Per continuare un incontro … Enrico Flamini

Press Meeting

Rimini, mercoledì 22 agosto – Dopo il convegno di ieri, “Altre terre? Da Marte ai pianeti extrasolari” cui hanno partecipato anche Roberto Battiston e Alessandro Morbidelli, l’astrofisico Enrico Flamini, responsabile dell’esperimento MARSIS che ha scoperto l’acqua liquida su Marte, è oggi ancora a disposizione delle domande del moderatore Nicola Sabatini, direttore di Camplus College Città Studi di Milano e di quelle dei visitatori, nell’Arena Exoplanets B3.
“La domanda che ci assilla è da dove proveniamo e dove andiamo, tutto quello che possiamo osservare da noi stessi è ciò che ci circonda attualmente. È per questo che abbiamo l’ansia di scoprire su di esso tutto ciò che sappiamo. Questa è scienza, l’apprendere, il conoscere, questa è la vera sorgente di ogni impresa spirituale umana”: inizia da questa citazione di Schrodinger il moderatore Sabatini. Poi domanda: “Mi stupisce che nel 1993 si decide la missione e i risultati si raccolgono quindici anni dopo. Tutta questa passione per la conoscenza come si sorregge, cosa da gusto a quel tipo di attesa?”.
Flamini risponde: “La storia è anche più lunga!”. Due esempi: “Mars Express, con a bordo Marsis, proposta nel ’96 e lanciata nel 2003, con una fase di realizzazione di politiche scientifiche e poi di progettazione vera e propria. E poi vi sono voluti ancora anni per raccogliere dei dati”. Inoltre “un conto è fotografare la Torre di Pisa, un conto è capire come fu costruita”. Il secondo esempio è la missione Gassin, “pensata grossomodo nella prima metà degli anni ’80. Il primo contratto industriale per la realizzazione dello strumento che ho seguito era del 1989, nel ’90 è stata approvata ufficialmente, l’abbiamo lanciata nel ’97, arrivò a Saturno nel 2004, e la missione ha continuato a raccogliere dati fino a settembre dell’anno scorso”.
Si copre tutto il tempo di una vita lavorativa e vi sono fasi di lobbying scientifica che possono sfociare anche in aspra discussione. “È chiaro che se uno si aspetta risultati scientifici immediatamente spendibili è completamente fuori strada”. Realizzare una missione necessita motivazione e testardaggine, “capacità di non arrendervi e di faticare” ma, citando l’intervento di Mario Calabresi sul 1968, “raggiungere una cosa in tempi rapidissimi e in maniera molto facile di fatto sminuisce anche il valore della cosa raggiunta”. Continua Flamini: “Quando ci metti tempo e impegno e alla fine hai un risultato, al di là del valore oggettivo per loggia conoscenza umana, delle conseguenze applicative, la scoperta ha un valore intrinseco straordinario per lo scienziato”.
Dal pubblico chiedono se questa scoperta ha cambiato l’agenda futura delle missioni spaziali e Flamini risponde: “Tutto ciò che è stato pianificato si farà”. Modificazioni ci saranno nelle modalità delle missioni a partire da dopo il 2020, che, attestata la profondità del lago salato, non mireranno più a trivellare i pochi metri che è possibile perforare, ma solo a recuperare ghiaccio, per avere ossigeno e combustibile e prepararci alle missioni umane. “Andare su Marte e ritornare sulla Terra vorrebbe dire restare là almeno un anno”. Sarebbe bene trovare il modo, dunque di produrre cibo, combustibile ed ossigeno in loco, gli ultimi due proprio a partire dall’acqua. Per il cibo, oltre alle pillole liofilizzate, si sta iniziando a progettare serre come quelle del film “The Martian” e si è abbastanza avanti su questo punto di vista.
Viene chiesto poi se l’ipotesi della terra-formazione (la ri-creazione delle condizioni terrestri su un altro pianeta) è percorribile. “Con SHARAD abbiamo misurato lo spessore del Polo Nord di Marte e abbiamo calcolato che sciogliendolo potremmo creare un vasto bacino idrico ma servirebbe molta energia per farlo.”. Un altro problema è il fatto che il campo magnetico marziano è piuttosto debole, quindi non può schermare il vento solare e ciò provocherebbe la perdita dell’acqua. “Idealmente, ricoprendo Marte di pannelli solari si potrebbe trovare l’energia sufficiente a sciogliere la calotta polare, ma comunque non sapremmo come trattenerla”. Un’ipotesi è fare terra-formazione solo in piccole zone, creando campi magnetici locali. Oppure si potrebbe utilizzare la zona vulcanica di Marte, che è anche la meno nota. Si ipotizza che questa sia simile alla zona vulcanica della Luna, dove ci sono lava-tunes, in cui ci sono caverne che potrebbero ospitarci.
Così nel pubblico sorge la curiosità sulle tempistiche per una eventuale missione umana. “I tempi sono dettati dalla disponibilità di fondi. Se avessimo risorse economiche infinite, impiegheremmo una decina di anni. Ci manca la capacità di tornare sulla Terra e non voglio pensare a una missione suicida, senza ritorno. Mi servono sicuramente sette o otto anni per fare prove di andata e ritorno senza uomini a bordo”. Verificata tale fattibilità la missione potrebbe iniziare. Inoltre non si può andare e tornare con propulsione chimica: serve propulsione elettrica di alta e media potenza. Sorge quasi spontanea la domanda sulle problematiche relative alla reazione del corpo umano alla diversa gravità marziana. “Dall’esperienza sulla stazione spaziale sappiamo come diminuire gli effetti dell’assenza di gravità. Ho incontrato Paolo Nespoli, dopo meno di un mese dal suo ritorno dallo spazio e stava già benissimo”. I problemi, però, sussistono. “Una via possibile è un esoscheletro leggero che compensi parte della mancanza di forze risentita dall’astronauta.”. L’ultima domanda riguarda l’opinione di Flamini sulla collaborazione di agenzie pubbliche e Space X. “L’affacciarsi di privati è una cosa che stiamo ancora digerendo”. La NASA ha finanziato Space X, perché lo vede come una risorsa: Elon Musk, usando denaro proprio, può prendersi responsabilità che un ente pubblico non può permettersi e questo facilita la sperimentazione. “Stiamo trovando un modo di collaborare, perché entrare in competizione è inutile”.

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