Sofocle e le sue tragedie: venticinque secoli di attualità

Sofia Bronzetti

Rimini, 18 agosto – Hanno venticinque secoli di vita ma sono quanto mai attuali. Perché parlano del diritto, di giustizia, di verità. Di cose che in fondo riguardano l’uomo di tutti i tempi. Anche di oggi. La rilettura dell’Edipo Re, Antigone e Creonte di Sofocle è stata al centro dell’incontro moderato Massimo Bernardini, conduttore televisivo e giornalista, che ha rimarcato come queste tragedie siano ancora al centro dello storytelling occidentale. Venticinque secoli diventano l’oggi, e non solo per la narrazione, ma anche per il diritto. Per la giustizia.

Marta Cartabia, vice presidente della Corte Costituzionale, ha affrontato la sfida di un libro come Con Edipo, Antigone e Creonte, così lontano dalla sua natura di giurista, per due motivi: l’inesperienza e l’attualità.

Una giurista non si occupa di letteratura. Eppure, proprio sfruttando la convenienza della distanza dall’oggetto preso in considerazione, la sua inesperienza, così se ne può scoprire l’universalità. Perché questi testi hanno la “distanza tragica”: la capacità di parlare di cose umane. Possiamo ricercare le nostre domande, di oggi, in quelle tragedie e scoprire in loro anche le condizioni politiche del momento. Quelle più attuali. La vicenda di Edipo che Marta Cartabia racconta svela che l’unica colpa reale dell’eroe è «un difetto di conoscenza»: laddove lui credeva di sfuggire al suo male, non ne conosceva le origini e non vi poteva sfuggire. Proprio perché Edipo non riconosce la sua stessa condizione, la sua limitatezza umana.

La giustizia vive perciò nella prudenza. “Prudenza” è come dire che anche l’uomo più virtuoso ha dentro di sé il seme del suo limite. Ed è a questo punto che Marta Cartabia aggiunge: lodiamo l’imperfezione. Non siamo troppo giusti.

Luciano Violante, presidente emerito della Camera dei Deputati, replica: «Direi che abbiamo scritto il libro con molta prudenza». Non è esplicito se si stia riferendo o meno alla prudenza citata prima dalla sua collega giurista. Antigone è una tragedia di sfide perse in partenza. Una lotta tra due personaggi in stasi, convinti della giustizia delle loro due posizioni. La prima è la stessa Antigone, che mette in atto un conflitto che non è capace di chiudere.

Alla domanda di Bernardini rispetto a cosa ci dicono queste due tragedie sull’oggi e rispetto a come si forma il buon governo, i due giuristi propongono le loro personali visioni. Cartabia dà un suggerimento: solo quando una parte che sembra essere perdente viene inclusa si forma il buon governo. Violante ci mette invece di fronte ad un’attualissima contraddizione: non soccorrere un ferito è un crimine chiamato omissione di soccorso e, in quanto tale, punibile; soccorrere un uomo che sta male su una barca in mare vale a dire, invece, commettere un illecito.

Ecco come la categoria dell’impurità, a detta di Violante, viene a essere protagonista e scansa quella della prudenza, mette da parte il riconoscimento di quel limite umano di cui si parlava all’inizio. Venticinque secoli fa.

(A.F.)

 

Responsabile Comunicazione Eugenio Andreatta tel. 329 9540695 eugenio.andreatta@meetingrimini.org

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