(RI)GENERARE LE ISTITUZIONI. Oltre la contestazione, contro la violenza

Press Meeting

“Un’Europa ferma, inerte, stanca, con le istituzioni incapaci di rigenerarsi”. Di qui Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano, esordisce al caffè letterario, presentando il diciannovesimo numero della rivista Oasis, dedicato alle istituzioni e al sorgere delle contestazioni in Occidente e nel mondo arabo. Sugli articoli pubblicati in questa rivista si confrontano Lorenza Violini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Milano e Wael Farouq, visiting professor di Lingua araba all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e vicepresidente del Meeting Cairo.
“Lo stato in cui viviamo – afferma la costituzionalista – vive su presupposti che da solo non è in grado di produrre né garantire. I vari scrittori della rivista lasciano intravvedere questi presupposti, ovvero cosa rende civile una società”. Primo fra tutti una moralità “che poggia sulla consapevolezza che ci sono dei legami con la vita, con i fratelli, i vicini, i lontani: il senso dei legami”. Il senso dei legami dice chi è l’uomo, il soggetto che si muove dentro le istituzioni “che non sono un orpello: quando mancano, la violenza si fa terribile. Oggi il mondo occidentale è pacifista ma la violenza che si annida in una società secolarizzata è peggio dei cannoni”. È critica rispetto all’esportazione della democrazia in Iraq: “Se vuoi esportare la democrazia in un Paese dove non è mai stata presente è evidente che non fai elezioni”.
Se la violenza è un dialogo impedito, la rivista Oasis è un dialogo in divenire. Farouq spiega quanto è d’aiuto una pubblicazione anche in lingua araba: “Cambia l’immaginario sugli occidentali, altrimenti descritti con stereotipi per i quali libertà è uguale a immoralità. Le religioni non possono dialogare, le persone sì”. In piazza Tahrir ha visto musulmani che, per proteggere chi voleva pregare, hanno preso una croce e cartoni “facendo una chiesa di corpi” e i cristiani lo stesso con loro. Nasceva uno spazio in cui i musulmani potevano pregare. “Chi chiedeva libertà, giustizia sociale e pane si è ritrovato un governo islamista: sembra un fallimento, ma quei musulmani e i cristiani hanno fondato un partito e scelto una donna cristiana come guida: il vero cambiamento non avviene quando cambia il potere ma le persone”.
Immersi in un mondo spaventato dal diverso, con un Occidente che risolve la questione eliminando le differenze (vedi la Francia, dove le leggi criminalizzano l’espressione religiosa), il significato delle cose ci arriva dai perseguitati dell’Iraq: hanno scelto di fuggire pur di non rinunciare alla propria fede “mentre per noi la fede è qualcosa di romantico che non cambia la realtà. Per noi tutto è uguale. Per loro no”. E conclude: “Abbiamo la capacità di rigenerazione, questa è l’eternità”.
(D.T.)

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