Spirto Gentil – Villa Lobos

Press Meeting

Rimini, 23 agosto 2015 – Pierpaolo Bellini, general editor della serie discografica Spirto Gentil, introduce l’incontro come il secondo momento di approfondimento del tema del Meeting 2015, con brani del compositore brasiliano Heitor Villa-Lobos, convinto con don Giussani che “in tutto ciò che è bello, l’uomo rende omaggio a qualcosa d’altro, a qualcosa che manca al suo cuore”. Passa la parola a Piero Bonaguri, docente di chitarra classica al Conservatorio di Bologna e titolare dell’incisione integrale dell’opera di Villa-Lobos. Bonaguri ricorda di aver fatto sentire qualcosa di Villa-Lobos a don Giussani, che ne rimase molto colpito, sensibile com’era ad una intensità espressiva “riflesso della sincerità, perché riguardante il cuore”
Imbracciata la chitarra, Bonaguri spiega ed esegue i primi due brani, una Mazurka e uno Scottish, tratti dalle composizioni giovanili che l’autore, anch’egli chitarrista, suonava nei locali come musica di intrattenimento. Il concerto prosegue con due preludi del 1940, il n.4 e il n.1, dedicati a figure popolari come l’indio del Brasile e l’abitante del Sertão, che già rivelano uno stilema di Villa-Lobos, la melodia eseguita su un’unica corda della chitarra (la corda che canta). Tutte e due le composizioni assumono come riferimento il grande romanticismo europeo, ma la domanda di Bonaguri va oltre: “Cos’ha visto don Giussani in questa musica e nel mio modo di suonarla? Anche dopo aver registrato, su sua indicazione, l’integrale delle opere, non ho ancora finito di capirlo”.
La performance di Bonaguri si fa adesso più impegnativa. Presenta infatti tre Studi, i nn. 1, 7 e 8, composti in seguito all’incontro tra Villa-Lobos e Segovia, avvenuto in quella Parigi che aveva visto pochi anni prima l’erompere di Stravinskij con la sua Sagra della Primavera, espressione della Russia pagana. Qui Villa-Lobos si rivela avveniristico: non abbandona la corda che canta, ma la melodia occupa spesso il registro centrale della polifonia, si nasconde nell’armonizzazione per poi riapparire inaspettatamente in evidenza in altra sezione della composizione. Bonaguri riesce a far veleggiare il pubblico tra le varie melodie al di là delle notevoli insidie tecniche, come dimostra lo scrosciante e prolungato applauso alla fine del preludio n.8.
Ma non finisce qui: il chitarrista presenta gli studi n.11 e 12, forse le vette estreme dell’arte compositiva di Villa-Lobos. Qui la tecnica musicale e chitarristica viene stressata ai massimi livelli, superando definitivamente il romanticismo ottocentesco e avvalendosi di sorprendenti artifici come lo scorrimento della stessa posizione di diteggiatura lungo tutta la tastiera. Anche qui Bonaguri, adottando una gran quantità di registri espressivi ed interpretativi, rapisce il pubblico in questa avventura musicale semplice e complessa ad un tempo, e dopo lunghissimi applausi conclude tornando alle origini popolari di Villa-Lobos, il delizioso Choros N.1 del 1920. “Vorrei portarmi dietro in ogni istante – conclude Bonaguri – di questo modo di creare musica, fatto di cuore e di mancanza da cercare tra le note, da individuare in ogni rigo, che era proprio di don Giussani”
(Ant.C.)

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