Una pena per redimere in una società più sicura

Press Meeting

“Vigilando redimere” è il motto della polizia penitenziaria. Fa bella mostra di sé all’ingresso di ogni carcere italiano. Ma nel paese di Cesare Beccaria il valore rieducativo della pena sembra ancora obiettivo ben lontano dall’essere raggiunto. Abbiamo 64mila detenuti, un terzo di loro stranieri, reclusi in istituti di pena che potrebbero accoglierne al massimo 47mila. Condizioni di detenzione contrarie ai principi di umanità e di tutela della dignità. A dirlo è la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ci ha invitato ad adeguare le nostre strutture garantendo uno spazio vitale di almeno 3 metri quadrati a ogni detenuto.
E di come sia possibile costruire percorsi carcerari in grado di rieducare, portare a un pieno reinserimento sociale, garantendo nel contempo la sicurezza dei cittadini e valore e significato della pena, si è parlato nel seguitissimo incontro svoltosi questa mattina in Sala Neri, moderato dall’inviato de La Stampa Michele Brambilla: “Una pena per redimere in una società più sicura”. Protagonisti del dibattito il vice presidente del Consiglio dei ministri e il ministro dell’interno Angelino Alfano, il ministro della giustizia Anna Maria Cancellieri, il presidente emerito della Camera dei deputati Luciano Violante e il presidente del Consorzio sociale Giotto di Padova, Nicola Boscoletto.
Ad aprire la discussione, la testimonianza di Boscoletto: “Il rapporto tra meeting e carcere risale al 2006. Da allora, portiamo l’esperienza vera e concreta di un percorso possibile. Anche la nostra cooperativa offre lavoro ai detenuti. Imparano un mestiere, si mantengono durante la detenzione. Soprattutto, una volta fuori trovano un lavoro e non infrangono più la legge”. A dirlo sono dati e cifre. Il tasso di recidiva di chi segue percorsi di recupero lavorativo oscilla tra l’1 e il 2%, mentre arriva oltre il 90% per chi passa qualche anno della sua vita tra cella e cortile della prigione. Ogni milione investito in progetti di reinserimento lavorativo equivale a un risparmio effettivo di 9 milioni per le casse della Stato. Sul problema del sovraffollamento il ministro Alfano successivamente ha evidenziato come su cento persone soggette a misure di custodia cautelare, siano poi oggetto di una condanna solo 50, quindi “un utilizzo più attento di questa misura ridurrebbe il numero dei reclusi”.
Il ministro Cancellieri ha invece aperto il suo intervento ricordano le parole pronunciate al Meeting 2011 dal Presidente Giorgio Napolitano: “La condizione delle carceri italiane ripugna”. Secondo il ministro la situazione degli istituti penitenziari è a “macchia di leopardo”, si passa da situazioni positive come Padova o Bollate (MI) ad altre dove non è attuato neanche il regolamento carcerario: “Stiamo adeguando le strutture a requisiti minimi, come sale colloqui con i parenti senza divisori, o a rimuovere sbarre alle finestre che non fanno entrare luce o aria”.
Il ministro ha poi valutato due proposte presentate da Luciano Violante: istituzione di un commissario straordinario per il lavoro ai detenuti e un garante unico per i diritti dei carcerati, considerandole materia di lavoro per il suo dicastero. Secondo Violante il commissario può operare per fare arrivare in Italia i fondi Ue stanziati per progetti sociali nel periodo 2014/2020 e il garante verificare il rispetto di condizioni umane di detenzione su tutto il territorio nazionale.
Il ministro Alfano ha invece sottolineato le difficoltà che ogni riforma deve affrontare: “Nel nostro Paese si è riformatori delle cose altrui”. Cita le resistenze trovate mentre era guardasigilli sulla riforma dell’avvocatura, l’introduzione della mediazione civile e sul cosiddetto decreto svuota carceri: “Un decreto che ha riguardato solo detenuti al termine della pena e per reati di scarso allarme sociale. Bene, nessuna fuga dai domiciliari, nessuna recidiva eppure poiché bisognava contrapporre pdl a lega si trovò questa cattiva denominazione a una buona scelta politica”.
E sulle indicazioni che ci arrivano dall’Europa: “Accettiamo i richiami se sono giustificati e corretti, ma l’Europa non può chiederci molto e darci poco”. Citando il problema dell’alto numero di detenuti stranieri nelle nostre carceri, ricorda come negli ultimi anni il nostro Paese abbia speso 1 miliardo 200 milioni di euro per fronteggiare l’immigrazione clandestina.

(C.B.)

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