Napule, popolo e Dio

Press Meeting

Dopo il concerto al Meeting 2004, il Trio “Napolincanto”, composto da Gianni Aversano, voce e chitarra, Nando Piscopo, mandolino e Domenico De Luca, chitarra solista e percussioni, è tornato quest’anno, nell’austera cornice del malatestiano Castel Sismondo, per presentare in anteprima una parte del nuovo spettacolo (raccolto in un cd edito da Polosud) dal titolo “Napule, popolo e Dio”. Lo spettacolo, che ha proposto di ogni pezzo la sorpresa di un arrangiamento originale rispetto a quello cui il pubblico è abituato, è stato aperto con “Vergine mamma bella”, una straordinaria interpretazione dell’”Inno alla Vergine” di Dante, magistralmente cantata e arrangiata musicalmente. Tra le canzoni “classiche” hanno colpito e incuriosito il pubblico le tre nuove strofe di “Te voglio bene assaje”, che furono richieste dal cardinal Riario Sforza a Raffaele Sacco alla fine del ‘900, con l’intento di dare alla canzone “un soggetto sacro” e che presero il titolo “Dio a l’ommo” (l’amore incondizionato di Dio per l’uomo, testimoniato dal sacrificio di Cristo che lava la colpa del peccato originale).
Oltre alla novità, il pubblico ha apprezzato la “gioia” espressa nelle “tarantelle” e nelle “tammurriate” di ringraziamento e di festa (“Madonna de la grazia”, “Cicerenella”, il “Canto dei Sanfedisti”, “Tammurriata nera”, per citarne alcune). Appoggiandosi sull’operazione già compiuta da Roberto De Simone e partendo dalle incisioni della Nuova Compagnia di Canto Popolare, il trio “Napolincanto” ha riproposto una versione “elegante” del patrimonio della canzone popolare napoletana: nell’alveo di questa tradizione il trio si è inserito con “Tangando scétate e guarda”, una commovente espressione del “possesso nel distacco” di cui parlava don Giussani.
Dopo oltre due ore di travolgente spettacolo, il pubblico, mai stanco della performance, è stato ulteriormente coinvolto con la “macchietta” del celebre Totò “Il bel Ciccillo”, e poi con “Torna a Surriento” e “O surdato ‘nnammurato”: il calore dei canti napoletani (proposti con quella fede e quel gusto della bellezza splendore del vero, tramandate da padri-maestri grazie ai quali esiste e canta “Napolincanto”) per una sera ha preso il sopravvento anche sull’austerità dell’ambiente circostante.