Per me vivere è Cristo. Metropolita Antonij

Press Meeting

“L’iniziativa di Cristo si identifica con colui che egli sceglie e afferra. La figura del metropolita Antonij non solo ha operato per quelli che come lui avevano perso tutto, ma anche per la nostra crescita, perché anche in noi si mostrasse la fortezza dell’iniziativa di Dio”. L’affermazione è di Francesco Braschi, dottore della Biblioteca Ambrosiana e presidente di Russa Cristiana che introduce l’incontro di presentazione della mostra “Per me vivere è Cristo. Metropolita Antonij”, visitabile da oggi al Meeting nella piazza C1 MSC Crociere. La tavola rotonda si svolge nel gremito salone Intesa Sanpaolo B3 alle ore 19.00. Al tavolo dei relatori sono presenti i curatori della mostra: Aleksandr Filonenko, docente di Filosofia all’Università Nazionale di Char’kov in Ucraina, il filosofo e docente all’Università Nazionale di Kiev-Mohyla sempre in Ucraina Costantin Sigov e dalla Bielorussia Dimitrij Strotsev, poeta, editore e membro del Fondo per l’eredità del metropolita Antonij di Surozh.
Ma chi è il metropolita Antonij? Da dove nasce la mostra che vediamo?
Filonenko risponde alle domande di Braschi a partire da una affermazione dello stesso metropolita: “Dio ha permesso di incontrarci”. Il filosofo prosegue suggerendo al pubblico di riflettere sul fatto che spesso l’espressione appare scontata. “Parlare dell’incontro è sempre una gioia che viene da Dio, è l’istante in cui le persone si trovano faccia a faccia, le distanze terrene non separano più le persone”. È in questo il valore della mostra che vediamo: nella grande possibilità di incontro e amicizia nata tra coloro che, a partire dall’esperienza del Meeting di quattro anni fa, hanno desiderato coltivare “quell’amicizia volante” tra Ucraina, Bielorussia e Italia per “guardare la strada del metropolita Antonij e di don Giussani e condividere con tutti la gioia che ne è derivata”. Il docente spiega quindi la storia del metropolita, nato nel 1914, proveniente da una famiglia di diplomatici russi sorpresi dalla Rivoluzione d’Ottobre e ritrovatisi profughi senza possibilità di rientro in patria. Cresciuto e formatosi a Parigi, condivise la situazione di incertezza degli emigranti russi banditi e ripudiati dal nuovo potere bolscevico. Inizialmente poco incline alla pratica religiosa, a quattordici anni visse un’esperienza di incontro con Cristo che segnò definitivamente la sua vita e la sua fede.
Qual dono rappresenta il metropolita per tutta l’Europa? Che cosa ci consegnano il suo ricordo e la sua esperienza? Sigov racconta, a partire dalla sua esperienza, che i testi del metropolita Antonij, arrivati in Unione Sovietica tramite il samizdat, hanno subito l’anticlericalismo creato dal regime. Ciò non gli ha però impedito di gioire di ciò che leggeva. L’incontro con il metropolita ha portato al dono del Battesimo lui e la sua famiglia. “È stato il primo sacerdote per cui ho smesso di avere sfiducia”. Il docente cita quindi l’opera “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”, che raccoglie testimonianze di tutti coloro con cui il metropolita ha voluto condividere la gioia della comunione. Fa quindi riferimento a sette lettere inedite ottenute da un’amica novantenne del metropolita nella Parigi occupata dal Nazismo. Le lettere contengono incredibilmente l’invito a non cadere nell’epidemia della meschinità: “Fate in modo di non abituarvi mai a niente”. Che cosa lega l’esperienza di Antonij a don Giussani? “Hanno contribuito a ricostruire l’Europa. Dopo la prima e la seconda Europa, oggi si pone in modo particolare la domanda sulla dignità dell’uomo. Il tema è la liberazione dall’illusione di una falsa mentalità”.
Strotsev interviene con alcune sfumature significative in rapporto alla mentalità odierna. “Ho una sensazione chiara e netta, anzi no, una sensazione piuttosto oscura: stiamo entrando nel terzo millennio in qualche modo oscuro, complicato, sgradevole. Per quanto riguarda la vita della chiesa deve rimanere integra, ma noi non dobbiamo avere paura di pensare liberamente. Tutto ciò avverrà a tempo debito, anche se abbiamo sentito ripetere all’infinito che tante persone si allontaneranno dalla fede (non penso tanto alla Russia), non perché quello che è stato detto tanto tempo non sia vero, ma perché è cambiato il linguaggio e l’approccio. Dobbiamo radicarci in Dio e non avere paura di pensare e sentirci liberi”.
Il metropolita Anthony – ha proseguito Strotsev – ci ha fatto vedere un modo completamente nuovo di avvicinarci all’esigenza dell’unità dei cristiani. Un modo a volte paradossale, quando afferma che si può collaborare con i cattolici, si può in casi di calamità essere solidali, ma “se vuoi essere cristiano devi essere ortodosso”. Non c’è una sorta di negazione categorica della chiesa cattolica, piuttosto l’ansia e il dolore per la chiesa perseguitata e a rischio di estinzione.
“La questione dell’unità è avvertita dal metropolita – prosegue Strotsev – secondo il concetto teologico di perihoresis che significa ‘compenetrazione circolare’”, per descrivere la relazione che avviene all’interno della Santissima Trinità: “Tre si amano tanto l’un l’altro che uno dei tre fa un passo indietro improvvisamente, si sacrifica, per permettere agli altri due di rivelarsi nella loro pienezza di amore reciproco”.
“Io vedo – ha concluso – l’unità come una danza perihoresis di amore reciproco in cui ognuno dei partecipanti a questo movimento circolare è pronto a cedere il passo all’altro dal profondo della sua esperienza di pienezza”. Così si diventa testimoni gratuiti di Cristo e del piano di Dio. “Un esempio di questa danza è l’evento che ci ha riunito oggi – è la conclusione – una straordinaria mostra del primate della chiesa ortodossa, il metropolita Antonio Sourozh, nel cuore della cattolica Italia al Meeting di Comunione e liberazione”.

(A.Cap., G.L.)

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