Un caffè con… Pietro Bartolo

Press Meeting

Proseguono al Meeting gli appuntamenti a latere della mostra “Migranti, la sfida dell’incontro” nel padiglione A1. Questa sera alle ore 18.15 si è verificato un incontro emozionante: intervistato da Giorgio Paolucci, curatore della mostra e Giornalista di Avvenire, è intervenuto Pietro Bartolo, Responsabile del Presidio Sanitario di Lampedusa. Bartolo ha una parte nel docufilm Fuocoammare, proiettato questa sera alle 21.00 in sala Conai: la parte di se stesso.

Bartolo da venticinque anni si occupa di questo fenomeno e la prima cosa che desidera affermare è che queste persone sono come noi: “Vivono le nostre stesse sensazioni, debolezze, speranze”. Nel 1991 sono arrivati i primi ragazzi tunisini, da lì è iniziata l’avventura dell’accoglienza per Bartolo e i lampedusani. “Allora non c’era ancora un centro d’accoglienza – prosegue Bartolo – ma fin dal primo momento ho capito che avevano bisogno di aiuto”.

Così nel corso di questi lunghi venticinque anni ha raccolto migliaia di storie (anche su vicende atroci), ha visitato trecentomila persone, ha effettuato settecento ispezioni cadaveriche. “Sì perché”, spiega il dottore siciliano “sono importantissime per dare identità alla persona e magari restituirne il corpo ai propri cari; occorre stabilire il sesso, l’ etnia, il peso, l’altezza, la causa della morte o eventuali patologie”.

È preciso con i numeri Bartolo, un morto in più o in meno fa la differenza; una vita salvata o no fa la differenza. Parla di morte ma tu capisci che hai di fronte un uomo che è potentemente legato alla vita. Non farebbe questo altrimenti, non così.

Da quando è stata chiusa la via dei Balcani si è arrivati all’interruzione delle vie di terra e ciò ha spostato gli arrivi verso la via più pericolosa: quella per mare. Dopo la terribile strage del 2013 il Governo Italiano ha varato Mare Nostrum: per evitare il verificarsi di altri terribili i naufragi i nostri militari si avvicinano il più vicino possibile alla costa libica. Gli scafisti, appreso ciò, non sentono più la necessità di utilizzare barche importanti per la traversata, abbandonano i profughi su gommoni che vanno a benzina. Molto spesso, a causa dei rifornimenti, la benzina si mischia all’acqua del mare dando vita ad una miscela chimica altamente tossica e ustionante. Molte donne arrivano con ustioni gravissime su tutto il corpo, sono loro ad occupare la parte più bassa del gommone e quindi ad esserne più facilmente colpite. Bartolo la chiama la nuova malattia dei gommoni.

“Le donne che arrivano sono quasi tutte incinte, io faccio l’ecografia a tutte perché possano avere un istante di gioia nel mare di paura, dolore e disperazione vissuti – prosegue il dottore – le donne sono le più colpite, spesso il loro viaggio è iniziato anni prima, arrivano violentate, spesso il frutto del loro grembo non sanno di chi sia”. Si commuove il dottor Bartolo mentre dice “Lampedusa è un grande popolo, è campione di solidarietà nel mondo e noi siamo orgogliosi di essere italiani. Sulla banchina siamo in tre medici, tanti volontari e militari. Cerchiamo di accogliere queste persone prima di tutto da un punto di vista umano. Quando capiscono di essere arrivati in un paese amico baciano la terra e ringraziano”. “Siamo un popolo di mare – conclude il medico – e tutto quello che viene dal mare è benvenuto. Io sono stato pescatore prima di essere medico e so cosa vuol dire essere naufrago. Queste persone per noi sono un bene.

A fine settembre sarà possibile leggere queste ed altre storie in “Lacrime di sale” editrice Feltrinelli.

Scarica