza tramite la vecchia Unione Sovietica e suo padre Hafiz al Assad? Ovviamente di Putin e della Russia. Quindi se la cosiddetta guerra civile siriana era una guerra che i media lasciavano che noi immaginassimo scontro tra i diritti conculcati delle minoranze che poi sono, in realtà, in Siria maggioranze sunnite, a dispetto del governo alla guida di Assad creando una dicotomia facilmente comprensibile ai più, i mussulmani sono divisi, sono separati, sono in rottura tra di loro, c’è una guerra civile, si può decidere se stare da una parte piuttosto che dall’altra. Da una parte c’è un dittatore storico, figlio di una famiglia di dittatori storici, e dall’altra c’è l’anelito di libertà che riecheggiava nel 2010 veicolato attraverso lo strumento mediatico delle primavere arabe. Ma come avete dall’accenno che ho solo fatto di quelli che sono gli altri elementi e fattori dello scenario, non è vero, perché in Siria c’è molto di più, c’è uno scontro tra potenze regionali che ha preso in ostaggio il territorio siriano oggi come vent’anni fa a preso in ostaggio il territorio iracheno e che quindi risolve la diatriba tra Iran e Arabia Saudita facendolo pagare sulla pelle a milioni e milioni di persone in giro per il mondo perché la guerra tra Iraq e Iran è costata un milione e trecento mila morti e c’è l’interesse di queste potenze regionali che chiama direttamente in causa le grandi potenze del mondo, gli Stati Uniti, la Russia, la Cina per molti versi oggi protagonista della ricostruzione siriana ma anche la Gran Bretagna, anche la Francia, anche quell’Unione Europea incapace di articolare una politica estera degna di questo nomee che, curiosamente, non capisce neanche il male che si fa da sola. Quel che diceva prima Gian Micalessin potrebbe essere riprodotto più volte. Chi è stato, chi era il principale partner commerciale dell’Iraq? L’Italia. Chi era il principale partner commerciale della Siria? L’Italia. Quindi quando si scatenano questi fenomeni così complessi, seppur uno non ha il diritto di credere che ci sia una congiura mondiale ordita contro l’Italia, ha però il dovere di difendere quell’interesse precipuo delle proprie relazioni internazionali e questo si fa, soprattutto, facendo emergere la verità. Allora in questi anni che cosa è accaduto? Da un alto che la decisione americana di non far nulla che contrastasse gli interessi dei suoi alleati storici nell’area, Turchia e sauditi, ha accelerato il fenomeno della devastazione di questo paese perché la devastazione è stata di fatto affidata a compagnie mercenarie ne più ne meno come nel nostro cinquecento quanto i lanzichenecchi arrivavano a Roma e devastavano la Santa Sede su ingaggio del cattolicissimo Imperatore di Spagna e, nello stesso tempo, queste compagnie della morte hanno percorso la Siria in lungo e in largo determinando che cosa? Che come mosche impazzite sotto un bicchiere, fino a dodici milioni di persone, i siriani si spostassero vorticosamente nel loro territorio e ogni volta che si aprivano le frontiere tracimassero andando in Libano, il Libano è un paese di quattro milioni di abitanti dove ci sono quasi due milioni di profughi siriani, la Giordania dove ci sono più di settecento mila profughi siriani, la Turchia, grandissima, ma dove ci sono altri due milioni e mezzo di profughi siriani e un milione è certo arrivato anche in Europa sulla scia di un dramma di morte che ha travolto non solo la civiltà millenaria di questo paese, non solo la cultura, le testimonianze archeologiche, storiche, come racconterà poi Radwan che è uno dei pochi che al mondo si è posto il problema della ricostruzione di quel paese ma, soprattutto, della distruzione di una modalità di convivenza che era un faro per il mondo intero arrivando a colpire le minoranze cristiane presenti in quel paese che, sostanzialmente, sono stati non solo decimati ma che hanno subito una persecuzione così grande cui ha potuto far fronte solo una consapevolezza ancor più grande della propria vocazione storica e per questo, e mi appresto a chiudere, che il racconto che facevo all’inizio cioè il comprendere che dentro la vicenda siriana c’è il paradigma della stortura della guerra ma soprattutto il paradigma della stortura di un racconto della guerra che fa strage, non solo delle persone, ma del senso dell’esperienza storica che ogni persona vive. Che cosa intendo dire? Che quando due perone perdono tutto, come è avvenuto in Iraq a Quaragosh per i cristiani di Quaragosh, ma come è avvenuto ad Aleppo per i cristiani e per i musulmani, come è avvenuto a Damasco nella Guta, come è avvenuto ad Homs, come è avvenuto a Raqqa perdono tutto ma sentono falsificata la verità della propria storia da un racconto che non racconta la tragedia che è loro accaduta, ma quel che si vuol far comprendere al mondo perché il mondo stia con la coscienza tranquilla. Perché si sa che questa è stata una guerra senza innocenti ma un grande dramma a danno di milioni di innocenti è avvenuto ed è il dramma che passa attraverso l’inganno che è stato ordito impedendo che la verità venisse fuori una volta per tutte. Oggi sono passati sette anni, questa morte ha comportato costi gravosi per la Siria. Questa storia di disperazione ha comportato lutti inenarrabili e nello stesso tempo pone sulle spalle della comunità internazionale una responsabilità senza precedenti perché, se non si riuscirà a pacificare la Siria, la Siria sarà stata non semplicemente una guerra cattiva, cattiva, di grandi falsità, ma una guerra che innesca un’altra guerra. [20.01] Perché noi non siamo alla fine del conflitto siriano, ma siamo alla nascita di un ipotetico nuovo conflitto che può stravolgere l’intero medio oriente, e ve ne do subito la prova. Ho parlato dell’interesse turco nell’area, sapete che Erdogan da tempo ha cambiato l’asse della propria geopolitica. Non è più l’Erdogan che vuole entrare in Europa ma l’Erdogan che pratica una politica neo ottomana che vuole riprendere la leadership in quell’area e sottrarla ai sauditi di quello che è il mondo sunnita. L’interesse di Erdogan quindi, per una volta, non coincide perfettamente con gli interessi sauditi, questo ha costretto gli Stati Uniti a fare una scelta e, dopo tante titubanze, gli Stati Uniti quella scelta l’hanno fatta. Il contrasto che oggi l’amministrazione Trump vive con i turchi fa da sponda alla vendita di 111 miliardi (miliardi!) di armi, che all’inizio del suo mandato Trump ha contratto con l’amministrazione saudita e con Mohamed bin Salman (minuto 21:14) cioè col nuovo capo della monarchia degli al-Saud. Nello stesso tempo riverbera in quel conflitto il contrasto con l’Iran, ma quando in medio oriente si parla di contrasto con l’Iran si pone il problema della sicurezza di Israele; Israele non può permettersi sul territorio siriano la presenza di truppe iraniane, meno ancora dei filo iraniani dell’Hezbollah libanese, il partito di Dio, perché questo rappresenta un problema diretto per la propria sicurezza, quindi il territorio siriano è ostaggio diretto di questa complessità internazionale, ed è anche innesco di una bomba senza precedenti che può portare ad un conflitto mondiale. Vi faccio una domanda: ce n’è a sufficienza perché l’occidente si preoccupi di tutto questo? Ce n’è a sufficienza perché l’Europa si preoccupi di questo, dal momento che l’innesco della bomba non è ai 10.000 km dell’Afghanistan ma è a 200 miglia marine scarse dal territorio italiano? E ce n’è soprattutto a sufficienza perché di tutto questo ci preoccupiamo noi, gli italiani, e ci sentiamo noi leader di una mediazione che possa nel tempo rendere ipoteticamente plausibile un tentativo di ricostruzione? La ragione per la quale con Radwan siamo venuti a farvi questo racconto è il cominciare a fare quel tentativo di descrizione di un re-inizio di una ripresa che possa essere la ripresa anche dei quel filo della storia, quel fino dove è comprovato che la storia degli umili è il vero senso della storia dei potenti, cioè che se non si tenta di dar risposta alla sofferenza di molti di quei bambini che avete visto in foto per commuovere, ma non per convincere a mobilitarsi. Se non si trova la risposta a quello, anche la storia degli stati sarà ancora una volta tradita.
Vi ringrazio.

GIAN MICALESSIN
Io penso che dovremmo essere grati a Mario Mauro per la passione e anche con la lucidità con cui ci ha descritto le incognite che ancora gravano sul futuro della Siria. Incognite gravissime nel momento in cui c’è un conto della ricostruzione che secondo alcune stime ammonta a 425 miliardi, una somma incredibile soprattutto in un paese che è ancora in guerra o dove, come ha detto Mario Mauro, i fantasmi di una guerra ancora peggiore sono ben presenti. Io penso che Radwan, da siriano, sia la persona che oggi possa meglio rispondere a questa domanda. Mario Mauro ci ha tratteggiato le due esigenze, non soltanto quella di ricostruire materialmente la Siria, ma anche quella di ricostruirla spiritualmente. La Siria è un modello di stato unico in Medio Oriente, ricordo che il nostro presidente Napolitano nel 2010 quando andò ad incontrare Bashar al-Assad disse “questo giovane è un esempio per tutte le leadership medio-orientali, perché governa in uno stato laico, uno stato dove è garantita la convivenza tra le diverse comunità religiose.
Quello che mi preme chiedere a Radwan è: è possibile ricostruire questa Siria? E’ possibile ridare vita questa Sira nella sua bellezza fisica ma anche nella sua bellezza spirituale e politica?

RADWAN KHAWATMI
Prima di rispondere a questa domanda volevo raccontare la mia storia con il Meeting. Questa è la seconda volta che vengo al Meeting, la prima volta sono venuto circa 39 anni fa, e ne ho avuto l’onore e il piacere. A quei tempi dirigevo il dipartimento medio-orientale del Pio Manzù e a margine del meeting incontrammo il presidente Andreotti che partecipò quell’anno. Presentammo un progetto, che era un sogno a quei tempi, di invitare il presidente dell’OLP Yasser Arafat al parlamento italiano, affinché Arafat dichiarasse che possono esistere due stati e due popoli che possono vivere in pace. Dicevano che era un’illusione di un sognatore, ma dopo varie trattative e dopo circa un anno di serrate trattative segrete il Presidente del Consiglio Spadolini accettò che Arafat visitasse l’Italia ma non che fosse ricevuto da lui. Fu ricevuto dal parlamento italiano e Arafat in quella data dichiarò che “due popoli possono vivere e convivere assieme”, e da quell’incontro fatto a margine del Meeting di Rimini si aprirono le porte per gli accordi di Oslo tra palestinesi e israeliani. Mi tocca quindi in modo particolare ritornare dopo 39 anni a rivivere questo che in un certo modo ha cambiato la storia del medio-oriente. Per parlare di cosa abbiamo attualmente in Siria dovrei parlare di un paese dove noi abbiamo vissuto musulmani cristiani ed ebrei in pace per secoli. Quando i nostri fratelli armeni furono massacrati dai turchi nel ‘15-’18 noi cittadini di Aleppo abbiamo aperto le porte ed abbiamo accolto 30.000 armeni che vivono tutt’ora con noi, parte di loro vivono ancora ad Hasake di cui l’amico Buccellati si ricorda molto bene, ed Aleppo fu la culla delle tre civiltà che vivevano assieme. Oggi la situazione è radicalmente cambiata, io vi voglio far vedere solo l’immagine della moschea Omayyadi di Aleppo prima della sua distruzione.
Scorrono alcune foto commentate (min 28:45)
Qui potete vedere tutte le operazioni che abbiamo portato a termine come fondazione Aga Khan, perché noi ci occupiamo di ristrutturazioni di siti storici che vengono consegnati alla loro popolazione. Questa è la cittadella di Aleppo dove abbiamo lavorato ristrutturando la parte interna consegnandola alla popolazione e al governo locale. Abbiamo inoltre ristrutturato tutti i passaggi di ponti storici di Aleppo. Anche in altri luoghi abbiamo fatto ristrutturazioni e riconsegnato alla popolazione: a Kabul, in Afghanistan, Il Cairo, Mahli. Abbiamo fatto un museo dell’arte islamica in Canada, che viene considerato il più grande museo per l’arte e gli oggetti islamici. La moschea di Aleppo viene considerata la seconda dopo La Mecca in quanto è l’unica moschea riconosciuta sia dai sunniti che dagli sciiti, il minareto della moschea di Aleppo alto 41 metri che fu costruito sulla cattedrale di S.Elena e quindi ha un valore estremamente importante anche per i cattolici cristiani. La moschea è stata distrutta ad opera dell’Isis, entrati nel mio paese, 100.000 criminali provenienti da tutto il mondo. Se sono, come dichiarano di essere, musulmani in quanto fautori dello Stato Islamico, per quale motivo distruggono la più importante moschea nell’Islam? Il minareto è stato collassato. Noi come commissione abbiamo i nostri tecnici e riusciamo a capire dal livello della distruzione delle pietre se il minareto è stato colpito dall’alto, e quindi dall’aviazione russa o quella del regime di Assad o dal basso attraverso dinamite che viene messo dall’interno. E’ stato minato dal basso, dagli uomini dell’Isis. A nome di fondazione Aga Khan ed io mi sono impegnato personalmente a presentare il progetto per la ricostruzione, abbiamo consegnato questo progetto alle autorità locali religiose e civili affinchè decidessero per la data di inizio della costruzione, perché è un lavoro molto impegnativo in quanto siamo riusciti a raccogliere tutte le pietre che sono cadute, siamo entrati con i nostri uomini mentre Aleppo era occupata dall’Isis ed abbiamo prima di tutto portato via tutte le macerie e abbiamo cercato di conservarle, classificato tutto e verificato le cose che mancano, poi abbiamo lavorato in gran silenzio per progettare la costruzione della moschea. Oggi decideranno i siriani quello che ci sarà da fare per quanto riguarda questo. Questo è il progetto, e poi ci siamo occupati anche per quanto riguarda il piazzale, questo è un prototipo di quello che abbiamo fatto. Questi sono alcuni di noi che sono andati ad insegnare le maestranze locali.
Scorrono immagini (34.43-36.17)
La mia città, come dicevo, aveva aperto le sue porte ed era la porta tra l’oriente e l’occidente. Noi festeggiavamo comunemente il ramadan con il santo Natale e si celebravano matrimoni misti affinchè un giorno il fanatismo religioso alleato del terrorismo internazionale, foraggiato con fiumi di denaro da alcuni paese petroliferi decidono di cavalcare una innocente primavera araba, che desiderava democrazia e libertà ed ecco le porte dell’inferno aprirsi sulla magnifica terra della Siria dall’Eufrate verso il Tigri. E così per noi è iniziata la non proclamata terza guerra mondiale: ci sono oltre 100.000 cosiddetti ISIS provenienti da tutto il mondo, si sono mescolati agli eserciti turchi, russi, francesi ed americani in una disastrosa lotta armata che ha determinato la distruzione del 70% del mio paese. Vi illustri filmati ad opera di una nostra troupe che riprendono le zone storiche del centro di Aleppo, in particolare la moschea che abbiamo visto e delle altre parti. Ora se possiamo vedere questo suq di Aleppo, questo proprio siamo all’inizio del 2011 all’inizio della guerra civile. Suq di Aleppo lungo 14 km totalmente coperto è stato costruito circa 1000 anni fa. Guardate come hanno ridotto l’estremismo religioso il suq di Aleppo, questo filmato mi colpisce in modo particolare perché io sono cresciuto in questo suq. Questo è un nostro drone che vola a circa 1,5 m a filmare le cose che hanno fatto loro. Questo suq che avete visto nel suo splendore. Questi grandi buchi che vedete erano i negozi all’interno. Questa in fondo è la linea di demarcazione. Ovviamente questa è una parte del suq come vi dicevo, perché è molto grande, perché sono arrivati anche da altre parte dove non sono riusciti a distruggerlo, hanno bruciato dove potevano farlo, magari il prossimo filmato vi da l’idea. Questo non sono riusciti a distruggerlo, ma sono riusciti a bruciarlo. Ok, ora mi chiedo quale vantaggio aveva l’ISIS di bruciare e poi distruggere l’arteria economica di una città che consideravano la capitale economica del cosiddetto stato islamico e che si estendeva dall’Iran fino alla Siria. La risposta vi assicuro è drammatica: volevano cancellare l’identità e la storia millenaria di un paese che era la culla della civiltà, volevano annientare qualsiasi elemento che riuniva le tre religioni monoteistiche simbolo della tolleranza e della pace, e vi posso assicurare, cari amici, che la volontà e la determinazione del popolo siriano hanno prevalso su questa folle ideologia del fanatismo che sperava con i loro proclami di arrivare fino a Roma. Noi attraverso il nostro braccio operativo dell’Aga Khan trust per la cultura eravamo già presenti in Siria prima della guerra civile, avevamo già portato a termine progetti culturali, ultimo del quale la ristrutturazione della grande cittadella di Aleppo. Abbiamo deciso di inviare i nostri migliori tecnici e ingegneri durante la guerra civile per essere a fianco del popolo siriano affinchè iniziassero le ricostruzioni del paese. Il primo progetto era la ricostruzione di suq a Sakatia, che vi farò vedere, poi abbiamo sviluppato i nostri progetti rispettando perfettamente il modello preesistente con particolare attenzione all’utilizzo delle stesse pietre recuperate faticosamente. Vi posso assicurare che entro il mese di marzo del prossimo anno consegneremo ai legittimi proprietari questa meravigliosa struttura antica perfettamente recuperate e funzionale. Abbiamo anche ultimato la progettazione della grande moschea che avete visto, consegnando la documentazione alle autorità competenti, abbiamo portato a termine uno dei più grandi studi topografici e progettisti relativo alla mappatura di tutti i siti antichi, compresi i palazzi, le piazze e i centri storici della cosiddetta zona storica del centro di Aleppo grazie a tali studi possono iniziare realmente la ristrutturazione di un’area che ha come diametro 8 km ma dove sono concentrati tutti i beni storici più importanti della Siria. Questo enorme sforzo ha richiesto l’utilizzo di una avanzata tecnologia ma soprattutto l’intelligenza di uomini che hanno sempre creduto che la cultura è l’unico collante fra i popoli. Abbiamo coinvolto le maestranze locali, come avete visto, affinchè diventino loro i veri protagonisti della ricostruzione del loro paese. Una nota estremamente positiva desidero dividerla e illustrarvi le immagini, se possiamo vedere quelli delle porte. Guardate queste meravigliose… queste sono due porte che risalgono al quarto e al quinto secolo, sono porte di basalto, ognuna pesa circa 130-150 kg, erano le porte di una chiesa, una si trova vicino ad Aleppo e l’altra nella zona di Oran, nel centro della Siria. Questi sono i simboli incisi su queste porte, ecco la porta, questi sono venuto a conoscenza che una famiglia di collezionisti italiani e marchigiani deteneva questi due beni meravigliosi che rappresentano la vera storia della Siria. Portati dalla Siria negli anni 60, quindi prima della famose legge che vietava praticamente le vendite e le esportazioni, le tenevano nel loro caveau buio, questa è la mia storia, il mio paese, qui sono nati i nostri antenati, non potevo restare indifferente, ho fatto una serrata trattativa, ho ceduto perché hanno capito dal mio viso che non potevo uscire senza comprarli, li ho acquistati e, come vedete, sono imballati perché la prossima settimana prendono il volo e li restituisco al popolo siriano come mio dono, da cittadino italiano e siriano. Questi sono gli imballi che aspettano questo volo, anche i siriani feriti con questa guerra civile, io credo che questa sia una nota estremamente importante. Concludo subito con un altro aspetto, avete sentito come sono state massacrate le minoranze iazide e cristiane, venivano massacrati sulla carta di identità, quindi basta che si chiami George o Emile ecc. e venivamo massacrati dall’ISIS sia dalla parta sud dell’Iraq, sia dalla parte purtroppo della Siria. Io non ho eserciti, non posso reagire, io sono un mussulmano ho un bambino piccolo, l’unica reazione contro questa malvagità, ho portato il mio bambino da mussulmano in una chiesa a Roma e l’ho battezzato nel nome di Dio.
Questo è il mio messaggio al terrorismo.

GIAN MICALESSIN
Un grazie a Radwan per questa testimonianza, forse noi cristiani con difficoltà possiamo capire cosa significhi fare una cosa del genere in una cultura mussulmana in un momento difficile e di intolleranza come era quello del 2015, battezzare il proprio figlio per riconoscere i diritto dei cristiani a vivere fianco a fianco dei mussulmani. Io penso che questo sia stato un esempio unico, veramente. Ma voglio tornare a Mario Mauro, ecco, Mario Mauro, tu hai spiegato molto bene questa posizione dell’occidente, è una posizione che molto spesso, quando io faccio le conferenze, quando racconto il mio libro, non viene capita, tutti chiedono: “ma perché l’occidente voleva far cadere un, certo un dittatore, ma un dittatore che in fondo combatteva contro quegli estremisti fondamentalisti che hanno colpito l’America in Iraq, che hanno colpito le nostre città in Europa, eppure è quasi sembrato che noi volessimo favorire i nostri nemici, che il principale obiettivo del conflitto siriano, da parte dell’occidente, fosse quello di far cadere Bashar Assad per permettere la nascita di uno stato islamico su tutto il territorio siriano. Ricordo nel mio libro, cito un documento del 2012 della DIA, l’intelligence del pentagono, che dice chiaramente, continuando la situazione attuale, entro pochi mesi si formerà nel Nord-Est della Siria un califfato islamico. Era, praticamente, il riconoscimento di quello che sarebbe successo nel 2014 con la formazione dello stato islamico in Siria e in Irak. Ecco, perché l’America e anche l’Occidente era pronta ad appoggiare i propri nemici?

MARIO MAURO
Si grazie. Torno su quanto detto poc’anzi, cercando in modo ancora più sintetico di provare a rappresentare questioni controverse. Perché parlo di guerra senza innocenti? Perché nell’approccio che gli stati hanno ai conflitti, ciò che prevale non è il recupero di legami comuni e magari di una comune identità; quanto piuttosto degli interessi legati, per esempio all’energia, alla posizione geostrategica, alle materie prime, all’esigenza di essere “dominus” in un’area culturale e politica, che poco centrano con quanto si è messo in comune con l’esperienza di secoli se non addirittura di millenni. Per quello che riguarda il Medio Oriente, il Medio Oriente è all’ attenzione di apprendisti stregoni da diverse centinaia di anni; uno di questi apprendisti stregoni è stato sicuramente l’impero Ottomano, che per molto tempo ha controllato e convogliato quelle che erano le spinte autonomiste e nazionaliste delle popolazioni di matrice araba, sino a quando, in prossimità del proprio implodere, prima della fine della prima guerra mondiale, si è trovato a fare i conti con la grande tensione unitiva che ha percorso il mondo arabo, e che è da ascrivere principalmente ad una parte politica, quella dei partiti che hanno messo assieme il papà di Bashar al-Assad, Hafiz al-Asad, il presidente Nasser in Egitto, e la dittatura di Saddam Hussein in Irak. Questi partiti, cioè i partiti nazionalisti arabi, quelli che hanno proposto, nella formulazione di Nasser, la dottrina pan-araba, sono i partiti che hanno retto lo scenario medio orientale per dei decenni, che hanno trovato la propria leva di propulsione nella grande vicenda del conflitto Israelo-Palestinese. Quindi, da un lato, hanno animato le guerre ad Israele su un fronte, e dall’ altra, la predominanza in termini ideologici di quelli che erano i partiti di matrice islamistica; tant’è che hanno sempre tenuto sotto il proprio tallone la Fratellanza Musulmana, cioè quelle realtà di matrice fondamentalista, a cui hanno appartenuto, prima di fondare Al Qaida, Ayman al-Zawahiri il numero due di Al Qaida, cioè il medico egiziano che ha aiutato Osama Bin Laden a costruire la rete anti occidentale. Cosa accade ad un certo punto? Che il verbo pan-arabo trova la sua sublimazione nella nascita della Rau, nessuno se lo ricorda, ma quelli che hanno la mia età se lo dovrebbero ricordare, alla fine degli anni ‘60, inizi degli anni ‘70, nasce la Repubblica Araba Unita che mette assieme tre grandi nazioni, l’ Egitto, la Siria e L’Irak. Neanche ce lo ricordiamo che avevano generato uno stato comune, è un’ esperienza che dura pochissimo, credo non più di due anni e mezzo; ma che fa capire a che punto sia arrivata quella parabola, che tentava di secolarizzare la dottrina islamica e di far confluire nell’ area dei paesi non allineati gran parte del mondo medio orientale. Che cosa succede con la vicenda dell’ Afghanistan? Gli americani, che avevano sempre avuto un’interlocuzione con i partiti pan-arabi diffidenti, perché questi partiti erano di ispirazione socialista, pur non essendo schierati con l’Unione Sovietica, avevano come interlocuzione privilegiata quella con i russi, tant’è che molte delle loro classi dirigenti avevano studiato a Mosca. Bene, l’America, decide di rompere con questi partiti e alimenta con soldi e con appoggio politico-militare i wahabiti di Osama bin Laden che in Afghanistan supportano la lotta dei mujaheddin contro l’Unione Sovietica. Il congresso americano, coscientemente, alimenta la decisione di supportare la lotta antisovietica in Afghanistan e, in mezzo agli altri combattenti, come gli uomini del comandante Massoud, che rappresentavano la parte più occidentalizzata del mujaheddin; da il via libera, tramite i servizi segreti pakistani, alla rete di al Qaeda di Osama bin Laden. Cioè fa qualcosa tipica degli apprendisti stregoni, crea qualcosa che non sarà in grado di dominare, di controllare. L’esito di quella vicenda lo conosciamo, 2001, l’11 settembre le torri gemelle; da quel momento in poi, l’utilizzo di queste formazioni fondamentaliste, in cui è determinante un principio molto chiaro, Dio è preso a pretesto per la realizzazione del proprio progetto di potere.
Serve sia all’interno della lotta nel mondo arabo, tant’è che Osama bin Laden prova addirittura a far fuori (57:41)…. in Arabia Saudita, ma anche nei rapporti fra mondo arabo e occidente, perché, evidentemente, non c’è metafora più chiara che quella del crociato per far capire che occorre una mobilitazione delle masse arabe per supportare un proprio approccio e un proprio progetto per il potere in quelle regioni, un potere che ha come esito immediato il controllo delle fonti di energia, di risorse inimmaginabili. La Siria non è che l’ultimo tassello di questo percorso, e quindi di volta in volta, le posizioni assunte dall’ occidente, hanno rincorso, o strumentalmente i bisogni degli alleati storico-strategici, per esempio dei Sauditi, o volte si sono contrapposti a quelle esigenze, perché facevano saltare l’intero banco. Pensate alla vicenda turca, i turchi sono il secondo esercito della Nato, se sommate le forze armate dell’ Italia, della Germania, della Francia, della Gran Bretagna anche se uscita dall’ Unione Europea, non arrivate all’ organico delle forze armate turche; allora capite bene quanto è delicato assumere posizioni che possano portare alla destabilizzazione di un’ area regionale in cui la Turchia non è semplicemente primus inter pares, ma vuole essere dominus, vuole essere il padrone dei rapporti, delle relazioni internazionali di quell’ area. Ecco cosa è successo, ecco perché è cosi difficile ricostruire una credibilità dell’ occidente in queste aree, ma allora, per venire ancora alla domanda, che centriamo noi? Non potremmo starcene a casa e lasciare che ognuno faccia la sua partita, rimanendo fuori da questioni che quando ci hanno visto coinvolti, ci hanno visto coinvolti creando qualcosa di inenarrabile? Io sono nato in un piccolo paese del Sud, nato e cresciuto in mezzo ai vicoli; quando succede qualcosa che crea tensione, qualcosa che coinvolge le famiglie e coinvolge al punto che è difficilissimo mettersi in mezzo, che fanno quando accade qualcosa che può aprire la strada di una faida?
Cercano qualcuno, cercano la donna più autorevole, il giovane più forte, l’uomo più anziano e più saggio, il prete, il carabiniere, qualcuno che si metta in mezzo, questo è il senso di responsabilità che noi dobbiamo avere. Noi dobbiamo essere capaci di metterci in mezzo, dentro la strategia geopolitica, si chiama interposizione, ma dentro la percezione che noi abbiamo della realtà, si chiama carità, perché è l’espressione della passione più grande che è quella per il destino dell’ uomo e dei popoli. Senza quella non c’è partita, perché c’è spazio solo per il male; guardate, credetemi, che cosa ho visto io in Siria, anche recentemente? Attraverso gli occhi dei bambini? Ho giocato con i bambini in mezzo alle strade di Aleppo, mi hanno portato dove facevano il fine giornata, cioè dove avevano raccolto quello che i bimbi orfani raccolgono durante una giornata di giochi in bicicletta girando una città distrutta, e ho visto che cosa hanno raccolto, ho fatto le foto di cosa hanno raccolto, decine e decine di ordigni esplosivi, bombole di gas, di GPL piene di chiodi e pezzi di bulloni, razzi pezzi di RPG cioè strumenti di morte in un contesto in cui il mondo ha perso la ragione e ha pensato che la ragione fosse la somma di interessi economici particolari, dimenticando che è ragione solo ciò che rende possibile la convivenza fra i popoli. Questo è il senso di questo incontro, questo è il senso di una propaganda che bisogna avere a cuore, che non è la propaganda dei media, non è cioè la propaganda di una velina costruita a tavolino per riuscire a portare avanti il progetto di potere che gli stati hanno, i quali si fanno dispetti reciproci per poter supportare quel progetto. Ma è una propaganda che definisce lo spazio di umanità che ci è rimasto, quindi la possibilità per noi di far venir fuori la verità, ciò che rende possibile l’incontro vir qui adest, uno che ti viene incontro, e che ti aiuta a fare i conti con la realtà, rendendo possibile un umanità nuova.

GIAN MICALESSIN
Io vorrei concludere questo incontro con due domande a Radwan. Girando per la Siria, in questi anni di guerra dal 2012 al marzo di quest’anno, quello che mi ha colpito, molto spesso, è stata la simpatia verso noi italiani, “Voi italiani, siete come noi, perché ci avete dimenticato? Perché non ci avete aiutato?” Siamo in un momento che ci porterà probabilmente alla ricostruzione, c’è ancora spazio, per l’Italia, nel cuore dei siriani? Un’ altra cosa che mi ha colpito, incontrando anche le comunità musulmane, in tutta la Siria, da Aleppo a …(1.03.54), tutte mi dicevano: aiutate a far tornare i cristiani, perché i cristiani sono il cuscinetto, l’ammortizzatore che ha permesso a tutte le nostre comunità musulmane di convivere, e di lenire i conflitti. C’è la possibilità per i cristiani di tornare ad avere quel ruolo nella Siria?

RADWAN KHAWATMI
Comincio con la seconda, una parte della nostra famiglia purtroppo è stata attaccata, i nostri fratelli cristiani. Noi li stiamo aspettando, perché assieme a loro abbiamo costruito la nostra civiltà in Siria. Con i nostri fratelli cristiani abbiamo una lotta molto bella, fra chi costruisce la mosche più bella e chi fa la chiesa più interessante. Ci sono delle foto ad Aleppo in cui le moschee e le chiese sono muro a muro, a noi mancano moltissimo, non vediamo l’ora che questa pace torni in Siria e si ricomponga la nostra famiglia, perché per noi Cristo e Maometto sono profeti e sono quelli che hanno dato a noi l’insegnamento. Devo dirti che purtroppo la nostra popolazione ci fa troppe domande, alle quali non riusciamo a rispondere; dicono che siccome l’ISIS era ben presente nel nostro territorio, e hanno visto quello che è stato fatto, distruzione al 70 % del nostro paese. Ci sono nomi e cognomi dei finanziatori, alla testa dei quali sta l’emiro del Qatar, che ha nel suo paese la più grande base americana del Medio Oriente. Non riescono a capire, gli americani finanziatori dell’ ISIS, a queste domande noi vorremmo che un Italia coraggiosa dia una risposta, perché abbiamo sempre creduto in questo paese. L’ospedale italiano rappresenta ancora un punto di riferimento per noi, per questo motivo io mi auguro che Dio illumini le nostre strade per tornare ad un paese ancora migliore.

GIAN MICALESSIN
Grazie a Rawdan, grazie a Mario Mauro, vorrei terminare con un piccolo ricordo personale; Rawdan ci diceva come le moschee fossero l’orgoglio per i musulmani, ma anche per i cristiani, e viceversa le chiese fossero orgoglio sia per i cristiani che per i musulmani. Mi ricordo che ad ottobre 2015, uno dei momenti più duri e neri della guerra, entrai in quel suk che avete visto distrutto, e con il governatore di Aleppo raggiunsi la moschea degli.(1.07.10).
Accanto a me c’era un cristiano, che era la mia guida, il mio amico, Saman, e quando il governatore ci mostrò il minareto caduto, Saman si appoggiò alle mie spalle e pianse, vedere quel minareto caduto, lo colpì così tanto che per due minuti non riuscì a muoversi, restò impietrito di fronte a quelle rovine, perché, per lui cristiano, la caduta di quel minareto era la caduta di una parte della Siria che amava e che conosceva.

RADWAN KHAWATMI
E’ questa la reale situazione di convivenza civile, io credo per questo siamo stati puniti, noi, sia ad Aleppo, sia in tutta la Siria per il forte rapporto che ha caratterizzato la nostra vita, ma vinceremo e ricostruiremo la Siria ancora più forte.

Data

20 Agosto 2018

Ora

15:00

Edizione

2018

Luogo

Arena Cammini B2
Categoria
Arene