Povertà sanitaria, esperienze internazionali a confronto

Press Meeting

Massimo Ferlini vice presidente della Compagnia delle Opere ha introdotto il dibattito delle 19.00 nella Sala Mimosa B6 a cui hanno preso parte cinque relatori di diversa nazionalità e professione.
“Il Banco farmaceutico” ha affermato Ferlini “nasce da un incontro tra le aziende farmaceutiche del territorio e la CdO per rispondere alle esigenze delle famiglie bisognose”. La difficoltà iniziale è stata dettata dal fatto che era consentita solo la distribuzione di alcuni farmaci da banco che in realtà rappresentano appena il 20 per cento del consumo effettivo. È necessaria una maggiore sensibilità per diminuire gli sprechi eccessivi dei farmaci; “attendiamo anche leggi o modalità – insiste Ferlini – che aprano a un più proficuo utilizzo dei medicinali altrimenti destinati a essere distrutti”.
Francesco Marsico, vice direttore di Caritas italiana, evidenzia l’importanza che ha nel nostro Paese il lavoro svolto dai volontari. “Le Caritas non fanno tutto, ma valutano i casi più gravi – essendo a contatto diretto col territorio – rispondono a problemi famigliari ed economici dei cittadini. È importante sensibilizzare gli enti locali alla sussidiarietà, ossia alla capacità di mobilitazione delle strutture di fronte ai nuovi bisogni sempre in aumento”. Marsico rileva che il tasso di povertà assoluta dal 2009 ad oggi è cresciuto dal 4,7 per cento al 6.8 per cento: “Molte persone sono sottoposte a rischi di stress dovuti alla precarietà del lavoro che incide sulla salute”. Attualmente l’attenzione al benessere dell’individuo è prevalentemente delegata alla strutture socio-sanitarie non residenziali a cui tuttavia una parte della popolazione non può accedere a causa dei costi.
“Stavo partendo per il Canada quando mi resi conto che la mia opera era più necessaria alla realtà europea”, esordisce Anthony Dunnett, presidente di International Health Partner. Lo spreco enorme di medicinali, l’indifferenza per i problemi del terzo mondo lo hanno portato a creare un’associazione umanitaria che riuscisse a rispondere il più possibile a questi problemi. “Ho visto la mano di Dio – continua Dunnett – siamo riusciti a ricevere più di 120 milioni di euro da oltre settanta case farmaceutiche con cui abbiamo soccorso 25 milioni di persone in 22 paesi diversi”. Il grosso problema nei paesi in via di sviluppo è legato al funzionamento pressoché nullo della rete di distribuzione. “Nel dialogo con alcuni ministri africani è emerso che spesso gli aiuti risultano vani a causa di un’inappropriata rete organizzativa”. È allarmante ad esempio il tasso di mortalità nel continente subsahariano nonostante le risorse ricevute. “Come reagire? – domanda Dunnett – se ci crediamo possiamo creare nuovi modelli di organizzazione”.
Un contributo importante al dibattito viene anche da Enrique Hausermann, presidente di Asso Generic azienda leader nella produzione di medicinali generici e partner del Banco farmaceutico: “Abbiamo sempre aderito al Banco farmaceutico perché crediamo che le aziende devono aiutare chi è in difficoltà. Il dato negativo è che il banco fornisce solo farmaci da banco, che equivalgono a una piccola parte del bisogno effettivo. Stiamo cercando il sistema di poter far accedere tutti i tipi di farmaci al banco, purtroppo le regolamentazioni sono rigide, Ma la nostra disponibilità c’è”.
Paolo Gradnik presidente del Banco farmaceutico sottolinea l’importanza del valore della solidarietà. “Sono uscito dal pensiero dominante per il quale è lo stato che si deve occupare di queste cose. Ho pensato che invece è anche compito mio. Mi sono adoperato per sensibilizzare varie realtà rispetto al Banco farmaceutico, collaborando con le Caritas diocesane che si sono dimostrate molto disponibili ed efficaci nel rispondere al bisogno concreto delle famiglie”. Le Caritas infatti, ricorda il presidente del Banco, sono una realtà in espansione, “i loro sportelli sono aumentati del 47% nei recenti anni di crisi”. Gradnik si è reso conto di aver intrapreso la strada giusta, quella della solidarietà diretta. “Un uomo che soffre non ha tempo per le riforme”.
Al termine i relatori, con il contributo soprattutto di Marsico, propongono alcuni interventi da cui emergono altri dati. “Oggi – spiega il direttore della Caritas, “quattro milioni di persone non hanno i soldi per fare la spesa, studiare e curarsi”. Sempre i dati Istat rivelano la presenza di un’ulteriore fascia sociale il cui scarso reddito non consente un tenore di vita dignitoso e che non è agevolata dall’istituzioni pubbliche, non essendo soggetta a nessun tipo di detrazione. Obiettivo della sussidiarietà – è la conclusione – è riuscire a tutelare il benessere di queste fasce sociali che si trovano in situazioni di difficoltà a cui lo stato non riesce a far fronte.
Una grossa conquista a livello europeo, ricorda infine Gradnik, è la recente creazione di un fondo sociale destinato ai bisogni dei paesi poveri, che consentirà l’acquisto di farmaci specifici e un’efficace distribuzione.

(V.L., F.P.)

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