UNIVERSITÀ: LIBERTÀ DI RICERCA E RICERCA DELLA VERITÀ

Press Meeting

“La verità è il tema su cui l’università si sviluppa: un tema come questo non poteva lasciarci inerti”. Così, Daniele Bassi (presidente Universitas University) introduce l’incontro sui problemi dell’ università. Alle domande di Stefano Verzillo, studente e presidente del coordinamento liste per il diritto allo studio, sono chiamati a rispondere tre esponenti di prim’ordine del mondo accademico: Marcello Fontanesi (Rettore dell’Università degli Studi Milano Bicocca), Corrado Petrocelli (Rettore dell’Università degli Studi di Bari), e Aldo Schiavone (Direttore dell’Istituto Italiano di Scienze Umane). Oggetto delle domande di Verzillo sono tre temi caldi: l’università intesa come luogo di ricerca della verità, troppo spesso confusa con la verità raggiungibile con il metodo scientifico, e quindi sperimentabile; l’università intesa come comunità di docenti e studenti che si sta perdendo (l’altissimo numero di iscritti porta a una rarefazione dei reciproci rapporti); infine la ricerca scientifica (che convenienza può avere, nel clima di taglio dei costi imposto dall’ attuale politica universitaria, intraprendere la carriera di ricercatore e quindi accademica?)
Fontanesi risponde: “Non bisogna fare confusione fra il metodo scientifico (che conduce alla verità scientifica) e l’etica. Io non attribuirei alla ricerca scientifica un valore etico, ma questo non vuol dire che non bisogna tenerne conto.” La scienza infatti spiega la verità nel mondo reale e, continua Fontanesi: “mi domando se questo poi non la porterà ad occuparsi anche di altre domande. Se otterrà risposte non lo sappiamo”.
L’Università come comunità. Fontanesi ricorda che essa nacque proprio come società di studenti che finanziavano direttamente l’università e il suo rettore. Adesso non è più così, ma “l’università è come la Chiesa, ha un compito universale: trasmettere il sapere”. Certo, tante cause hanno frammentato questa comunità, ma la particolarizzazione dei corsi di laurea sta favorendo il processo contrario.
Sulla convenienza della carriera universitaria, infine, “le mete della ricerca sono quelle che rendono la vita degna di essere vissuta. La conoscenza ha un valore in sé”, che non dipende, a suo parere, solo dalla convenienza economica. Comunque, “in un mondo globalizzato come il nostro bisogna anche avere il coraggio di andare all’ estero”.
È il turno di Petrocelli, che afferma che il processo di ricerca della verità è, o almeno dovrebbe essere, un processo continuo: “Ogni volta che affermiamo una verità abbiamo bisogno di altra ricerca”. Ciò che non deve fare l’università è degenerare negli “specialismi” (cita gli esempi dei corsi attivati da università inglesi di Management per il golf e Psicologia equina), rimuovendo il legame del sapere particolare con la realtà totale. Più che fornire competenze, l’università dovrebbe dare agli studenti una grammatica intellettuale che permetta loro di leggere dentro le pieghe della realtà. Spostandosi sulla seconda domanda, Petrocelli dice che vorrebbe vedere l’università moderna sul modello dell’agorà greca, cuore pulsante della vita politica e culturale della polis. La lezione, afferma, dovrebbe essere un momento di ricerca comune, docenti e studenti insieme, in cui si parte insieme, ma non si sa dove si arriverà.
Invoca da ultimo una maggiore valorizzazione per il titolo di dottorando: “Il numero di dottorandi attualmente presente in Italia è di molto maggiore rispetto alle cattedre universitarie che dovranno subire un turn-over nei prossimi anni, non tutti i dottorandi potranno andare ad insegnare. Per permettere una maggiore spendibilità del titolo al di fuori dell’ambito accademico sarebbe opportuno riconoscere ai dottorandi un bonus nei concorsi pubblici, e assegnare alle aziende sgravi fiscali per l’assunzione di personale altamente qualificato”.
La riflessione di Aldo Schiavone si incentra sul rapporto tra fede e ragione nell’approccio alla verità: è sbagliato, a suo avviso, credere che esse siano come due eserciti su un campo di battaglia, per cui all’avanzare di una, l’altra è costretta a retrocedere. Per anni, esemplifica, la Chiesa ha sostenuto la tesi dell’immobilità della terra e della sua centralità all’interno dell’universo; una volta scoperto che non era così, non ne è uscita affatto indebolita. Il campo di contesa attuale è quello della biologia. Lancia, da laico, una provocazione: “Siamo sicuri che nel momento della nascita della vita ci sia qualcosa che tocca il rapporto tra rivelazione e amore? Il cuore della rivelazione è il rapporto tra verità e amore, e questo rapporto si storicizza, cambia il modo in cui si legge questo amore.” Invita poi a “lasciare che sia la scienza a occuparsi di cellule” e a “portare il punto di conciliazione tra fede e modernità il più in alto possibile, per cercare di dare risposte che siano il più esaustive possibile ai problemi cruciali che ci pone la biologia moderna”.
In conclusione Bassi ringrazia gli ospiti per le risposte e la cordialità e replica a Schiavone che “dal momento che Dio si è fatto carne, l’uomo è diventato sacro, ed è per questo che la Chiesa ha interesse a far sentire la sua voce sull’argomento”.

G.Z. F.T.
Rimini, 23 agosto 2007