Una nuova finestra sullo spazio profondo

Redazione Web

Una nuova finestra sullo spazio profondo

Immagini e spettro per comprendere l’universo

Rimini, 23 agosto 2022 – L’incontro “Una nuova finestra sullo spazio profondo”, in collabora-zione con Associazione Euresis e introdotto da Marco Bersanelli, professore di Fisica e Astro-fisica, Università degli Studi di Milano, ha visto ospiti: John Mather, premio Nobel per la Fisica nel 2006, senior project scientist on the James Webb Space Telescope (JWST); Massimo Robberto, responsabile dello strumento NIRCam del Telescopio Spaziale James Webb, Space Te-lescope Science Institute, Baltimora; Elena Sabbi, responsabile dello strumento NIRSpec del Telescopio Spaziale James Webb, Space Telescope Science Institute, Baltimora.
Il tema della passione per l’uomo conduce ad ogni aspetto della realtà fino a ciò che è lonta-nissimo dall’uomo, con tutta la sua ricchezza, drammaticità, vastità e bellezza. “Nulla è estraneo alla natura umana”. Per don Luigi Giussani “l’essere umano è quel livello della natura dove la natura prende coscienza di sé stessa” e dunque ogni cosa che esiste nell’universo attende di essere raggiunta dallo sguardo umano. La scienza, nei limiti del metodo che le compete, è uno dei modi che vi sono per essere in rapporto con la realtà. Il telescopio JWST (James Webb Space Telescope) è una delle più grandi imprese scientifiche di tutta la storia, introducendo una nuova finestra sull’universo e l’inizio di una nuova era per l’astrofisica e la scienza.
John Mather descrive la struttura del JWST, telescopio che è stato sviluppato dal 1995 con un progetto che ha coinvolto 20mila persone. Già con il satellite Kobe nel 1989 si era cominciato ad osservare l’universo nelle condizioni iniziali, cioè 400mila anni fa; poco dopo fu lanciato il telescopio Hubble, che non era a fuoco e nonostante vari problemi di manutenzione ancora effettua immagini. A Natale 2021 è stato lanciato il JWST nel punto Lagrange2 sull’asse terra-sole a 1,5 milioni di km. Su JWST tutto è robotizzato, ha dimensioni maggiori di Hubble, non ha interferenze e percepisce anche l’infrarosso, con una lunghezza d’onda maggiore che permette di individuare galassie che possono aiutarci a capire la nascita della nostra. Con tale strumento si cerca di capire cosa è successo dopo il Big Bang, quando si sono formati i primi buchi neri o le prime galassie, e come nascono le stelle e altri elementi, da dove vengono i pianeti e dove su questi si è generata la vita.
Massimo Robberto descrive NIRCAM, una macchina fotografica che va da 0,6 a 5,0 micron e spiega perché si lavora nell’infrarosso. Nell’infrarosso le polveri interstellari diventano trasparenti e ciò permette di scoprire fenomeni, le stelle più fredde (cioè ad inizio o alla fine della loro vita) diventano brillanti e in esso l’universo è in espansione, cioè l’immagine di una galas-sia vicina se si allontana diventa sempre più rossa.
Elena Sabbi non mostra immagini, ma spettri. Uno spettro raccoglie tutti i colori della luce secondo le lunghezze d’onda elettromagnetiche: con i nostri occhi ne vediamo solo una piccola parte. Questo ci permette di capire come un’oggetto secondo la sua composizione si com-porta nello spazio. Se però osserviamo un oggetto secondo le lunghezze d’onda, possiamo individuarne i vari livelli di energia. Le linee scure in uno spettro sono l’identificazione di vari elementi chimici, cioè chi è responsabile di quel segnale. La relatrice conclude perciò che «uno spettro vale più di 1000 immagini».
(M.S.C

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