Stato e Regioni: le sfide della sanità dopo il Covid

Redazione Web

Rimini, venerdì 21 agosto – Predisporre una rete che metta in relazione la concentrazione delle competenze dei grandi ospedali con la necessità di assistere i pazienti a casa propria; nuove assunzioni di personale; spazio ampio alla telemedicina, alla robotica e a tutte le altre innovazioni tecnologiche in campo sanitario; snellimento delle procedure burocratiche; patti chiari fra Regione e governo centrale per quanto riguarda prerogative e competenze. Queste le più importanti conclusioni dell’incontro di questa mattina al Meeting di Rimini dal titolo: “Sanità, alta specializzazione, presenza territoriale, inclusività: le sfide di una sanità per tutti”. Coordinati da Gianluca Comin, presidente e fondatore Comin & Partners, sono intervenuti Attilio Fontana, presidente Regione Lombardia; Nello Musumeci, presidente Regione Sicilia; Sabina Nuti, rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

La professoressa Nuti ha avuto parole lusinghiere per il Sistema Sanitario Nazionale italiano, che risulta nelle prime posizioni (meglio di Germania e Gran Bretagna) per quello che riguarda la cura di 32 patologie traccianti e che è ancora più performante se si guarda al Socio-demographic Index, che tiene conto, nella valutazione di un sistema sanitario, del tasso di fecondità, delle condizioni economiche e del livello di istruzione di un Paese. Quanto all’ospedalizzazione, poi, l’Italia ha tassi pari alla metà di quelli della Germania. Secondo la docente, l’emergenza Covid ha trovato il SSN con le risorse al minimo, ma ha visto una risposta positiva da parte dei cittadini, che hanno dato il loro contributo. Dalla pandemia, secondo Nuti, abbiamo capito che gli ospedali sono essenziali ma vanno considerati non a sé stanti, ma come nodi di una rete territoriale: «Non si possono destinare gli ospedali esclusivamente alle terapie anti-Covid», ha spiegato, «e chiudere per questo l’attività ordinaria. Il 50% in meno di ricoveri cardiologici, nel periodo della pandemia, è un dato preoccupante». La sfida che attende la sanità è la capacità di far fronte ad eventi epidemici senza mettere in secondo piano l’attività ordinaria. Per questo occorre collegare la specializzazione degli ospedali con le cure domiciliari.

Per Musumeci, l’emergenza Covid ha confermato l’importanza delle Regioni, «che non si sono tirate indietro rispetto alle loro responsabilità, pur avendo a che fare con un evento imprevisto e straordinario. In Sicilia», ha spiegato, «abbiamo piani di emergenza che vanno dalle eruzioni vulcaniche alle emergenze ambientali, ma non c’è un sistema anti-epidemia. Eppure in breve abbiamo realizzato 735 posti di terapia intensiva e reperito 1000 posti in albergo per pazienti che non avevano bisogno di ricovero».

Fontana ha difeso l’operato della sanità lombarda, «alle prese con un’aggressività del virus non riscontrabile quasi in nessun’altra parte d’Italia, con una situazione epidemica peggiore che ovunque». Eppure la Lombardia, secondo il presidente, ha dimostrato grande duttilità nel modificare la conformazione delle strutture sanitarie, raddoppiando le sale di rianimazione e assicurando dispositivi di respirazione a quanti ne avevano bisogno. Fontana ha poi invitato a tenere d’occhio il cambiamento della natura dell’utenza: nel 2025 in Italia il 25% della popolazione sarà costituito da anziani, metà dei quali non saranno autosufficienti. Un dato che obbliga ad una efficace programmazione dei servizi. Secondo Fontana, infine, in questa emergenza il popolo lombardo ha dato una grandissima manifestazione di senso civico, «nonostante, come ha scritto Ferruccio De Bortoli, ci sia stato, in questa situazione, un certo abbandono della nostra regione da una buona parte del territorio italiano».

Per i due presidenti, il primo nemico da combattere è certamente la burocrazia che frena, quando addirittura non impedisce, la realizzazione di opere pubbliche. In Lombardia, come in Sicilia, fra l’approvazione in Giunta di un’opera e l’apertura del relativo cantiere possono passare anche cinque anni. Musumeci e Fontana hanno concordato anche sulla necessità di investire le risorse del Recovery fund per realizzare nuovi ospedali e digitalizzare il più possibile il servizio sanitario delle loro Regioni. Con fondi propri, e dello Stato, si procederà anche a nuove assunzioni di personale.

Severo il giudizio di Musumeci e Fontana nei confronti del governo centrale. Il primo ha parlato di «debolezza dello Stato, che si è trovato in difficoltà al primo insorgere della pandemia». Musumeci ha ricordato come la Sicilia abbia dovuto acquistare per proprio conto 170 tonnellate di materiale sanitario dalla Cina e lo abbia dovuto trasportare noleggiando degli aerei: «Per non parlare della fase 2, per la quale le Regioni hanno dovuto scrivere le linee guide adottate poi in extremis dal governo». Fontana si è limitato a ricordare come una maggiore autonomia da Roma avrebbe potuto limitare i danni.

Nuti, pur avendo parole di elogio per il lavoro delle Regioni, ha detto che in caso di emergenza la chiarezza della linea di comando è indispensabile: «In certe condizioni», ha spiegato, «un rafforzamento del centro è essenziale in termini di competenza e capacità di risposta. In emergenza si deve discutere poco».

Sulla ripresa dell’anno scolastico, i due presidenti hanno parlato di confusione e incertezze da parte del governo di Roma, «che è diviso anche al suo interno». Fontana ha ricordato che l’apertura delle scuole va di pari passo con la capacità del sistema di trasporto pubblico di portare in fabbrica i lavoratori e sui banchi gli studenti, e che questo non sarà possibile senza diversificare gli orari di inizio delle lezioni e dei turni in fabbrica.

(D.B.)

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