DAL MEETING DI RIMINI AL MEETING CAIRO: UN CAMMINO DI LIBERTÀ

Dal Meeting di Rimini al Meeting Cairo: un cammino di libertà

Partecipano: H.G. Bishop Armiah, Vescovo Generale della Chiesa Ortodossa Copta; Wael Farouq, Vicepresidente del Cairo Meeting, Docente presso l’Istituto di Lingua Araba all’Università Americana del Cairo; Marianne Malak, Deputato al Parlamento egiziano; Hossam Mikawi, Giudice e Presidente della Corte del Cairo Sud; Ambrogio Pisoni, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; S.Ecc. Mons. Kyrillos Kamal William Samaan, Vescovo di Assiut e Amministratore Patriarcale della Chiesa Copta Cattolica in Egitto. Introduce Emilia Guarnieri, Presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli.

 

DAL MEETING DI RIMINI AL MEETING CAIRO: UN CAMMINO DI LIBERTÀ

Data:
Sabato, 25 agosto 2012

Ora:
ore 15:00

Partecipano:
H.G. Anba Armiah, vescovo generale della Chiesa Ortodossa Copta; Wael Farouq, Vicepresidente del Cairo Meeting e Docente presso l’Istituto di Lingua Araba dell’Università Americana del Cairo; Marianne Malak, Deputato al Parlamento egiziano; Hossam Mikawi, Giudice e Presidente della Corte del Cairo Sud; Ambrogio Pisoni, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; S.Ecc.Mons. Kyrillos Kalam William Samaan, vescovo di Assiut e Vicario della Chiesa Copta Cattolica in Egitto.

Moderatore:
Emilia Guarnieri, Presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli.

MODERATORE:
E così siamo arrivati a questo ultimo incontro della XXXIII edizione del Meeting. A questo ultimo incontro, forse anche per questo lo abbiamo collocato in fondo per dare un segnale dio cosa sia il Meeting. Questo ultimo incontro documenta una delle esperienze e degli incontri più stupefacenti che siano accaduti in questi trenta tre anni di Meeting. Stupefacenti in senso stretto, cioè che destano stupore. Cosa è successo, che cosa anche oggi vediamo? Un cuore, il cuore di un uomo, educato nella tradizione musulmana che incontrandoci si è trovato percosso, che ha sentito vibrare ancora più intensamente la sua umanità – dopo se non dico giusto Wael mi correggerà, perché Wael l’italiano lo capisce – che ha sentito risvegliato il suo desiderio di felicità e che ha sentito che anche altri amici incontrassero la stessa realtà umana che lui ha incontrato. Questa è la storia che dal 2006 ci lega a Wael Farouq a Hossam Mikawi e a Tania Jibali, che oggi non è qui presente con noi ma che avrebbe dovuto essere presente qui tra di noi. Quindi, il primo applauso, il primo saluto è per loro perché è la prima cellula di quello che è successo. Di questo non me ne abbiano gli amici autorevoli che non ho ancora presentato, che il primo saluto sia andato a loro, ma abbiamo imparato e impariamo dal cristianesimo Eccellenza che tutto quello che di grande ci accade, ci accade per una storia. E allora qui se dobbiamo guardare alla storia non possiamo non partire dai nomi che ho appena fatto. Ma questa amicizia, questo incontro che con loro è accaduto documenta anche un ‘altra cosa che in questi giorni, direi in questi anni, abbiamo ripetutamente detto e cioè che gli uomini cominciano a dialogare tra loro, si incontrano non perché partendo dalle loro diversità vanno a cercare le poche cose in comune che hanno, ma perché partono da qualcosa che è prima e che già hanno in comune e questo qualcosa è il cuore. Prima Hossam parlando, raccontando dell’esperienza di Meeting Cairo diceva: “noi questo lo facciamo con il nostro cuore e a partire dal nostro cuore. Questo desiderio del cuore è quello che precede tutto e che poi ci fa diventare amici. Da questo primo nucleo di amicizia tra loro con noi è nato Meeting Cairo 2010. E intorno a Meeting Cairo 2010 l’amicizia tra i primi con cui noi eravamo entrati in rapporto ha generato molte amicizie. Gli amici che voi vedete ora intorno a questo tavolo sono tutta questa storia di unità e di rapporto che si è progressivamente costruita. E adesso ve li presento in ordine di come forse andavano presentati: S.Ecc.Mons. Kyrillos Kalam William Samaan, vescovo di Assiut e Amministratore Patriarcale della Chiesa Copta Cattolica in Egitto, che è qui con noi per la prima volta e che veramente ringraziamo. S. Ecc. Mons. Kyrillos giunge qui anche con il caldo e affettuoso saluto di Mons. Nagib che l’anno scorso è stato qui con noi. Vado avanti nelle presentazioni. Abbiamo qui Don Ambrogio Pisoni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Don Ambrogio è una grande parte di questa storia, di questo rapporto. Se noi abbiamo conosciuto i nostri del Cairo lo dobbiamo alla sua insistenza perché questa amicizia accadesse. E’ poi con noi Marianne Malak, Deputato al Parlamento egiziano, donna. Wael Farouq, Vicepresidente del Cairo Meeting e Docente presso l’Istituto di Lingua Araba dell’Università Americana del Cairo, Hossam Mikawi, Giudice e Presidente della Corte del Cairo Sud. E infine il signor Magdi Shenuda, Consigliere giuridico del Centro Culturale Copto al Cairo, che ci leggerà il messaggio di S. Ecc. Armiah, vescovo generale della Chiesa Ortodossa Copta, che no ha potuto essere presente qui, ma che abbiamo conosciuto lo scorso anno. Grazie. E ora, meglio di quanto le mie parole possono avere fatto, gli amici hanno preparato un filmato che gli ho chiesto: “su che cosa è?” e Wael mi ha detto: “su di noi e sulla nostra amicizia”.

TRASMISSIONE DI UN VIDEO

MODERATORE:
Vi traduco solo l’ultima scritta. Le altre penso che le immagini le abbiano adeguatamente rese anche se non abbiamo potuto leggere, tranne forse pochissimi, comunque era il percorso come credo si vedesse, appunto, della nostra amicizia, della nostra storia fino ad arrivare, le ultime immagini erano quelle della presentazione che è stata fatta a giugno della seconda edizione di Meeting Cairo e in fondo l’ultima diapositiva portava il titolo che sarà “Educazione alla libertà”. Ora, sì possiamo applaudire a questo punto, il signor Shenouda ci leggerà il messaggio di sua Beatitudine il vescovo Armiah, vescovo generale della Chiesa ortodossa coopta. Prego.

MAGDI SHENOUDA:
Ringraziamo il Meeting di Rimini e ringraziamo coloro che lo hanno organizzato per il gentile invito a noi a partecipare e per il loro sostegno continuo. Ci scusiamo per la mancanza alla partecipazione al funerale di Abuna Paulos, il Patriarca della Chiesa Ortodossa di Etiopia, per esprimere il nostro apprezzamento del Meeting di Rimini e dei suoi organizzatori, ho tenuto molto a partecipare attraverso questo messaggio. L’Egitto ha la capacità di trasformare le conoscenze in comportamento civile e di far alzare gli ideali e di diffondere il sentimento e lo spirito della tolleranza, della libertà, della pace ai quali invitano tutte le religioni. E così come è stato menzionato nel Corano, nella Sura delle Stanze Intime: “O uomini, in verità noi vi abbiamo creato da un maschio e da una femmina e abbiamo fatto di voi popoli vari e tribù, a ché vi conosceste a vicenda. Ma i più nobili fra di voi è colui che più teme Dio.” E nell’Antico Testamento leggiamo: “Ama lo straniero, perché siete stati stranieri.” E nel Nuovo Testamento: “Amate i vostri nemici.” La volontà e la saggezza divina ha voluto creare gli uomini diversi nella loro comprensione e nelle fedi, e se Dio volesse avrebbe creato tutta l’umanità di una sola nazione. Da questo punto di partenza quindi ho sentito quanto ha detto il papa Giovanni Paolo II nel 1982, dopo la partenza del Meeting di Rimini, quando disse Sua Santità: “Andate e costruite una civiltà della cultura del dialogo, della pace e dell’amore.” Proprio perché la cultura è il criterio migliore per investire e costruire una società nella quale troviamo alte lo spazio del sapere e della tolleranza, della democrazia, dove troviamo lo sviluppo della civiltà e il rafforzamento dei valori della cittadinanza e dell’innovazione culturale e dello spirito critico attraverso il dialogo e la citazione dell’altro. Dove troviamo uno scambio e una comunicazione sociale all’interno e all’esterno con le altre società. Quindi da questo punto di partenza è iniziata la cultura in Europa nel secolo XVIII e all’inizio del’800, il significato della cultura divenne la modificazione delle capacità dell’uomo attraverso l’istruzione, l’educazione per lo sviluppo umano e per il suo benessere. Dopo vi fu uno sviluppo ulteriore delle forme della cultura, qui volevo accennare alla capacità dell’uomo e allo sviluppo del genere umano, e con l’avvento del secolo XX-XXI la capacità umana è partita verso la creatività, accenniamo questo alle esperienze in grado di influire sui comportamenti degli uomini. In ogni società troviamo criteri che sono diversi relativamente, criteri culturali, troviamo anche criteri diversi all’interno della medesima cultura, così sorgono istituzioni come quella del Meeting di Rimini in Italia e del Meeting del Cairo, nato ultimamente con una iniziativa di questi cari fratelli. Sono quattro cavalieri che hanno lanciato queste iniziative. E quando Sua Santità Shenouda III ha inaugurato il centro culturale copto, disse: “Questo è un centro culturale per tutti gli egiziani. È uno strumento per presentare agli altri la cultura degli egiziani.” E così, questo fu anche il traguardo del Meeting del Cairo, fu quello di insegnare alla gente come convivere con le differenze culturali e come possono partecipare insieme e vivere insieme senza che uno debba perdere la proprio cultura, la propria identità. Quindi impariamo la cultura dell’accettazione dell’altro così come disse il noto litanico David Anderson [24.36], non dobbiamo presupporre di essere indipendenti e che gli altri siano malvagi, non possiamo pensare di rifiutare l’altro in base alla sua religione, alla sua etnia o alla sua razza, perché la cultura del rifiuto dell’altro sorge dall’egoismo e può portare a tentare di eliminare l’altro, e questo è molto lontano da quanto hanno portato le religioni e le culture autentiche. Se il titolo del prossimo incontro è l’educazione sui valori della libertà, dobbiamo sapere che raggiungere la libertà è comprendere le basi del dialogo, i suoi pregi, quindi il dialogo deve essere costruttivo, positivo, e non deve essere negativo, distruttivo, attraverso il quale dobbiamo imparare il comportamento e dobbiamo arrivare con sincerità, con timore di Dio, pensando bene dell’altro e di questo quanto abbiamo iniziato con voi qui del Meeting di Rimini. Molte grazie.

MODERATORE:
Grazie Signora Shenouda, grazie attraverso di lei il Vescovo Arnia, ora per l’incedere di questo nostro incontro che sarà comunque abbastanza essenziale, vorrei porre una prima domanda ai nostri interlocutori. La domanda è questa: qual è la questione fondamentale che a vostro avviso l’Egitto pone oggi? Ma, più in particolare, di che cosa secondo voi il popolo egiziano oggi ha bisogno? La vostra esperienza diversa per i diversi interlocutori, la vostra ottica personale come risponde a questa domanda? Di che cosa c’è bisogno oggi per il popolo egiziano? Chiederei a Wael Farouq di iniziare questo giro di risposte.

WAEL FAROUQ:
Buona sera, ciò di cui ha bisogno l’Egitto, la patria e la società è esattamente e precisamente ciò di cui ha bisogno l’uomo egiziano, le crisi economiche e sociali che affronta l’uomo possono essere un pozzo profondo dal quale è difficile uscire, ma possono anche essere un’opportunità per una ripartenza verso nuovi orizzonti e per realizzare ciò che non potevamo immaginare nel passato se la routine delle nostra vita non fosse cambiata. Le crisi sono un invito a fare operare la ragione, sono invito al cambiamento, un invito al contribuire alla costruzione di un nuovo mondo, se la necessità è la madre dell’innovazione, la persona aperta sulla propria realtà e sugli altri ne è il padre legittimo.
Ciò di cui ha bisogno l’Egitto oggi lo vediamo incarnato su questo podio, vediamo uomini e donne, uomini di religione, giuristi, scienziati, politici, imprenditori, Musulmani e Cristiani, liberali, islamici e socialisti. Vediamo giovani e vecchi, vediamo egiziani e non egiziani. In sintesi vediamo il gruppo del Meeting del Cairo. Il gruppo la cui forza risiede nella capacità di trasformare la differenza in un energia positiva, costruttiva, pertanto il Meeting del Cairo accoglie la differenza ed il pluralismo. Il Meeting del Cairo non è altro che una festa alla ricchezza umana, ciò di cui ha bisogno l’Egitto oggi è questa esperienza umana, l’uomo è così, la società non possono trasformare il fallimento in successo e la crisi in opportunità senza l’amore che vediamo incarnato su questo podio e senza un vero partenariato e una liberazione. La parola partenariato e liberazione possono essere tradotte in italiano in comunione e liberazione.

MODERATORE:
Marianne di che cosa ha bisogno l’Egitto oggi?

MARIANNE MALAK:
L’Egitto ha bisogno di molte cose, tuttavia la cosa più importante di cui ha bisogno l’Egitto oggi è lo sviluppo del sistema d’istruzione perché senza un istruzione i popoli non progrediscono, pertanto la cosa più importante di cui ha bisogno l’Egitto oggi è sviluppare l’istruzione, un istruzione aperta verso le esperienze e le culture degli altri popoli. La cosa di cui ha bisogno l’Egitto oggi è di mettere da parte tutte le nostre differenze politiche, il popolo egiziano dimentichi tutte le differenze politiche e che ci mettiamo insieme per costruire un futuro migliore per l’Egitto.

MODERATORE:
Giudice Hossam di che cosa ha bisogno il popolo egiziano oggi?

HOSSAM MIKAWI:
Comincerò le risposte dicendo che l’Egitto non ha bisogno di un Faraone o di un Cesare.
L’Egitto ha bisogno in questo momento di giustizia, perché la giustizia è il messaggio di tutti i profeti e questa giustizia non sarà realizzata se non attraverso una magistratura indipendente. Noi abbiamo un esigenza pressante di uno stato di diritto, di una magistratura forte in grado di difendere, proteggere queste libertà e di concedere questi diritti. La libertà religiosa e la libertà politica sono strettamente connessi con la sicurezza e la serenità ed è questa, la cosa di cui abbiamo un estremo bisogno oggi. Nessun potere ha il diritto di limitare la libertà religiosa attraverso lo strumento legislativo. Se la gente venisse privata dalla libertà di credo e dalla libertà intellettuale nessun altra libertà potrà aver significato o spazio. Il modo vero, lo strumento vero per raggiungere queste libertà e comprenderle è quella via dell’istruzione, quell’istruzione è la via unica che possa garantire ad una nazione forte di preservare la propria identità. Abbiamo bisogno di chi ci tracci oggi una mappa chiara per progredire e portare avanti e sviluppare il sistema di istruzione egiziano specialmente i programmi di educazione in quel sistema, perché l’istruzione ha anche un aspetto politico estremamente importante. Esso è il mezzo per la formazione della personalità nazionale coesa. Grazie.

MODERATORE:
Vi ringrazio anche della vostra essenzialità ma non perché così l’incontro finisce prima ma per un’altra ragione, perché l’essenzialità con cui state rispondendo, dico questo prima di cedere la parola a sua Eccellenza, l’essenzialità con cui state rispondendo e come se stesse con tanta chiarezza costruendo il puzzle di quello che la vostra realtà insieme, la vostra amicizia è. Se noi mettiamo insieme le parole che avete detto, che cosa ha bisogno l’Egitto? di un esperienza umana. Di che cosa ha bisogno l’Egitto? di educazione e di istruzione. Di che cosa ha bisogno l’Egitto? di giustizia e di una magistratura libera. In Italia questa frase riecheggia molto, molto prossima. E come se, si mettessero in fila proprio i tasselli di una storia umana. Eccellenza di che cosa ha bisogno l’Egitto oggi?

KYRILLOS KAMAL WILLIAM SAMAAN:
Ma prima di rispondere alla sua domanda, professoressa, vorrei a nome di sua beatitudine eminentissima, il cardinale Antonio Naguib, patriarca della Chiesa copta cattolica che indegnamente rappresento in mezzo a voi oggi, ringraziare la professoressa Guarnieri, Don Ambrogio, e tutti gli organizzatori del meeting di averci invitato a partecipare. Ma ho due altri motivi per ringraziare gli organizzatori di aver riservato proprio l’ultimo evento di questo meeting 2012 al nostro caro Paese: l’Egitto, e ai nostri problemi; grazie. E per ultimo ringrazio veramente a nome di tutto il popolo egiziano per aver organizzato il meeting del Cairo 2010 e sarà la seconda edizione 2012. Di che cosa ha bisogno il popolo egiziano? Riassumo in tre episodi. Prima del 25 gennaio 2011, dopo il 25 gennaio e oggi. Prima del 25 gennaio lo esprimevano chiaramente i giovani sulla piazza Tahrir, in tre parole: “aish orreja adalattemaja” – il popolo egiziano ha bisogno di vivere. Vivere e trovare vitto e alloggio. Il problema economico pesa tanto sul popolo oggi. Vuole la libertà e di questa libertà hanno parlato tutti i miei amici, il giudice Hossam, il professor Wael, Marianne, tutti hanno parlato di questo, perché è un elemento essenziale. È di questo punto subito vorrei sottolineare il documento molto apprezzato che il Azzhar ha emesso pochi mesi fa sulle libertà e serve di base, veramente, per procedere sulla via delle libertà in Egitto, libertà in tutti i sensi, non soltanto libertà di culto, ma libertà di pensare, libertà di esprimersi, libertà per gli artisti, per i giornalisti: tutti quanti. E per ultimo chiedevano la giustizia sociale, perché vedevano che il Paese ha tante risorse che andavano tutte nelle tasche di pochissimi e invece la stragrande maggioranza viveva nella povertà. Quindi aish orraja dalactemaja, tre elementi, questo è quello che chiedevano prima del 25 gennaio. Subito dopo il 25 gennaio accanto a questi tre punti, emergeva un altro punto messo in atto da vari interlocutori: la sicurezza. L’egiziano non si sente sicuro nel proprio Paese, ci sono tanti episodi di rapimento per chiedere soldi, tanti atti di violenza e violenze ingiustificate, e la sicurezza è ancora da ricostituirsi dopo la caduta della sicurezza del 25 gennaio. Secondo il mio parere, il (la cosa) più essenziale, l’Egitto ha bisogno di una formazione di coscienze, di un’educazione al rispetto mutuo, all’accettazione mutua. L’Egitto è un Paese molto, molto religioso, mussulmani e cristiani sono tutti molto religiosi, però molti egiziani hanno bisogno di capire il senso profondo della religiosità. Un religioso che conosce bene la sua religione non farà mai del male all’altro. Basta così.

MODERATORE:
Ma per non interrompere il suo pensiero, eccellenza, comincerei da lei con la seconda domanda così lei può proseguire. La seconda domanda che vorremmo rivolgervi è questa; oggi noi abbiamo titolato il nostro incontro “dal meeting di Rimini al meeting Cairo: un cammino di libertà”; ognuno di voi è rispetto a questo fatto umano, a questa esperienza umana, come diceva anche Wael a proposito del meeting di Rimini, ognuno di voi ha rispetto a questo fatto, a questo fenomeno, evidentemente un approccio diverso, cioè che qualcuno lo ha iniziato, qualcuno lo ha incontrato a un certo punto … questo fatto, quest’esperienza di meeting Cairo, dalle diverse ottiche, dalle diverse prospettive, dai diversi tempi: che cosa significa per ognuno di voi? Che cosa rappresenta proprio come esperienza personale e qual è il giudizio che su di esso date?

KYRILLOS KAMAL WILLIAM SAMAAN:
Prima di tutto devo confessare che non ho avuto la fortuna di partecipare al meeting del Cairo, non avevo la funzione che ho adesso e poi ero fuori l’Egitto. Però ho sentito parlare, ho incoraggiato, ho mandato tanti giovani della mia diocesi a partecipare. Poi ho sentito quelli che hanno partecipato, ho sentito sua beatitudine il patriarca, i due vescovi, monsignor Volta, monsignor Babotros e i giovani soprattutto e tutti, tutti sono convinti che è una cosa essenziale, di cui abbiamo tanto bisogno. Grazie, grazie agli organizzatori, grazie al meeting, a Rimini, che ha iniziato questo, che ha fatto questa iniziativa al Cairo, perché, ecco, noi siamo all’inizio di una via di trasformazione completa del nostro Paese e abbiamo bisogno dell’esperienza di altri e voi ci date quest’esperienza, ci date questo appoggio cercando di venirci incontro e di incoraggiarci a continuare a fare la seconda edizione del meeting del Cairo perché tutti sogniamo di un nuovo Egitto, di un nuovo mondo. Ma un nuovo mondo, disse Benedetto XVI pochi giorni fa nella sua Omelia all’occasione della solennità dell’assunzione della Beata Maria Vergine, dice: tutti vogliono un mondo migliore, ma un mondo migliore senza Dio non ci sarà. Un mondo migliore lontano da Dio non si realizzerà. Quindi dobbiamo mettere Dio al centro di tutto, la vera religiosità, come dicevo prima, nel centro di tutto, per poter andare avanti su questa via di miglioramento per fare una nuova rivoluzione. Molti parlano di una nuova rivoluzione in Egitto, io sono del parere che una nuova rivoluzione però coinvolge tutti gli egiziani, 90 milioni, rivoluzioni d’amore, rivoluzione del cuore che trasforma tutti i cuori e inculca i principi di amore fraterno, di dialogo mutuo e di collaborazione. Grazie.

MODERATORE:
Hossam, la tua esperienza. Ti abbiamo visto nel filmato, tu sei uno degli iniziatori, ti abbiamo visto lavorare sui tavoli, sappiamo anche che il primo ufficio del meeting Cairo erano i cofani della tua auto parcheggiata sotto i vostri uffici, quindi che anche voi avete cominciato così, proprio perché il cuore metteva in moto. Cos’è il meeting Cairo?

HOSSAM MIKAWI:
Per quanto mi riguarda, l’esperienza del meeting del Cairo non ha influenzato soltanto il mio lavoro nel meeting del Cairo, ma ha influenzato anche il mio lavoro come giudice, perché nella mia prima visita a Rimini qui, dopo aver letto il Senso Religioso di Don Giussani, dopo quella lettura, ho avuto quest’idea pressante, quando Don Giussani parla dell’idea della realtà e che io affinché possa conoscere una persona e farmi un’idea della persona devo incontrarlo nella realtà. Il realismo della realtà come base per conoscere l’altro, per conoscere le persone perché puoi credere di essere in divergenza con una persona, ma nel momento in cui avviene quest’incontro diretto, questa convinzione puoi cambiare totalmente. Quindi mi sono posto questa domanda, questo quesito, specialmente per il mio lavoro come giudice: come giudica un giudice? Secondo un’idea di giustizia o attraverso le consuetudine e le tradizioni. Così mi sono detto, così come ha detto Don Giussani nel suo libro, che il giudice, il suo tribunale deve essere un tribunale umano, nel quale giudica attraverso la realtà. C’è una storia, un aneddoto che sentivamo all’inizio del mio lavoro come (?sostituto?) Procuratore nel 2002, un (?sostituto?) Procuratore stava interrogando una ragazza che è stata aggredita dai suoi genitori per far uscire un demone che abitava il suo corpo, e quindi la (? … ?) ha iniziato: “cosa hai sentito? Cosa hai subito?”. Ha detto: “mio padre, mia madre, mi hanno picchiata fortemente per far uscire un demone dal mio corpo”, per cui quando è stata interrogata, la voce della ragazza è cambiata in una voce maschile e quindi subito il Procuratore ha pensato che il demone è tornato, e ha iniziato a chiedere al demone direttamente e ha detto: “come ti chiami?”, e ha detto il suo nome e ha detto un nome maschile, l’età: “ho duecento anni”, e perché ha scelto il corpo di questa ragazza semplicemente “perché mi piace questo corpo”. E quando il Procuratore ha finito il suo interrogatorio, la ragazza è un imputato, un altro imputato che non vede, che è quel demone presente, e quindi è andato dal suo superiore e ha detto: “mi devi dire cosa devo fare ora. Quindi sulla carta abbiamo un imputato che si chiama – e ha citato il nome – e ha duecento anni ed è un demone che abita il corpo di questa ragazza”. Quindi da questo aneddoto ho imparato, che io come giudice non devo giudicare attraverso le carte processuali, ma devo giudicare attraverso la realtà. E nel mio lavoro pubblico, spesso dicono che il giudice debba essere neutrale, imparziale. Tuttavia, dopo questa esperienza del meeting del Cairo e dopo tutti questi volti che abbiamo incontrato attraverso i fratelli mussulmani, salafiti, cristiani ,cattolici, ortodossi, protestanti, volontari da tutte le scuole delle università, abbiamo imparato che dobbiamo tutti, come credenti, non fermarci soltanto alla neutralità, perché la neutralità soltanto non è sufficiente. Dobbiamo passare alla neutralità positiva. Quindi se vedo nella tua religione qualcosa che può aiutare la mia religione o che mi può aiutare a conoscere l’altro, e a raggiungere la verità e ad essere più vicino a Dio, questa è un’opera buona. Ho imparato dal meeting del Cairo che la forza risiede nel cuore e solo il cuore. Ancora oggi, quando sono arrivato a Rimini, con mia moglie, lei non parla l’italiano o l’inglese, tuttavia diceva, attraverso lo sguardo degli occhi, riesco a comprendere l’altro. Il meeting del Cairo, speriamo che in futuro, possa essere quell’ombrello ampio per tutte le forze, tutte le correnti religiose politiche … come punto di partenza (??) che siamo tutti desiderosi di raggiungere attraverso il dialogo, portarlo a un dialogo positivo attraverso la realtà senza dubbio dopo la lettura del Senso Religioso di Don Giussani. Molto … ho costruito un articolo che ho intitolato: “il senso del giudice e come il giudice giudica” e ho cominciato a diffondere questa idea tra i miei colleghi, soprattutto procuratori e giudici. Abbiamo iniziato a studiare come il realismo deve essere la via autentica che guida i giudici nel suo lavoro, quindi io considero il meeting del Cairo e la nostra presenza nel meeting di Rimini, un anno dopo l’altro, una grande occasione per uno scambio di esperienze. Speriamo che alla prossima edizione del meeting del Cairo (potremo?) trovare ancora più esperienze attraverso una maggiore partecipazione, soprattutto attraverso i volontari che parteciperanno da tutti i Paesi, specialmente dall’Italia, perché ciascuno di noi possa scoprire l’esperienza di vita dell’altro. Grazie.

MODERATORE:
Marianne la tua prospettiva che oggi è anche una nuova prospettiva, quella di essere appunto deputata al parlamento, qual è la tua esperienza?

MARIANNE MALAK:
La mia esperienza è veramente unica perché per poter rispondere a questo quesito ho bisogno di dirvi che questa risposta è il segreto del mio successo nel parlamento perché l’esperienza che ho vissuto nella preparazione nella partecipazione come volontaria nel meeting del Cairo poi successivamente la partecipazione al meeting di Rimini, è quella che mi ha aiutata ad affrontare un nuovo mondo che non avrei mai immaginato di poterci partecipare, che è il parlamento egiziano dopo la rivoluzione. La sorpresa è che ho scoperto di essere in grado e capace di lavorare collaborare con i deputati stalattiti e mussulmani. Ho scoperto di essere la più giovane di tutto il parlamento egiziano e nella storia dell’Egitto nessuno prima di me era più giovane. Ho 27 anni e il successo del mio successo nel parlamentare egiziano non è la mia giovane età ma perché ho imparato dal meeting del Cairo a amare la differenza. E sono riuscita ad essere un punto d’incontro tra varie correnti, ho imparato dal meeting del Cairo di amare la differenza e ho imparato che la differenza è la base del dialogo e che nella differenza troviamo i punti di incontro. E questo fatto, il segreto del mio successo: è quello che ho imparato dal meeting del Cairo è quello che ho visto attraverso le mie partecipazioni al meeting di Rimini. Vorrei dirvi, raccontarvi una storia una cosa che mi è accaduta al parlamento egiziano: ho un collega deputato della salaffita che non saluta nessuno ne uomini ne donne. Questo collega entra ogni giorno in parlamento nelle commissioni parlamentari senza salutare nessuno. Un giorno sono entrata in commissione e ho preso l’iniziativa l’ho salutato, ho detto buongiorno. Allora dopo un momento di silenzio così come ho fatto con voi adesso, poi mi ha guardato, così, e ha detto buongiorno, sorridendo con stupore. Dopo ogni giorno è lui che prende l’iniziativa di salutare di dare il buongiorno, non solo mi manda dei messaggi nelle feste religiose e quando sono assente, chiede di me, si informa, e siamo diventati oggi amici. E’ questo un esempio che fa capire che prendere l’iniziativa con la buona opera porta il suo frutto e che la persona può costruire ponti di comunicazione e cosa che porta a un rispetto reciproco e a un dialogo costruttivo e a un orizzonte dove c’è spazio per tutti. Pertanto colgo questa occasione per ringraziare Dottor Wael Farouq perché mi ha consentito di essere volontaria del meeting del Cairo e ringrazio anche la professoressa Emilia Guarnieri, Don Ambrogio per tutto ciò che mi hanno insegnato: l’amore dell’altro l’accettazione dell’altro, anche se di un’altra religione, di un altro carattere, altra nazionalità. Non so accettare ma di fare spazio nel mio cuore di aiutarlo così come è perché amare la persona, amare non ha nulla a che fare con la religione, con l’etnia, con la cultura, ma nasce dall’amore e l’amore è un sentimento. Pertanto ringrazio dal profondo del cuore perché il segreto del mio successo nel parlamento e nella mia vita privata, nella politica nonostante la mia giovane età lo devo a queste persone. Grazie. Vi ringrazio.

MODERATORE:
Credo che se qualcuno di noi ancora poteva dubitare che il punto stupefacente di tutta questa vicenda e storia del rapporto con gli amici egiziani di meeting Cairo, se qualcuno poteva ancora dubitare che la questione non fosse un’esperienza umana che si comunica primo ma un’esperienza umana che poiché è vera determina un rinnovarsi dell’esperienza umana di chi la incontro. Credo che gli interventi che abbiamo sentito fino ad ora, la testimonianza di Sua Eccellenza Monsignor Kyrillos che da il giudizio su quello che ha visto e ha sentito, siano proprio nella direzione di come dire, di metterci un’altra volta davanti agli occhi con stupore quello che si comunica nella vita, quello che serve nella vita è un’esperienza umana. Chiudiamo questi interventi egiziani con Wael, la tua esperienza.

WAEL FAROUQ:
Anzitutto chiedo scusa al traduttore perché non sono andato avanti col testo che avevo dato, non fa niente. In verità Marianne parla con umiltà ma lei è una dei giovani dai quali ho imparato moltissimo il momento profondo che ho vissuto nel meeting del Cairo è stato proprio con questi giovani. Uno dei giovani che non era molto convinto di lavorare con i cristiani ma faceva qualcosa per l’Egitto e noi come egiziani abbiamo sempre apparire in modo decente davanti al mondo pertanto ci teneva molto a essere educato, affinchè per farci appare in modo civile, decente. E dopo un periodo di lavoro con gli altri mi ha guardato, questo giovane, con un grande stupore nello sguardo, negli occhi e mi ha detto guardando al nostro collega cristiano, come può io amo questa persona, non vi posso descrivere quello che ho sentito in quel momento, ho sentito che tutto ciò per il quale lavoriamo ha un senso. Questo è la fonte della speranza che continua a ripetere ogni volta che vengo a Rimini, questa natura umana che riflette un rapporto con Dio è vera autentica e è concreta nel nostro mondo. Abbiamo visto, vissuto nel meeting del Cairo molte esperienze, cercavamo di seguire i nostri cuori in esse, cercavamo di essere intelligenti per poter superare i molti ostacoli che abbiamo affrontato ma la nostra scelta fu sempre quella dell’amore e la fonte della nostra forza era l’amore, l’amore quando ci ha invitato la polizia di sicurezza distatoci ha convocato chiederci di cacciare Dr .. membro della fratellanza islamica dal gruppo del meeting del Cairo questa persona, questa grande persona che apprezziamo che rispettiamo e che amiamo nonostante la differenza ideologica che abbiamo con lui, l’amore ci ha impedito di obbedire alla polizia di sicurezza di stato. La persona non vi è una verità che non viene incarnata in una persona, in un essere umano. Noi portiamo una responsabilità una grande responsabilità perché noi siamo la manifestazione di Dio in questo mondo. Il finam dello spirito dell’islam e arabi dice: l’uomo è un piccolo mondo e il mondo è un grande uomo e io vi dico dopo tutto quello che ho vissuto nel periodo recente che il cuore di un piccolo uomo pulsa ogni istante di amore ed è in grado di iniettare vita e speranza nelle vene di tutto il mondo. Molte grazie.

MODERATORE:
Don Ambrogio, tu, Meeting Cairo, dicci come vedi questa cosa, anche, se vuoi, come è il tuo rapporto con questa storia, con questi amici

AMBROGIO PISONI:
Una piccola cronistoria. Si trattava, allora, di trasferirsi al Cairo per un anno; lo scopo, semplice ed affascinante: iniziare ad immedesimarsi nel magma incandescente del mondo arabo cominciando a studiarne la lingua. Così, il dottor Paolo Caserta lasciò la sua Firenze per approdare sulle rive assolate del Nilo. Aveva tutta l’aria di essere un’operazione culturalmente dignitosa, e in effetti lo era. Correva l’alba del terzo millennio e l’imprevisto era in agguato. Nella fattispecie ebbe il volto e il cuore del professore Wael Farouq, docente di Lingua Araba nella scuola dei Padri comboniani cui il nostro Paolo si era iscritto. Due giovani uomini che provengono da due mondi molto diversi, distanti tra di loro, e che si trovano accomunati da uno stesso desiderio e dalla medesima curiosità, cioè, lo struggimento per la bellezza che si propone come solido fondamento di ogni rapporto autenticamente umano; si incontrano, si stimano, mettono in comune conoscenze e domande, intuizioni e prospettive. Il mio primo incontro con Wael in quella Piazza Tahrir destinata a diventare famosa, fu la conferma della eccezionalità di un evento che si annunciava gravido di altre sorprese. La prima, fu che sopravvissi miracolosamente alla cena di quella sera! Paolo, poco dopo invita Wael a visitare il Meeting di Rimini. Un fatto che segna profondamente il giovane docente egiziano. La bellezza non appartiene dunque al limbo dell’utopia, si è intrufolata nella storia e può plasmare un’esperienza. E Wael non si sottrae a questo contagio, comunica ai suoi amici la novità accaduta e li invita a conoscerla. Approdano in quattro a Rimini ed è il classico colpo di fulmine! Anche l’Egitto ha bisogno di un fatto del genere, non sono i primi che lo dicono, venendo qui, sono i primi che lo fanno. Tornano in patria e si mettono al lavoro. L’esito sorprende tutti in quella fine di ottobre del 2010. Il sommovimento che cambierà e sta ancora cambiando il mondo arabo è alle porte, in tutta la sua imprevedibilità. Intanto al Cairo si è consumato l’inatteso: decine di persone si sono mosse per preparare quello che ormai tutti chiamano il Meeting Cairo e centinaia vi hanno partecipato. Come un fiore sbocciato improvviso dalla terra di un deserto, che fino ad allora pareva pago, contento della sua promessa di aridità; proprio qui sta la novità e la sfida dell’evento del Meeting Cairo. Uomini e donne destati alla radice del loro desiderio e che si mettono in movimento, un entusiasmo non sentimentale, e l’amore non è un sentimento, è un giudizio, che li mette all’opera e che permette loro di stupirsi di fronte ad un esito straordinario rispetto all’esiguità delle premesse. La ferrea legge dell’esperienza non ammette però eccezione alcuna. Il desiderio deve diventare domanda, non si può vivere di desiderio, e la domanda deve sbocciare nel lavoro arduo e affascinante del giudizio, il quale deve diventare la forma, cioè il cuore, di una azione tenace, cioè paziente, fedele e creativa, cioè la testimonianza di una libertà autentica. In poche parole, riecheggiando don Giussani, è il tempo della persona. La temperie culturale che sta sconvolgendo il mondo arabo non sfugge alla inesorabilità di questo giudizio. L’alternativa non ammette sfumature; o ci si mette al lavoro per la costruzione tenace e paziente di un nuovo soggetto storico in grado di educare uomini che possano dire “io” con verità, oppure il potere mostrerà ancora una volta la sua maschera tirannica, così che i nuovi farisei che spesso hanno partorito facili primavere, avranno buon gioco a registrare l’inevitabile e prevista vittoria dell’inverno. Questa è la sfida che ci troviamo di fronte, su questa e sull’altra sponda del Mediterraneo: accogliere o no la proposta di un lavoro teso all’educazione della persona. Disattenderla, significherà pagare il prezzo di un’occasione storica perduta. Senza l’io, infatti, non c’è incontro, senza l’io non c’è Meeting. Grazie.

MODERATORE
Il giudice Hossam Mikawi chiede un minuto. Prego.

HOSSAM MIKAWI:
Da noi in Egitto, nella società islamica, quando iniziamo un lavoro o un matrimonio, un fondamento, un negoziato anche per comprare un appartamento o un’automobile, leggiamo dal corano la ….. e io leggerò ……. L’apertura affinchè tutti preghiamo per il Meeting del Cairo che possa essere una ragione di continuità di questa comunicazione in futuro e alla fine della lettura ……diciamo “Amen”. Ma prima vorrei dire a Don Ambrogio che io non trovo una descrizione in grado rendere giustizia a Don Ambrogio, Wael dice sempre che Don Ambrogio è come la velocità di Schumaker di Formula 1 si sposta da un punto all’altro, ma oggi in particolar modo ho avuto con Don Ambrogio e con Emilia Guarnieri e non riesco a trovare una descrizione per Don Ambrogio se non che è un grande cuore e da questo cuore sono usciti due gambe e due braccia, è un grande cuore e io amo quest’uomo. Ora leggerò la Sura dell’apertura e quando alzerò la mia mano alla fine vi pregherei di dire Amen affinchè Dio possa rispondere a uno di questi cuori affinchè noi possiamo preparare e organizzare il Meeting del Cairo come si deve. La …. dei apertura dice: “In nome di Dio clemente misericordioso, grazie a Dio Signore dei due mondi, padrone del giudizio, ti adoriamo e ti invochiamo in aiuto, guidaci alla retta via, la via di coloro a cui hai dato la tua grazia, non coloro contro i quali ti sei adirato e non colo che hanno errato. Amen”

MODERATORE:
Non aggiungo nulla a quello che hanno detto gli ultimi amici che sono intervenuti anche perché credo che quello che abbiamo visto e a cui stiamo partecipando sia di per sé evidente. Quello che diceva a Wael non esiste una verità che non sia incarnata, credo che quello che stiamo vivendo insieme adesso, quello che Don Ambrogio ci ha detto sia la documentazione di questo. Quindi concludo dandovi lettura del comunicato conclusivo della 33^ edizione del Meeting. La considerazione dell’uomo come creatura, ci ha scritto Benedetto XVI nel suo messaggio autografo, implica un riferimento essenziale a qualcosa d’altro o meglio a qualcun altro che non solo non nasconde o diminuisce, ma rivela in modo luminoso la grandezza e la dignità suprema dell’uomo. Il Santo Padre ci invitato in apertura del Meeting a purificarci dai falsi infiniti di cui il cuore dell’uomo si riempie per scoprire la dimensione più vera dell’esistenza umana. Gratitudine e commozione ci ha accompagnato in questi sette giorni: 98 incontri con 271 relatori, 9 mostre, 21 spettacoli, 800.000 presenze da 40 paesi diversi. L’esperienza di queste giornate, i fatti accaduti, il popolo del Meeting hanno mostrato che è possibile vivere questa dimensione dell’esistenza umana testimoniando che il rapporto con l’infinito al quale ogni uomo anela non è questione spiritualistica per addetti ai lavori o per persone pie, ma è fattore essenziale per vivere ogni aspetto della vita con verità. Nulla allora è banale o insignificante nel cammino della vita e del mondo, l’uomo è fatto per un Dio infinito che è diventato carne, che ha assunto la nostra umanità per attirarla alle altezze del suo essere divino, ha scritto ancora Benedetto XVI. Un infinito fattosi carne presente in tutte le circostanze della vita. Per questo tutto ci interessa, per questo ci siamo confrontati con personalità istituzionali con uomini di altre culture, di altre religioni come la compagnia libanese protagonista dello spettacolo inaugurale, come gli amici con cui abbiamo condiviso questo pomeriggio. Per questo abbiamo proposto una lettura nuova di Dost un nuovo modo di guardare al Rock, com’è accaduto in due delle mostre più seguite di questo Meeting e poi la mostra “L’imprevedibile istante, giovani per la crescita”, ragazzi che hanno raccontato a migliaia e migliaia di persone che è possibile non lasciarsi abbattere dalle circostanze, ma rinascere e costruire in ogni momento riscoprendo la natura profonda del proprio Io come desiderio insopprimibile di bene. Ancora una volta negli spettacoli e negli appuntamenti dedicati alla letteratura e all’arte. Abbiamo scoperto che sull’aspirazione al bello che abita nelle profondità di ogni cuore umano, come ha detto l’artista libanese Ivan Caracalla “E’ possibile incontrarsi con chiunque”. Alla politica abbiamo chiesto e chiediamo un’unica cosa, la libertà, cioè che non venga soffocata e ostacolata questa necessità dell’uomo di vivere all’altezza dei propri desideri e di costruire opere che siano forme nuove di civiltà, come ebbe a dire Giovanni Paolo II nel Meeting dell’82, una civiltà nuova che sono stati 4.000 volontari, 750 durante il pre-meeting, 3.393 durante il Meeting. Volti, facce, sguardi che hanno mostrato a tutti che spendersi per l’ideale realizza una pienezza umana e nell’incontro con Gesù che emerge la nostra vera statura, la statura dell’uomo e del suo desiderio di quella nostalgia di assoluto che percorre le culture umane, ha ricordato nell’incontro sul tema del Meeting, Javier Prades. Come accade ogni anno in tanti hanno riconosciuto la ricchezza di questa esperienza e il suo valore come contributo al mondo, un patrimonio di risorse, di energie indispensabili, ha scritto il Presidente Napolitano nel suo messaggio. Il Meeting è una scuola, ci ha detto un ospite, per imparare ad essere uomini, per imparare che l’esperienza religiosa ha a che fare con tutta la vita, per imparare il rispetto per la funzione che il potere ha di costruire il bene comune, per imparare ad uscire dal bunker dell’indifferenza scoprendo che tutto, dalla libertà religiosa alle neuroscienze, dai problemi economici alle grandi questioni democratiche internazionali, c’entra con la vita dell’uomo. Questa è la nostra strada, questo è il cammino che vogliamo a percorrere testimoniando ciò incontrato e che genera ciò che abbiamo visto in questi giorni. Nella società in cui viviamo è urgente l’esigenza di ridare una identità all’Io, protagonista nella vita e costruttore di storia. Per questo il titolo della 34^ edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli che si terrà dal 18 al 24 agosto 2013 sarà: “Emergenza Uomo”. Arrivederci al prossimo Meeting.
Trascrizione non rivista dai relatori

Data

25 Agosto 2012

Ora

15:00

Edizione

2012

Luogo

Auditorium B7
Categoria
Incontri