Si apre con la Messa presieduta dal vescovo di Rimini il XXXVIII Meeting per l’amicizia fra i popoli

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«Tutti hanno diritto di ricevere il Vangelo» e «i cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile». Con questa citazione di papa Francesco è iniziata la Santa Messa di apertura del XXXVIII Meeting per l’amicizia fra i popoli, celebrata alle 10.45 nell’Auditorium Intesa Sanpaolo B3 dal vescovo di Rimini, S. Ecc. Mons. Francesco Lambiasi, e trasmessa in diretta televisiva su RaiUno. Il messaggio del Santo Padre è stato accompagnato da una preghiera per le vittime dell’attentato che giovedì 17 agosto ha colpito il cuore della città di Barcellona: «Chiediamo di renderci capaci di comunicare l’abbraccio che Cristo risorto porta nel mondo».

Dopo la lettura del Vangelo del giorno (Mt 15,21-28), in cui si narra della fede della donna cananea che «si accontenta della briciole», monsignor Lambiasi ha pronunciato la sua omelia. «Dobbiamo riconoscerlo francamente: questo Gesù dal volto severo, dal piglio brusco e intransigente facciamo fatica a inserirlo nel file dei dati che abbiamo salvato in memoria», ha detto il presule. «È sorprendente: il Gesù mite e dolce si presenta così ruvido e inflessibile di fronte a questa mamma che non ha fatto nulla. È forse una colpa imperdonabile appartenere al popolo santo del Dio di Israele?». La prima reazione sembra tradire una certa indifferenza, e i discepoli vorrebbero mandarla via, ha spiegato il vescovo di Rimini. Che però ha chiosato: «Un missionario non può essere dimissionario», e tantomeno «un missionario del Padre può esserlo dei suoi figli». L’incontro tra Gesù e la donna, infatti, si conclude con un annuncio di misericordia e con un «grido di ammirazione stupefatta» per una fede che «Gesù in persona definisce straordinariamente grande, e che Lui stesso non ha mai trovato in tutta Israele», visto che si dichiarava «amareggiato per la sua cerchia»: come con Pietro, «uomo di poca fede». Perciò «Gesù ci rivela il volto di un Dio senza confini e barriere, un cuore molto più grande del nostro, che non si lascia confiscare da nessuno, che non ha paura di far saltare il muro dei fondamentalismi più gretti, di cui in questi giorni abbiamo visto la cieca violenza», ha concluso Lambiasi.

Sullo sfondo della celebrazione, sotto la proiezione dell’immagine di un fedele inginocchiato in preghiera davanti alle rovine di una chiesa demolita, le melodie di accompagnamento eseguite dal coro di “Comunione e Liberazione” di Rimini diretto da Anastasia Gemmani. La preghiera conclusiva è stata dedicata a tutti gli operatori di pace, ai cristiani perseguitati, agli uomini del nostro tempo e in particolare ai giovani, al vescovo della diocesi e a papa Francesco, «perché lo Spirito continui a sostenere il Suo cuore e il vigore del Suo abbraccio carico di tenerezza e misericordia per tutti gli uomini».

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