CONOSCERSI PER CAPIRSI, CAPIRSI PER CONVIVERE

Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, Segretario Generale della Lega Musulmana Mondiale; Olivier Roy, Joint Chair RSCAS, Chair in Mediterranean Studies at EUI (European University Institute). Introduce Wael Farouq, Professore di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Conoscersi per capirsi, capirsi per convivere

Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa, Segretario Generale della Lega Musulmana Mondiale; Olivier Roy, Joint Chair RSCAS, Chair in Mediterranean Studies at EUI (European University Institute). Introduce Wael Farouq, Professore di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

 

WAEL FAROUQ:

Benvenuti a tutti, benvenuti in questo cammino per conoscere e capire una realtà che ci è vicina, nonostante la sua lontananza. Saremo guidati da due personaggi, due figure importanti, molto note anche al pubblico del Meeting, due figure che hanno contribuito ad interpretare questa realtà e a farcela capire. Chiediamo a loro la risposta alle domande fondamentali che tale realtà ci pone oggi sul ruolo delle religioni e in particolare dell’islam. Sua Eccellenza Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa è un pensatore, un uomo di Stato, alla guida di una importantissima organizzazione mondiale, la Lega musulmana mondiale che presenta più di cinquanta Paesi, non governi ma organizzazioni non governative. Di ogni Paese, viene scelto un rappresentante che poi sceglie il Segretario generale, un leader eletto da un migliaio di organizzazioni non governative e popolari per rappresentare le loro opere. Il suo curriculum vitae è veramente lungo: non voglio togliere tempo prezioso per presentarlo, ma posso dire che un motore di cambiamento in questa realtà è stato sempre Sua Eccellenza Muhammad Bin Abdul Karim Al-Issa. Da tantissimi anni lavora per il women empowerment: è l’uomo che, quando era ministro della Giustizia, ha permesso alle donne di praticare la legge come avvocati. Quindi, da lui ci aspettiamo tanto, anche di uscire da quella diplomazia che si ripete parlando della bontà di tutte le religioni e degli insegnamenti religiosi che vietano la violenza e l’estremismo. Con lui, oggi, passeremo dagli slogan alla realtà. Che cosa indica questa realtà e qual è la sfida? Il nostro secondo protagonista è il notissimo professore Olivier Roy; io personalmente mi considero uno dei suoi studenti. Leggendo i suoi libri, si può notare come dagli anni Ottanta lui abbia cominciato a sottolineare la grande differenza esistente tra l’islam come religione e l’islam come progetto politico. Nessuno prima di lui ha spiegato così bene questo argomento. La cosa più affascinante, in un curriculum vitae lungo come il suo, è che ognuno dei suoi libri presenta non solo un nuovo argomento, non solo un nuovo approccio alla realtà che studia, ma soprattutto un nuovo linguaggio. Ha coniato tanti termini che oggi non possiamo capire l’islam senza fare riferimento a questa terminologia. Anche a lui, do il benvenuto per la seconda volta al Meeting di Rimini. Quindi, possiamo intraprendere il nostro cammino partendo dalla distinzione tra l’islam come fede e religione e l’islam come ideologia politica. E la mia prima domanda è: come può il musulmano che crede che Dio lo protegga diventare l’islamista che crede di essere lui a proteggere Dio? Come può il musulmano che consulta il suo cuore e la sua mente diventare l’islamista che consulta il suo leader, annullando il suo cuore e la sua mente? Come può il musulmano che testimonia la propria fede di fronte agli altri diventare l’islamista che giudica le fedi degli altri? Come è possibile che l’islam sia divento islamismo, come è possibile che la fede sia diventata una ideologia politica? Professor Roy, come la vede questa sfida?

 

OLIVIER ROY:

Il passaggio dell’islam da religione a ideologia è un fenomeno moderno, è recente: risale al XX° secolo. Negli anni Venti, molti intellettuali musulmani, che non erano affatto uomini di religione ma erano giornalisti, professori, insegnanti, si sono posti un interrogativo: come mai è l’Occidente in un certo senso che ha vinto? Perché l’universo musulmano è stato battuto? La risposta è stata questa: dobbiamo armarci degli stessi strumenti dell’Occidente, non solo la tecnica ma anche la politica. Dobbiamo trasformare l’islam in una ideologia politica. Questo ha fatto sì che tale tipo di approccio si sviluppasse dall’Egitto all’India. Ed esplicitamente è stato utilizzato un modello, quello del comunismo e quello del fascismo, cercando poi anche di creare una sorta di terza via, ma ancora una volta rendendo l’islam un’ideologia politica. Si parla di costruzione di uno Stato islamico, si parla di redazione di una costituzione islamica, di un partito islamico basato su un modello molto simile a quello del partito comunista. Si cerca di compiere una sintesi tra una tradizione musulmana e le grandi ideologie politiche del XX° secolo. Questa ideologizzazione dell’islam non corrisponde affatto ad un ritorno del religioso, paradossalmente corrisponde invece ad un silenzio del religioso, ad un impoverimento della spiritualità, della ricerca teologica dell’islam. E sono giovani intellettuali laici che si impadroniranno dell’islam per renderla un’ideologia politica. Il coronamento, per così dire, di questa tendenza è costituito dalla rivoluzione islamica dell’Iran nel 1978. É lì che l’Occidente ha scoperto l’islamismo come forza politica, rivoluzionaria, anti-imperialista ed evidentemente non democratica. Quindi, è questa l’immagine che a quell’epoca l’Occidente ha avuto dell’islam. Ancora una volta, tutto questo avviene nel silenzio delle autorità religiose musulmane, che non hanno saputo rispondere a questa radicalizzazione politica. Nel ’92 ho scritto un libro intitolato Il fallimento dell’islam politico, poiché la mia idea era che questa costruzione ideologica non avrebbe resistito all’esercizio del potere: ed è proprio quello che è successo. In Iran c’è una dittatura ma non c’è una società islamica. L’Iran probabilmente oggi è la società più secolarizzata del mondo musulmano e l’eruzione dell’islamismo politico ha portato ad una secolarizzazione paradossale della società. Questo è il fallimento dell’islam politico. I partiti islamisti si sono radicalizzati oppure sono diventati partiti come gli altri. L’esempio più tipico è nel Maghreb, in Marocco, in Algeria, in Tunisia: i partiti islamisti adesso sono partiti di centro, conservatori senza una particolare ideologia. La morte dell’islam politico, dell’islamismo, è evidente ad esempio in Algeria. Vent’anni fa, la rivolta in Algeria era stata condotta dal movimento islamista, oggi, se guardate le manifestazioni, non c’è un solo slogan islamico, un solo Corano sventolato in strada, non ci sono bandiere verdi. C’è semplicemente una richiesta di democrazia e di cittadinanza: è questo che sancisce la fine dell’islamismo. Inoltre, ora si è creato uno spazio per il ritorno del religioso, quindi dell’islam come religione, sbarazzandosi di questa avventura politica che non ha portato a nulla. Credo sia questo il fenomeno a cui assistiamo oggi: una autonomia della religione islamica rispetto alla dimensione politica. Non è facile, poiché i politici non amano lasciare la sfera religiosa libera e autonoma, i politici desiderano utilizzare e manipolare il religioso. Ma ormai è troppo tardi, credo che ora si possa parlare dell’islam come religione e smetterla di riferirsi all’islamismo.  L’islamismo è morto.

 

WAEL FAROUQ:

Grazie. Quindi, non solo un conflitto fra diverse interpretazioni dell’islam e del Corano ma una storia che, nella realtà, ha portato insieme questa religione e questa teoria politica del comunismo e del fascismo. Come ha detto il professor Roy, la crescita di questa realtà è stata resa possibile anche per il silenzio dei leader islamici, degli studiosi che non hanno affrontato questa sfida fin dal primo momento. Sua eccellenza, Al-Issa, come vede questa sfida, come è nato questo estremismo nella società islamica, come è cresciuto? È vero che c’era questo silenzio?

 

MUHAMMAD BIN ABDUL KARIM AL-ISSA:

Nel nome del Dio clemente e misericordioso, sono molto felice di far parte di questo incontro al Meeting di Rimini. Per quanto riguarda questo importante argomento, vorrei dire che il termine “islam politico” ha una storia molto vecchia, molto lunga. Se dal punto di vista teorico è iniziato nel XX° secolo, praticamente è iniziato molto prima, quando hanno cominciato ad essere utilizzati gli slogan politici, espressione delle ambizioni di alcune persone che hanno usato l’islam per scopi politici, e hanno dimenticato i valori umani dell’islam tralasciandone l’autentico spirito. Per questo, le teorizzazioni moderne, iniziate nel XX° secolo, danno vita a dibattiti politici che cercano di cancellare i testi religiosi e di promuovere invece idee politiche che si sono sviluppate col tempo e che sono state anche trasmesse in libri e conferenze. Negli ultimi sessant’anni sono state rappresentate, diffondendo un pensiero dominante in tutto il mondo islamico. Hanno interferito anche in molti metodi di studio diffusi in alcuni paesi islamici: questo ha avuto risultati negativi. C’è stato un pensiero islamico moderato che contrastava queste idee ma non è stato organizzato in maniera organica come invece è accaduto per l’islam politico. A causa dell’egemonia del pensiero dell’islam politico, c’è stata anche una renitenza ad affrontare l’islam moderato. Quindi, l’islam politico si è sviluppato ed è diventato più forte. Questo islam politico ha acquisito anche teorici, pensatori che lo sostenevano e che sono diventati famosi, influenzando gran parte del mondo islamico. È un pensiero pragmatico, in primo grado, che manipola tutti i concetti per raggiungere i propri scopi, ma alla fine torna a fare i conti con il suo inizio e con ciò a cui ha rinunciato. Questo pensiero era alla base delle idee estremiste, dell’estremismo violento e anche del terrorismo. I simboli del terrorismo attuali, come ad esempio lo Stato islamico o Al Qaeda, sono usciti dalle scuole del pensiero politico, sono venuti proprio da lì. Soprattutto, il pensiero: vediamo per esempio il pensiero dei Fratelli Musulmani nelle loro testimonianze aperte e diffuse anche nei social network. Loro hanno proposto molte idee: la pericolosità di queste idee è che sono state rivolte ai giovani, perché era assente qualcosa che le fermasse. Dipendevano dal nuovo pensiero. É un pensiero che odia gli altri, che ha ambizioni pericolose, che richiama idee violente. In realtà, è un pensiero vuoto, privo dei concetti dell’islam autentico. Ho detto poco fa che è privo dei valori umani con cui l’islam è venuto alla luce; è raro che si parli dell’armonia tra i popoli e le nazioni. Si parla invece di cospirazioni, richiamando fatti storici che avevano scopi politici, legati alla storia islamica o alla storia di religioni e politiche diverse dall’islam. Questo pensiero, nelle sue organizzazioni mentalmente chiuse, non propone nuove discussioni. Noi crediamo che il mondo islamico abbia preso in prestito altrove la sua ispirazione: idee che a livello mondiale promuovono questa radicalizzazione. Su queste idee si basa il pensiero terrorista ed estremista. Nel regno dell’Arabia Saudita, ad esempio, uno dei più importanti Paesi da cui si sviluppano le idee teoriche dell’islam, c’è un centro di moderazione, di lotta contro l’islam radicale, che si è specializzato proprio su questa ideologia e cerca di frammentarla dall’interno. Bisogna affrontare le idee estremiste con i pensieri, con altre idee. Il centro di lotta intellettuale in Arabia Saudita, per esempio, ha trovato più di ottocento articoli scritti dallo Stato islamico, che promuovono l’estremismo e sono deboli e pericolosi. Sono pericolosi perché si rivolgono alle idee dei giovani sul mondo, senza ritornare alla coscienza autentica dell’islam. E una coscienza religiosa lontana dalla coscienza dell’autentico islam è debole perché è basata su idee e concetti completamente sbagliati. Si cerca di promuovere queste idee dal punto di vista di un’emozione religiosa ma, richiamando i fatti storici, si vede come molte di queste idee sono state sconfitte e noi continuiamo la nostra lotta per sconfiggerle. Vorrei anche parlare del fatto che a noi non piace usare l’espressione “islam politico” perché questi estremisti rappresentano solo se stessi. Il mondo islamico sta bene e lotta contro le idee estremiste. Il mondo islamico costruisce ponti di passione verso tutti,  rispetta gli altri e la loro presenza, rispetta l’esistenza di altre culture e di altre religioni. L’islam rispetta tutto ciò che c’è sulla terra: si impegna a rispettare le costituzioni, le leggi, le culture, anche le minoranze. Vorrei affermare che il nostro futuro è positivo mentre quegli estremisti sono isolati: le loro basi di pensiero hanno cominciato a crollare. Noi dobbiamo affrontare queste idee con altre idee e non con idee violente.

WAEL FAROUQ:

Voglio solo sottolineare alcune dichiarazioni veramente straordinarie risuonate da questo palco del Meeting di Rimini. Per la prima volta, un leader di questo livello parla di come è stato infiltrato l’estremismo nei libri di scuola. Per la prima volta, un leader di questo livello dice che c’è sempre stata resistenza a questo estremismo, anche se mai così ben organizzata. È questo che aspettiamo, una figura come sua eccellenza Al-Issa, capace di parlare della realtà, a partire dai problemi e dagli errori che abbiamo fatto per arrivare a questo momento. Ma voglio ancora fare una domanda al professor Roy. In un suo libro lei ha parlato della radicalizzazione dell’islam e della islamizzazione del radicalismo: ancora un nuovo approccio, una nuova lettura di questa realtà. Forse dalla sua risposta possiamo capire come correggere questi errori di cui parlava Sua Eccellenza Al-Issa.

 

OLIVER ROY:

Quando si parla del radicalismo islamico e del terrorismo, si tende in Occidente a cercarne le radici nel Corano e nella storia del mondo musulmano, ma ci si dimentica che questo fenomeno di radicalizzazione è molto recente, non ha che trent’anni. Quindi, il mio approccio è trasversale: ritengo sia necessario capire l’islam nel quadro di quello che avviene oggi a livello mondiale e non come se fosse una piccola enclave del Medio Oriente che ha problemi propri. Dobbiamo confrontarci con problematiche mondiali. Poco fa spiegavo come l’ideologia islamista poteva essere comparata con le grandi ideologie politiche del XX° secolo: con l’islamismo, è successo quello che è successo al comunismo, vale a dire che c’è stata una sorta di fallimento politico poiché queste ideologie non sono riuscite a realizzare le società giuste che volevano. Questo fallimento del partito comunista in Europa, ad esempio, ha aperto la via a due fenomeni completamente diversi: da un lato, c’è stato un ritorno alla democrazia, soprattutto nei Paesi dell’Est; dall’altro, negli anni ‘60/’70, si è verificata la radicalizzazione violenta di una parte della gioventù. Fenomeni come le Brigate Rosse in Italia, le bande Baaden-Meinhof in Germania e Action Directe in Francia sono interessanti poiché hanno riguardato i giovani. Giovani che passano ad un’azione violenta e che si dichiarano appartenenti ad una comunità immaginaria, la classe operaia, che di fatto non si interessava affatto al loro radicalismo. Questi movimenti radicali di giovani hanno provocato moltissime vittime, poi, ad un certo punto, sono scomparsi poiché non erano davvero portatori di una vera utopia.

La stessa cosa si è vista nel mondo musulmano: il fallimento delle ideologie islamiste negli anni Novanta ha dato vita alla radicalizzazione di giovani a livello globale, mondiale, che si identificavano anche loro in una comunità immaginaria, la comunità di tutti i musulmani, la Umma. Si crea questo spazio di radicalizzazione negli anni ’60, ’70 e ’80, essenzialmente di estrema sinistra; poi, negli anni Novanta, si passa all’islamismo radicale. La prova che si tratta di un fenomeno globale sta nel fatto che la radicalizzazione più violenta avviene in Occidente, con il giovane che parte a fare la jihad in Siria, in Iraq: tra questi giovani, i convertiti vanno dal 25 al 30 per cento. É l’islamizzazione della radicalizzazione. Sono giovani che  non erano musulmani e che improvvisamente si mobilitano, mossi da un immaginario, da un grande discorso narrativo della jihad, del martiro, del califfato: partono per morire, compiendo attentati terroristici, facendosi esplodere oppure offrendosi alla morte per la jihad. La maggior parte dei volontari occidentali che partono per la jihad, di fatto, muoiono combattendo: e quindi, vediamo che c’è una dimensione nichilista, vale a dire una fascinazione per la morte. Questo fascino, lo ritroviamo anche negli attentati di massa in America, piuttosto che negli attacchi da parte di giovani studenti, sempre in America, nelle scuole. Probabilmente, anche in un certo uso degli stupefacenti e delle droghe. In questi senso, direi che questa teorizzazione islamica è stata espressione di una frangia della gioventù mondiale e non in particolare di questi Paesi. Ed è curioso che in questo processo di radicalizzazione, in questo caso non ci sia utopia: questi giovani non sono partiti per costruire una società giusta, sono andati in Siria o in Iraq per morire. Se si crede nella costruzione di una società giusta, si vuole vivere, non si cerca di morire. Se si vuole morire è perché non si crede nella vita, non si crede nel futuro. No future. Quindi, il jihadismo radicale rappresenta la visione di una gioventù che oggi è no future, che non ha futuro, che si vede senza futuro. Questo fenomeno è stato impressionante. Hanno preparato attentati davvero sanguinosi, erano affascianti da una estetica della violenza che si adatta ad una certa cultura mondiale orientata verso la violenza, come vediamo ad esempio in alcuni film. Ma poi, alla fin fine, tutto questo a cosa ha portato? A nulla, poiché l’Isis è stato battuto sul campo. Ovvio, ci sono frange dell’Isis in Afghanistan, nello Yemen, nel Mali. Questi fenomeni dureranno perché queste fronde locali si basano su conflitti che non sono affatto risolti: ma a livello mondiale, la jihad è morta. Il fascino verso la jihad è morto perché quelli che trasmettevano questo tipo di fascino sono anch’essi morti. E nello jihadismo radicale, a mio vedere, c’è l’espressione di un certo nichilismo della gioventù di oggi: non è un fenomeno religioso perché non è legato ad una religione data. Sì, c’è una dimensione religiosa: possiamo vedere che credono di andare in paradiso. Ma non c’è una teologia, non c’è l’adesione ad una comunità di fede. Si tratta di una ricerca narcisistica ed individuale di giovani affascinati dalla morte. E quindi, effettivamente, non ha futuro. Credo che adesso ci troviamo nel post-radicalismo: dobbiamo capire che cosa si può fare, non tanto per lottare contro il radicalismo ma per superarlo. Bisogna smetterla di interessarsi agli individui radicali, bisogna pensare agli altri. Che cosa fare oggi della società? È questa la vera domanda. Quindi, non si tratta di radicalizzare qualche migliaia di individui, bisogna capire che cosa fare con gli altri membri della società.

 

WAEL FAROUQ:

Quando l’utopia è la morte, non c’è più niente da aggiungere. La loro utopia è la morte ma noi siamo per la vita. Ho avuto l’onore di collaborare per costruire la mostra della Lega musulmana  qui al Meeting, “La compassione che ci unisce”. In questa mostra, ho visto che la lotta che fa la Lega musulmana , oltre a quello che ha detto prima Sua Eccellenza Al-Issa, sui centri della lotta intellettuale contro il terrorismo, la più grande arma che usano, non è contro ma per la vita: è l’opera di carità. Devo ripetere che questa mostra è uno spazio generato da una serie di incontri, prima tra il cardinale Tauran e Sua Eccellenza Al-Issa, e dopo con il Meeting di Rimini. Quando abbiamo pensato al titolo della mostra, ci siamo chiesti: ma che cosa ci tiene insieme? Così diversi come siamo, musulmani, cristiani orientali, occidentali, dal Nord e dal Sud:  che cosa ci tiene insieme? Il punto di partenza di qualsiasi fede: riconoscere i propri limiti, riconoscere che abbiamo sempre bisogno dell’altro. “La compassione che ci unisce” è un riconoscimento di questo bisogno della presenza dell’altro. Sua Eccellenza ha detto prima che non c’è un islam moderato né un islam estremista: c’è l’islam e nessuno può parlare nel nome dell’islam. Questo islam, come la Lega musulmana , che opera in più di sessanta Paesi, sostiene l’islam pro-vita, sostiene i giovani musulmani non radicalizzati che sono la vera speranza. Che cosa fa concretamente la Lega musulmana  per realizzare questo scopo?

 

MUHAMMAD BIN ABDUL KARIM AL-ISSA:

La Lega musulmana mondiale svolge diversi compiti che si dividono in tre assi. Il primo è rappresentare la verità dell’islam e costruire ponti di passione e compassione, diffondere i valori umani, l’amore, il rispetto per tutti. Noi lavoriamo su due linee: la prima è combattere le idee estremiste di cui abbiamo parlato, non solo le idee dell’islam politico, che vengono considerate un nucleo di estremismo e di pensiero terrorista. La seconda linea è combattere il contro-terrorismo, l’odio e l’islamofobia. Questi estremi traggono vantaggio l’uno dall’altro: credo che il primo tipo di estremismo tragga vantaggio dall’islamofobia più di quanto più di quanto l’islamofobia tragga vantaggio dal pensiero estremista islamico, perché l’islamofobia unisce tutti i giovani e li spinge, in maniera violenta, a contrastare il pensiero islamico. Il secondo asse su cui lavora la Lega musulmana mondiale è la cooperazione e il dialogo con tutti: lavorare sui fattori che ci uniscono e diffondere un messaggio del nostro lavoro con tutti, che unisce popoli e nazioni, perché  questa vita è piena di diversità e di differenza, è questo che ha voluto Dio: Dio ha voluto che la vita fosse diversa e varia. Abbiamo un testo nel Corano che afferma che questa è la natura della vita e che continueremo a essere diversi e vari. Crediamo che questo non significhi essere in conflitto: non bisogna costringere a credere a determinate idee, non bisogna avere paura dell’altro. Noi siamo stati molto felici di firmare accordi di cooperazione reciproca e trattati con organizzazioni religiose e sociali, umanitarie, in tutto il mondo. Sono stato molto contento della visita del cardinale Tauran in Arabia Saudita, quando la Lega musulmana mondiale ha firmato con il Consiglio Pontificio il documento di dialogo tra le religioni sotto la guida del cardinale Tauran. Questo accordo di cooperazione ha rappresentato il primo esempio per la Lega musulmana  Mondiale. Il primo accordo di questo tipo è stato firmato a La Mecca, il Documento de La Mecca, che due mesi fa ha riunito tutti i pensatori del mondo islamico: più di 1200 mufti e studiosi si sono riuniti a La Mecca e hanno pubblicato un documento storico, che si può considerare uno dei più importanti  documenti del nostro tempo, portatore dei veri valori dell’islam. Il Documento de La Mecca parla della autentica natura dell’islam e della visione dell’islam verso l’altro; spiega il ruolo delle organizzazioni religiose e civili o non governative, soprattutto quelle dedicate all’istruzione e alla educazione. Parla dell’infanzia e dei giovani. Abbiamo anche firmato un documento con la Chiesa ortodossa russa, circa due mesi fa: si concentra sul lavoro che possiamo fare insieme per realizzare i nostri obiettivi comuni. Crediamo che alcuni di questi obiettivi, se vengono messi in pratica a livello mondiale, rafforzeranno la pace e l’armonia nel mondo. Il terzo asse su cui lavora la Lega musulmana mondiale, infine,  riguarda gli aiuti umanitari. La Lega musulmana è una organizzazione mondiale e l’Organizzazione di soccorso, assistenza e sviluppo, che fa parte della Lega musulmana mondiale, aiuta tutti, porta aiuti umanitari in tutto il mondo, senza alcuna discriminazione legata a motivi religiosi, politici o etnici. Il lavoro umanitario deve essere privo di queste discriminazioni. La Lega musulmana mondiale ha organizzato molte conferenze e ha presentato molte iniziative e programmi: l’ultimo è stato proprio il Progetto di Colombo in Sri Lanka, alcuni giorni fa, quando si è svolta una conferenza mondiale alla presenza di leader spirituali, intellettuali e politici molto influenti, che hanno pubblicato la Dichiarazione di Colombo in seguito agli eventi sanguinari a cui è stata esposta Colombo e che ha seguito gli eventi di Christchurch in Nuova Zelanda, dopo gli eventi della Chiesa ebrea in Pennsylvania e in California. Questi tristi eventi esprimono solo il fatto che chi li ha perpetrati ha idee terroriste ed estremiste. Quando succedono tali eventi, ci rendiamo conto con certezza che il terrorismo e la violenza non hanno religione, non hanno posto, non hanno tempo. Grazie.

 

WAEL FAROUQ:

Ringrazio Sua Eccellenza Al-Issa. Dopo aver sentito i loro interventi, mi sono veramente convinto che la lotta al conflitto non è tra diverse interpretazioni dell’islam, non è fra un islam buono e un islam cattivo, ma – e lo sottolineo – fra il nichilismo e la compassione. La Lega musulmana percorre tre strade per stare davanti questa sfida della realtà: affrontare l’ideologia del terrorismo, l’apertura verso l’altro e l’opera di carità. Io voglio solo aggiungere a quello che Sua Eccellenza ha detto che loro costruiscono scuole, sostengono centinaia di migliaia di studenti in tutto il mondo islamico, aiutano tantissimi orfani che non hanno famiglia. Questo investimento nel futuro, come ha detto giustamente il professor Roy, è l’unica uscita da questa crisi: sostenere quelli che non sono radicalizzati, investire nella vita. Ma ancora, nella nostra realtà di oggi, quali sono le cose che lei, professore, vede che le danno speranza?

 

OLIVIER ROY:

Ho una buona e una cattiva notizia, dipende ovviamente dal punto di vista che si adotta. La secolarizzazione ha vinto. Le società non sono più società profondamente religiose e dico le nostre società ma non solo. In Occidente, la secolarizzazione è una vecchia storia ma oggi la cultura dominante non è più una cultura religiosa secolarizzata. Altrove, ad esempio nel mondo musulmano, c’è anche lì in corso un processo di secolarizzazione e il fondamentalismo è contemporaneamente una reazione a questa secolarizzazione e un agente, un fattore di secolarizzazione, poiché la legge uccide lo spirito. Quando una religione si trasforma semplicemente in un sistema di norme, a sua volta muore. La conseguenza di questa disconnessione tra la religione in generale e la cultura dominante fa sì che oggi la religione sia autonoma, sia libera, è stata liberata dai suoi vincoli politici e culturali, il religioso è diventato di nuovo universale: ricordo che “cattolico” significa “universale”. Non è una cultura occidentale, è innanzitutto (ma non solo) una cultura. Questa autonomia del religioso fa sì che le comunità di fede e di credenti siano investite di nuove responsabilità: come è stato detto, combattere l’odio racchiude un elemento interessante e centrale. La dichiarazione di Abu Dhabi, sul dialogo tra il Papa e Al-Azhar, è molto interessante. E lo è anche la Dichiarazione de La Mecca, così come ci è stata presentata da Sua Eccellenza Al-Issa. Sono testi estremamente importanti poiché conferiscono al credente una responsabilità che, a mio parere, è di due ordini diversi, ovviamente questa è una mia interpretazione, io non ho fatto una lettura dei testi. La prima responsabilità consiste nella lotta alla violenza perpetrata in nome del religioso: e qui, è chiaro, si vede bene come le autorità religiose, cristiane e musulmane, denuncino questa strumentalizzazione del religioso in discorsi di odio. É qualcosa che non è sempre popolare ma è centrale, non ci può essere speranza in un mondo di odio. La seconda responsabilità, a mio avviso, riguarda il messaggio che viene trasmesso alla società secolarizzata, perché qui assistiamo ai dialoghi interreligiosi e sui valori si può trovare un accordo tra credenti. Ma cosa si dice al non credente? Innanzitutto, bisogna riconoscere e accettare il non credente, accettare la libertà di coscienza, la libertà di non credere: anche questo è molto importante, questa libertà di coscienza può essere realizzata solo in una società libera. La tolleranza non è sufficiente, occorre più della tolleranza, occorre il riconoscere l’altro, occorre libertà: ecco perché occorre lottare per la cittadinanza, credo che anche questo sia un punto importante. Per concludere, non si possono imporre valori con la legge, uno Stato di per sé è portatore di leggi ma non di valori. Non è tramite l’identità che si possono diffondere i valori, perché l’identità è costituita da sé e se stessi, anche se magari si è interessanti come persona, da solo non basta. Quindi, si torna ad un elemento molto semplice, lo spirito. Ma qui si va al di fuori della mia sfera di competenza.

 

WAEL FAROUQ:

Anche a Sua Eccellenza Al-Issa voglio fare la stessa domanda: se c’è speranza, quale fattore della nostra realtà sostiene questa speranza del futuro?

 

MUHAMMAD BIN ABDUL KARIM AL-ISSA:

Sicuramente noi speriamo sempre in un futuro fruttuoso e di cooperazione nel nome dell’armonia e della pace tra i popoli, per allontanare le idee estremiste e chiuse dalle società di tutto il mondo. Questa speranza è rafforzata quando ci sono degli sforzi veri ed efficaci, quando ci troviamo davanti ad una visione e ad un obiettivo chiaro, a un lavoro organizzato con tutti. Nella Lega musulmana mondiale, abbiamo svolto molti progetti comuni, le conferenze e le iniziative della Lega non sono indipendenti ma accomunano tutti. Svolgiamo molte conferenze in tutto il mondo, anche in Europa, negli Stati Uniti d’America e in Asia, sulle idee di cui abbiamo parlato prima. Cerchiamo di coinvolgere giovani, cerchiamo di dar loro consigli. E ci sono anche altri argomenti importanti legati a come curare i sintomi di questa crisi, la coscienza della famiglia, un’educazione dedicata ad insegnare al bambino, al giovane, come connettersi all’altro, come amarlo, come capire la vita in maniera autentica. Insegnare loro a pensare, dare loro anticorpi attraverso l’istruzione: queste sono cose molto importanti. Le organizzazioni non governative e soprattutto i mass media devono svolgere il loro ruolo per rafforzare queste speranze. Gli slogan politici devono smettere di fomentare l’odio e il razzismo perché nuocciono a quegli sforzi. Diagnosticare il problema è molto importante per arrivare ad un buon risultato. Quando arriviamo alla giusta diagnosi, noi rafforziamo la speranza di risolvere il problema verso i risultati che attendiamo. Le cause dell’estremismo, della radicalizzazione, gli slogan del conflitto di civiltà si possono riassumere in alcuni punti. Il primo, è l’ignoranza sull’altro: ci sono pregiudizi, stereotipi che vengono da letture univoche e non da un dialogo e un dibattito reciproco. Ma tra le cause dell’estremismo c’è anche la paura dell’altro. Noi diciamo a tutti che chi crede nei suoi principi, chi crede nella sua causa, non deve avere paura dell’altro. Sappiamo che tra le cause c’è anche la teoria della cospirazione, la diffamazione dell’altro, l’incomprensione del diritto di tutti a credere in ciò che vogliono e ad adottare i principi che vogliono. Nessuno può essere costretto a seguire un certo concetto o un certo credo: la manipolazione dei testi e della terminologia, il fatto di mischiare il concetto di comprensione reciproca con la convinzione personale: l’altro ha il diritto di capirmi, non è un mio diritto cercare di costringerlo a seguire il mio pensiero. Vorrei chiudere il discorso dicendo che è importante che l’istruzione religiosa sia limitata all’argomento di cui si tratta. Non dobbiamo isolare i bambini e i giovani dalle società in cui vivono, la minoranza deve essere partecipe come la maggioranza al diritto di un’educazione religiosa, devono essere istituite delle ore apposite per lo studio di queste religioni. É importante, con il rispetto delle leggi e delle libertà, distinguere tra la libertà e la responsabilità, tra la libertà e l’anarchia, tra la libertà e la fomentazione della violenza. É importante criminalizzare gli slogan di odio e razzismo, che stimolano la violenza e che spingono al conflitto tra le nazioni e i popoli, che minacciano la stabilità e la pace. Tutti, e soprattutto la minoranza, dobbiamo rispettare lo Stato in cui ci troviamo, la cultura che ci ospita. Vorrei dire che non c’è scelta per tutti noi, in tutto il pianeta, che non sia la pace, che si ottiene solo con la comprensione reciproca, che è l’accettazione della diversità, con la compassione. Dobbiamo essere diversi ma amarci, essere diversi ma comprenderci a vicenda, avere compassione reciproca, convivere, coesistere e tollerare, cooperare. Tutti abbiamo bisogno di tutti, non ci può essere pace e stabilità se non così. Grazie.

 

WAEL FAROUQ:

La religione non è una forma chiusa, la religione non è una forma vuota. Tutti i valori religiosi hanno bisogno di incarnazione. Qualsiasi investimento nel futuro deve partire dalla persona. Non vedo conclusione più bella di questi due meravigliosi interventi. Ma la mia speranza personale resta qui, in questa aula, in questo spazio che si chiama Meeting. Perché? Perché è uno spazio, un’apertura costruita sul lavoro di tremila volontari, costruita su piccole donazioni che ne garantiscono l’indipendenza. Quindi, vi preghiamo di mantenere questo spazio così indipendente, così meraviglioso, così accogliente di tutte le figure e i grandi personaggi, continuando a donare al Meeting. Ringrazio di cuore Sua Eccellenza Al-Issa e ringrazio anche il professor Roy per la sua franchezza e profondità. Grazie a tutti voi e buon Meeting e buona continuazione.

 

Trascrizione non rivista dai relatori

 

190820 CONOSCERSI PER CAPIRSI, CAPIRSI PER CONVIVERE

Data

20 Agosto 2019

Ora

15:00

Edizione

2019

Luogo

Auditorium Intesa Sanpaolo B3
Categoria
Incontri