Sostenere il futuro. Tutela delle risorse e sviluppo economico

Press Meeting

Crisi economica e finanziaria hanno messo al tappeto il nostro modello produttivo ed economico. È necessario costruirne uno diverso. L’agenda Ue 2020 pone ai Paesi del vecchio continente obiettivi chiari. La nuova economia dovrà essere sostenibile, inclusiva, intelligente. Coniugare rispetto dell’ambiente, risparmio energetico, innovazione e allargamento della base produttiva ad aumento dell’occupazione e profitto per le aziende. Un percorso obbligato sintetizzabile nella formula: non c’è crescita senza sostenibilità.
Sono i temi affrontati questo pomeriggio nell’incontro “Sostenere il futuro. Tutela delle risorse e sviluppo economico”, a cui hanno partecipato Maurizio Chiarini, ad del Gruppo Hera; Francesco Confuorti, presidente Financial; Corrado Clini, direttore per lo sviluppo sostenibile, clima e energia del ministero dell’Ambiente; Mario Guidi, presidente di Confagricoltura; Giuseppe Nucci, ad di Sogin; Leo Wencel, ad di Nestlè Italiana. A presentarli al pubblico il presidente CdO, Bernhard Scholz.
A sgombrare il campo da interpretazioni definite semplicistiche del rapporto tra sostenibilità e profitto, ci ha pensato Marcello Chiarini, del gruppo multiutility Hera, (gas, acqua e trattamenti dei rifiuti): “La sostenibilità costa. In pochi anni abbiamo investito più di 100 milioni di euro nel rendere efficiente la rete idrica, nonostante i margini di guadagno su questo settore siano bassissimi. Lo abbiamo fatto perché per noi il concetto di sostenibilità significa inserire nei nostri progetti i bisogni di tutti gli stakholder, non solo dei nostri azionisti e il nostro dovere di offrire loro dividendi”.
“La sostenibilità va progettata e pianificata nel tempo pensando al futuro – ha continuato Chiarini – per esempio, gli incentivi fiscali ed economici sul fotovoltaico e le fonti alternative concessi negli anni scorsi, oggi pesano per undici miliardi sulla bolletta energia pagata dagli italiani. Sembrava una buona scelta ma si è rivelata errata”. Risultato: nel nostro Paese abbiamo le tariffe elettriche più alte d’Europa.
Secondo Francesco Confuorti il punto da cui partire è il nuovo concetto di “Shared Value” (valore condiviso da tutti gli stakeholder), che deve sostituire lo “Shareholder Value” (valore – solo – per gli azionisti) come obiettivo strategico delle aziende più lungimiranti: “In Italia, un simile approccio dovrebbe essere applicato a tutte quelle filiere del valore aggiunto che caratterizzano in modo positivo la competitività del nostro Paese nel mondo. Concetto ripreso dall’ad di Nestlè Italia, Leo Wencel: “Lavoriamo per creare un valore condiviso tra noi e i consumatori. Il rispetto ambientale è uno dei più importanti. In Germania il 50% dei consumatori premia i prodotti da ciclo “green” e in Italia abbiamo ridotto del 40% le emissioni di Co2 e del 20% il consumo d’acqua”.
Giuseppe Nucci di Sogin ha invece illustrato il caso di un’impresa di Stato in grado di creare occupazione e un forte indotto economico, più di 440 le aziende che collaborano con Sogin, occupandosi di bonifica e messa in sicurezza di scorie nucleari.
Ma tecnologia e chimica nel passato hanno rappresentato anche una risorsa. Lo ricorda Mario Guidi: “Nel 1945 200 milioni di europei avevano fame. Grazie all’agricoltura intensiva si è riusciti a passare in pochi anni da una produzione di 15 quintali di grano per ettaro a una di 60 quintali. Certo non sapevamo dei rischi ambientali che correvamo e la nuova sfida per l’agricoltura è arrivare nel 2050 ad aumentare del 70% la produzione, ma utilizzando le stesse risorse che usiamo oggi”.
Chiusura degli interventi per l’ex ministro Corrado Clini: “Con il governo Monti non siamo riusciti a farlo ma mi auguro che ci sia presto la possibilità di avviare una fiscalità ambientale. Premiare con meno tasse sul lavoro chi consuma meno e risparmia di più le risorse energetiche. Allo stesso tempo sarebbe bene fare uscire dal patto di stabilità gli investimenti per la tutela del territorio e contro il dissesto idrogeologico. Assurdo che i comuni non possano usare soldi che hanno in cassa per prevenire disastri che ci costano cifre molto superiori. In termini economici e umani”.
(C.B.)

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