RIPORTARE LA RAGIONE NELL’ISLAM PER LIBERARLO DAL FONDAMENTALISMO Incontro “Islam oggi: tra educazione e ragione”

Press Meeting

I popoli musulmani potranno ripartire solo educando le future generazioni a utilizzare la ragione in modo autentico, come dono che Dio ha dato all’uomo per incontrarlo nella realtà e nella propria esperienza. È quanto emerge dall’incontro “Islam oggi: tra educazione e ragione”, iniziato alle 19,00 in sala A3. Moderata da Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione, la conferenza ha riunito tre personalità di primo piano del mondo cristiano e musulmano: Wael Farouq, musulmano e vicepresidente del Meeting Cairo, docente all’Istituto di lingua araba all’Università Americana del Cairo; Abdel-Fattah Hassan, di fede islamica e docente di Letteratura italiana alla Ain Shams University del Cairo e Robert Reilly, cattolico, membro onorario per la strategia e la comunicazione all’American Foreign Policy Council e autore del libro “Closing of the muslim mind” (la chiusura della mente musulmana). I tre relatori hanno analizzato i problemi dell’Islam moderno vittima di un’errata interpretazione del Corano che ha causato stagnazione, povertà e sottosviluppo nella società, riducendo l’epoca d’oro del IX secolo a un vago ricordo.
Abdel-Fattah Hassan ha aperto il suo intervento sfatando alcune interpretazioni che considerano l’islam una religione chiusa e contraria allo sviluppo razionale dell’uomo. Il docente ha sottolineato che il Corano non contrasta la ragione, la scienza e tutto ciò che può essere occasione per incontrare Dio nella realtà ed innalzare l’uomo verso di lui. “Non ci può essere contraddizione fra la scienza e la fede, fra la rivelazione e la ragione…l’islam è favorevole all’idea di prendere da ogni cosa quanto vi è di buono e utile, sia esso antico e moderno… il musulmano credente deve aggrapparsi alla saggezza da qualsiasi parte venga”. “Noi musulmani – ha continuato – specialmente dopo la Primavera araba e il tramonto dei regimi totalitari… dobbiamo scatenare la ragione affinché passi sopra l’inerzia, inventi e abbia la creatività per il bene e il progresso dell’umanità”. Secondo Hassam gli intellettuali e le autorità religiose musulmane hanno la responsabilità di educare le nuove generazioni a riscoprire questa apertura al giudizio critico. Solo in questo modo si possono raggiungere traguardi come la tolleranza e l’amicizia fra fedi e culture diverse.
Robert Reilly ha analizzato l’argomento da un punto di vista storico, riprendendo il rapporto fra fede e ragione presentato dal Papa nel suo intervento all’università di Ratisbona. Secondo lo studioso statunitense è il rifiuto della razionalità mutuata dal mondo greco (ellenizzazione) ad opera di studiosi islamici contrari a una apertura verso la realtà che dopo il IX secolo ha ridotto il Corano a una mera raccolta di regole non interpretabili. “Essi – ha affermato – interpretavano Dio come potere assoluto, capace anche di essere in contraddizione con le sue stesse scelte…ciò ha portato i musulmani a non aver più la capacità di scegliere, di distinguere razionalmente fra bene e male. Uccidere è sbagliato non per una contraddizione morale, ma solo perché lo afferma Dio”. Tale visione è quella che domina oggi l’islam sunnita, ma anche il mondo occidentale. La negazione dei valori fondamentali che costituiscono ha prodotto nel mondo musulmano l’estremismo religioso, in quello occidentale cristiano il relativismo. D’accordo con Hassan anche Reilly invita a “ri-ellenizzare il mondo islamico, riaprendo le menti dei giovani attraverso un utilizzo adeguato della ragione”.
Per Wael Farouq la ragione collega l’essere umano con Dio. “Nel Corano – ha spiegato – il termine ragione compare 49 volte ed appare con un verbo al presente, perché ciò che interessa non è il concetto astratto, ma un’azione che permette ora di giudicare la realtà”. Lo studioso ha fatto notare che questa visione è rifiutata dalla maggior parte degli studiosi musulmani moderni. Il fondamentalismo, ma anche quello che viene definito islam moderato, poggiano su falsi concetti di ragione, modernità e tradizione. “In alcuni Stati musulmani – ha fatto notare – i mezzi sono più importanti degli obiettivi, che hanno sviluppato una contraddizione fra forma e contenuto”. Si preferisce tagliare una mano a chi ruba piuttosto che difendere meglio la ricchezza. Inoltre la perdita di un pensiero razionale ha condotto la società a rinunciare ad avere un suo pensiero. Tutto oggi è in mano di elite religiose e politiche”. La rinuncia a questo rapporto con la realtà ha prodotto una rottura fra il concetto di tempo e luogo: i modernisti vivono l’adesso ma le loro menti appartengono all’occidente, i fondamentalisti vivono qui, ma il loro pensiero è ancorato al passato. L’unica strada per cambiare questa visione è l’educazione dei giovani al recupero di tale rapporto. “Conservare i valori non significa congelarli in qualcosa di immutabile, ma dar loro nuova forma”. I giovani devono quindi guardare al passato in modo critico, come un tempo vissuto non immobile, immutabile, acritico. Il docente musulmano, ha ribadito infine che sviluppare la curiosità, l’attenzione a ciò che circonda dà un nuovo slancio alla creatività. Per Wael “l’obbiettivo più alto del processo educativo è riportare questa armonia fra l’oggi e la storia”.
Guardando alla situazione drammatica del mondo musulmano e occidentale i tre relatori hanno riconosciuto che la possibilità di un incontro vero fra le culture è data da un approfondimento della stessa natura umana. “Cristiani e musulmani – ha sottolineato Reilly al termine dell’incontro – hanno anime ordinate verso lo stesso bene, che dà significato della natura umana. Questo bene è Dio”.

(S.C.)
Rimini, 19 agosto 2012

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