UN’ALTRA OPPORTUNITA’

Press Meeting

Il Vice Direttore di Libero Renato Farina ha condotto oggi, nel Salone A1, l’incontro con Francesca Mambro, Nadia Mantovani e Luigi Manconi. A suo dire si è trattato di un incontro molto particolare, nato non dalla risonanza degli eventi né da una teoria sul modo di pacificare l’Italia, ma da una amicizia. Il tramite di questa amicizia con Francesca Mambro, che oggi lavora al Partito Radicale per l’associazione “Nessuno tocchi Caino”, è stato suo marito Valerio Fioravanti. L’anno scorso i coniugi avevano anche affidato all’ex Presidente Francesco Cossiga una lettera aperta al Meeting.
Farina ha espresso la convinzione che il cambiamento sia possibile, definendo magnifica l’esperienza di cambiamento di queste due signore che hanno portato sulle loro spalle l’accusa di terrorismo. Francesca Mambro stessa, nel suo libro Sul Magnificat, usava la parola “misericordia”: non può forse essere decisiva per dare ordine alla vita e alla vita sociale? Il giornalista si è anche scusato per le semplificazioni adottate per presentare i relatori: Mambro tra i capi dei NAR, Mantovani nella direzione strategica delle BR e Manconi sempre presente dovunque ci si occupi di qualcosa di umano. Farina ha quindi dato l’input al giro di interventi ricordando quanto Solzenicyn scriveva in Arcipelago Gulag: nelle carceri si affina la capacità di dirsi in pochi attimi tutto l’essenziale della propria vita.
Francesca Mambro ha esordito citando l’esperienza di CL come qualcosa che ha sempre seguito a distanza; fin dall’università, quando “noi (sia di destra che di sinistra) avevamo una risposta immediata a tutto con l’intento di distruggere”, mentre i giovani ciellini non volevano distruggere niente. Descrive bene la sua posizione di allora l’espressione di Dostoevskij secondo cui sembrava che l’unica cosa che potesse fare fosse “sedersi dove nessuno voleva sedersi”. Credeva infatti che schierarsi in quel modo dalla parte dei perdenti, alla Robin Hood o alla Zorro, fosse la cosa giusta. Solo in seguito ha ammesso i suoi crimini, ha preso atto di aver distrutto la propria vita e quella di altre persone e si è accorta che quella di allora era stata una scelta senza uscita. “Senza cercare giustificazioni” ha sottolineato come quelli fossero anni in cui si moriva per poco, per pura appartenenza ideologica; quello che non capisce oggi è come questo meccanismo di vendetta, che può innescarsi (come già era successo in altri secoli) in ragazzi di giovane età, possa riproporsi con furore ideologico in uomini di quaranta o cinquanta anni. Sta di fatto che in carcere la Mambro si è dovuta fermare a riflettere sulle imperfezioni proprie e degli altri, sperimentando ingiustizie dopo che ne aveva commesse a sua volta. È qui che è intervenuta, nella storia sua e di suo marito, quella “mafia delle persone perbene” che in qualche modo entrano inaspettate nella tua vita e la rivoluzionano, anzi in tutti i sensi rivoluzionano il mondo. A questo punto si è fatto evidente il richiamo al titolo dell’incontro e al tema del Meeting: a lei è stata infatti data “un’altra opportunità”, e ha ragione san Bernardo a dire che non bisogna mai fermarsi, mai pensare che tutto sia perduto. Infatti, dai suoi errori, accumulatisi come schegge di marmo sotto l’azione di uno scultore, è nata una vita nuova. Significativo è l’esempio della nipote di un carabiniere ucciso a Padova che l’ha contattata per conoscerla e accolta come un’amica. Ma ancora più rivoluzionaria è stata l’amicizia con Bachelet e il gesto del fratello del professore, che ha battezzato il figlio della Mambro e di Fioravanti.
Passando la parola a Nadia Mantovani, Farina ha commentato il racconto della Mambro come la misericordia che bussa alla porta, come qualcosa che di colpo entra nella storia ed è infinitamente più grande della miseria dell’uomo.
Nadia Mantovani ha confessato di dover operare su di sé una forzatura per parlare di fronte a una platea così ampia, e di aver accettato di farlo soprattutto in nome dell’amicizia che la lega a Francesca Mambro. In linea con il titolo del Meeting, che ha sintetizzato: “Sulla strada”, la Mantovani ha ammesso di non aver ancora finito di riflettere sulla sua vita. Infatti non si è potuta fermare alla visione del mondo che aveva trenta anni fa, e le poche cose che salva della sua storia sono “la buona fede, le intenzioni, l’amore di giustizia”. Pur non essendole mai appartenuta come aggressività, la violenza era nell’aria, e la violenza è solo una scorciatoia per una presunta risoluzione dei problemi. Violenza che era stata generata da una educazione che conduceva ad essa. Quando poi la Mantovani ha dichiarato che ai tempi della sua militanza voleva stare dalla parte della giustizia e cambiare il mondo, sottolineando la differenza rispetto alla posizione di Francesca Mambro, ha toccato il punto decisivo della sua relazione: la base dell’amicizia sta nelle differenze, come appare evidente dal rapporto con la Mambro. Non è però un problema tanto di tolleranza, parola che sa di superiorità, quanto di disponibilità e accoglienza. La conseguenza è che, in questo processo di revisione della sua vita, per Nadia Mantovani ha assunto molta più importanza la quotidianità che l’ideologia. E così, guardando al Meeting, incontrato per mezzo di tante persone di buona volontà, può dire: “Andate avanti così!”.
Infine Luigi Manconi, sociologo e garante delle persone private della libertà del Comune di Roma, ha parlato del carcere come negazione di quell’essere irriducibile e irripetibile che è l’individuo. Esso è stato concepito e riprodotto per essere un sistema scientifico di distruzione della personalità. L’ingresso in carcere non dovrebbe comportare la perdita dei diritti riconosciuti all’individuo dalla Costituzione: in realtà è così, tanto che non esiste neanche una autorità a cui rivolgersi per esigere il rispetto di tali diritti. In tal senso va intesa la proposta del relatore di istituire presso le amministrazioni comunali appositi uffici per la difesa dei diritti dei carcerati. Esiste comunque una responsabilità collettiva in questo ruolo di distruzione che il carcere svolge: infatti siamo tutti prigionieri del carcere, come idea che ci impedisce di pensare che ci possa essere una forma di sanzione diversa dalla detenzione in cella.
In chiusura tutti hanno ringraziato dell’opportunità offerta loro dal Meeting di incontrarsi e parlare senza nessun intento di giustificazione: è questa, secondo Manconi, la migliore risposta a polemiche residuali che non aiutano mai a raggiungere un livello più avanzato di verità.

P.S.
Rimini, 23 agosto 2003