Musumeci: “La povertà educativa e la grande sfida dei giovani alla politica”

Press Meeting

Rimini, mercoledì 22 agosto – L’incontro dedicato a “Sud, giovani e lavoro”, tenutosi questo pome-riggio alla MeshAREA TALK, Intesa Sanpaolo, ha riproposto la mai sopita né risolta questione meri-dionale, con le sue contraddizioni e i dati stridenti, fra Nord e Sud, in termini di reddito ed occupa-zione. Una “questione” di cui gli ospiti hanno fornito ampia documentazione e cercato di individuare le cause. Al tempo stesso, non si sono sottratti all’invito del moderatore Antonio Saladino, di proporre possibili vie d’uscita. Hanno parlato, dunque, del Sud, tre protagonisti del nostro Meridione: Paolo Manichedda, già assessore ai Lavori pubblici della Regione Sardegna; Nello Musumeci, presidente della Regione siciliana e monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto.
I due uomini politici hanno fornito alcuni dati che vedono il Sud e le Isole in sofferenza in vari settori. La disoccupazione è al 19,4% contro il 6,9 del Nord e il 10% del Centro. In Sicilia, su cinque milioni di abitanti, solo un milione 350mila ha un lavoro e il 30% delle persone è sulla soglia della povertà. Duecentomila laureati sono emigrati al Nord nell’arco di dieci anni, dal 2008 al 2018. Il Pil (prodotto interno lordo) pro capite è di 34.200 euro nelle regioni di nord ovest e di 18mila euro al Sud. Dal 1861 al 2017, il Pil del Settentrione è cresciuto di quindici volte, quello del Mezzogiorno solo di nove.
Le responsabilità? Manichedda ha insistito sulle colpe dello Stato, “egemonizzato e controllato da uomini provenienti dalle aree forti del Paese, che hanno portato via risorse al Sud, e lo hanno abbandonato al suo destino”. Musumeci ha parlato di “una classe dirigente che ha cercato al Sud un consenso drogato, facendo della burocrazia un ammortizzatore sociale in grado di dare occupazione senza lavoro”. Ha accusato tutti i partiti di “quarant’anni di politica scellerata ed assistenziale”. Ha puntato il dito contro una industrializzazione scriteriata, contro il governo di Roma, che ha tagliato fuori il Sud dai grandi flussi commerciali da Suez al Baltico, che non dà soldi anzi li riduce (4,6 miliardi di euro in meno dal 2010 al 2017), che non garantisce la legalità contro una mafia “che non vuole cadaveri per strada ma alleati nel mondo politico ed economico”. Ma anche la gente del Mezzogiorno, secondo Musumeci, ci ha messo del suo, coltivando la mentalità del posto fisso, ottenuto grazie “agli amici del giaguaro”, alimentando il mito della laurea come passaporto per entrare nella buona società, rifiutando il lavoro manuale, “con il risultato di avere il 35% di fuori corso fra gli studenti universitari”. “Negli uffici pubblici – ha raccontato Musumeci, con una punta di amarezza – ci sono funzionari che, quando un giovane si presenta con un progetto ed insiste, gli chiedono ‘ma sempre qua vieni? Ma non hai altro da fare?’ Anche così si uccide il Sud”.
Quali risposte dare ad un Meridione che ancora non riesce ad essere autonomo rispetto “ad un Nord ricco e superbo”, secondo la definizione di Musumeci? Manichedda, sollecitato sull’emergenza educativa, ha sostenuto che “quando prevale la forza, prima dell’educazione occorre ripensare i poteri dello Stato e tagliare gli artigli a enti che ci sottraggono ricchezza, come l’Anas e l’Enel”. Musumeci ha chiesto più infrastrutture per invogliare gli investimenti stranieri; istituti di credito meridionali e non semplici filiali di grandi banche; aeroporti e vie di comunicazione; possibilità di assumere professionisti “perché sennò i progetti non si fanno e Bruxelles si riprende indietro i finanziamenti”. Il presidente si è preso anche un impegno: liquidare tutte le società partecipate con bilanci fallimentari, “che non tutelano il lavoratore ma il posto di lavoro e per le quali la Regione Sicilia non sarà più un bancomat senza fondo”.
Monsignor Santoro, un’esperienza di docente a Rio De Janeiro, prima di arrivare a Taranto nel 2012, non ha negato nulla dei dati forniti e delle analisi, ma ha invitato “ad ampliare l’orizzonte”. “Bisogna star vicini alla gente e ai suoi problemi – ha affermato l’arcivescovo, che tutte le mattine ascolta persone con problemi di salute e di lavoro – Occorre ricordarsi sempre che dietro un problema c’è un volto con un nome e cognome. Il risveglio di una persona c’è solo davanti alla comunicazione di una speranza e di una prospettiva”. Santoro ha ricordato il suo arrivo all’università di Rio, davanti all’ostilità degli studenti del precedente professore che lui era stato mandato a sostituire. “Il muro contro muro non avrebbe portato a nulla – ha raccontato – Usai con loro lo stesso modo di fare che un sacerdote, don Giussani, aveva avuto con me, quando mi mandò in Brasile: simpatia, valorizzazione, accoglienza. Bisogna partire da esperienze positive, possibili ovunque, che ridestano le persone”.
Sulla vicenda dell’Ilva, Santoro ha favorito il dialogo fra le forze in campo, ha chiamato due ministri sul posto, ha fatto pressione sulle forze politiche perché non si continui nell’attendismo e nell’incertezza. “Associazioni, gruppi e movimenti – è stato l’invito del presule – si mettano insieme per un efficace impegno educativo, che affermi il valore della persona prima del profitto, che ricordi che un lavoro è degno perché è degna la persona che lo esercita”. Un appello a cui Musumeci non si è sottratto. Il presidente ha ricordato l’incontro con un ex tossicodipendente di Catania, che gli aveva detto di drogarsi perché aveva paura della vita. “Questa povertà educativa – ha concluso l’uomo politico – è la grande sfida che i giovani lanciano oggi alla politica”.

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