SENSO RELIGIOSO, ALLA RADICE DELL’UNIVERSITÀ

Press Meeting

Joseph H.H. Weiler, direttore dello Strauss Institute for advanced study of law and justice, ha coordinato l’incontro delle 11 e 15 presso la sala C1. “Don Giussani parlava della sfida educativa, ossia collegare l’università con l’identità religiosa – ha detto Weiler – è molto importante mantenere l’impronta religiosa, in connubio con la missione educativa dei nostri atenei nel mondo, anche se tale compito risulta non sempre facile ed intriso di difficoltà”. “La differenza fondamentale fra l’università cattolica americana e le altre università – coglie la palla al balzo John Garvey, presidente dell’Università Cattolica in America – sta nell’impronta data alla mission educativa, che è cattolica in tutti gli insegnamenti. Noi non vogliamo che gli studenti crescano solo intellettualmente, ma anche spiritualmente. Ciononostante, nei nostri atenei coesistono giovani di più religioni; in particolare, in questo decennio, i musulmani sono passati dal 40 al 60 per cento. I cattolici sono, nel primo corso, all’85 per cento e scendono al 50 per cento nel secondo corso, mentre i docenti cattolici sono il 60-65 per cento fra tutti gli insegnanti”.
La varietà della componente studentesca non si verifica solo in campo cattolico. Moshe Kaveh, presidente della Bar Illan university of Israel riferisce che “anche nel nostro ateneo coesistono giovani appartenenti a più religioni. La nostra università è relativamente giovane, è stata fondata circa 50 anni fa. Nel logo abbiamo voluto porre la Bibbia ed un microscopio, segno della coesistenza fra educazione religiosa e ricerca. La distribuzione degli studenti e il loro susseguirsi nelle generazioni mi ha permesso di conoscerli meglio e di comprendere come calibrare l’impostazione dei corsi secondo le realtà sempre nuove”.
La parola passa a Lorenzo Ornaghi, rettore dell’università cattolica di Milano. “Più volte ci siamo chiesti negli anni che cosa voglia dire essere università – esordisce il rettore – oggi molti attaccano gli atenei che hanno impostazione religiosa, ma credo sia un atteggiamento errato”. L’impostazione della Cattolica, spiega il professor Ornaghi, deve viaggiare di pari passo con il senso dell’essere università, ossia educare, fare ricerca e formazione. “Per questo – spiega – ci interessiamo a ciò che faranno i nostri studenti anche dopo la fine degli studi, cioè formare studenti che a loro volta saranno professori e formeranno altri studenti, anche se non per tutti è possibile aprire le porte della carriera accademica. Dalle università nasce lo stato e da esse l’intera cultura occidentale, perciò credo che dare risposte conservative sia assolutamente parziale: il compito di un ateneo non è solo la ricerca, né la carriera, bensì l’educazione”. Per il rettore della Cattolica l’aspetto più sfidante è forse questo: un’università con una identità religiosa che si propone ad essere l’erede diretta delle prime, grandi università secolari dell’Europa moderna. “E di fatto lo è – è la convinzione del docente – poiché rispetto alle altre università non solo, nonostante le prime apparenze, è più aperta, ma perché dispone anche di un ‘plusvalore’ autentico: quello di perseguire – come ha scritto Giovanni Paolo II nella Costituzione apostolica Ex Corde Ecclesiae sulle università cattoliche – la continua indagine della verità mediante la ricerca, la conservazione e la comunicazione del sapere per il bene della società”.

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