L’io espressione di autenticità: il design di storia e cultura

Press Meeting

Rimini, 22 agosto 2015 – “Oggi l’io si trova davanti alla sfida di colmare la mancanza”. Con queste parole Chiara Piccinini, docente di Lingua cinese all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, introduce alle 11.15 in Sala Neri Conai, l’incontro “L’io espressione di autenticità: il design di storia e cultura” realizzato in collaborazione con FederlegnoArredo. Partecipano James Biber, architetto e progettista del Padiglione degli Stati Uniti a Expo 2015, il direttore generale della Triennale di Milano Andrea Cancellato, Andrey Yurevich, architetto capo della direzione economica della Chiesa ortodossa russa e Francesco Braschi, dottore della Biblioteca Ambrosiana e presidente di Russia Cristiana.
È Biber a prendere la parola per primo, esponendo la sua idea di architettura come ricerca di identità: “Ogni edificio racconta la storia di colui che l’ha creato” e porta ad esempio l’Expo di Milano: le varie nazioni che espongono nei padiglioni trasmettono le proprie identità, perché “gli edifici, in generale, raccontano le biografie di chi li costruisce”. Parlando del suo progetto per Expo, l’architetto descrive il padiglione degli Stati Uniti come simbolo di un paese complesso: “Se lo si osserva dall’alto sembra uno Stato fatto a griglia. La serra verticale del suo progetto ha uno schermo gigante che fa filtrare la luce. Non può mancare il logo della bandiera Usa, simbolo d’identità”. Infine, conclude Biber: “L’idea che volevo trasmettere è quella di un edificio sempre in movimento, quindi rassicurare che la crisi è finita”.
Nella sua relazione Cancellato prende invece in esame il museo del Design di Milano. “Che cos’è il design italiano?”, si chiede il direttore. “Il design è capacità di reazione alla crisi e allo stesso tempo il racconto del nostro Paese: la cultura, l’economia, la società. Il museo si occupa delle cose di tutti i giorni, non è solo un fatto estetico: lo scopo è rinnovare il concetto di bellezza nel mondo”. Di fronte alle crisi che si affacciano nel mondo, di cosa c’è veramente bisogno? Questa è la vera domanda alla quale cercano di rispondere i teorici del design contemporaneo.
Yurevich esordisce proponendo delle diapositive con testimonianze della sua vita, “una vita che all’inizio aveva poco di religioso, ma la domanda: ‘in che cosa è racchiuso il senso della vita?’ mi ha da sempre seguito”. Il sacerdote racconta del trasferimento in Siberia dove si ritrova in breve tempo architetto-capo: “Il mio cuore, però continuava sempre a desiderare qualcosa”. Allora perché non conciliare architettura e fede? Yurevich diventa così un “architetto credente”, costruendo le chiese del Paese e occupandosi anche insieme alla moglie di organizzare attività sociali per i ragazzi. L’energico sacerdote viene poi richiamato a Mosca per occuparsi della costruzione di centinaia di chiese. “Cos’è la Chiesa nel ventunesimo secolo in Russia?”, si chiede. “Le chiese devono essere ‘contemporanee’ e viaggiare tra tradizione e innovazione”. L’architetto-sacerdote conclude la sua lunga riflessione con una confessione: “Vorrei dare soprattutto la mia testimonianza di fede ed essere ricordato come un architetto non di fredda pietra, ma di anime umane”.
Sull’onda della cultura orientale, l’ultimo ospite, Francesco Braschi, evidenzia un dato di oggi: la perdita dei punti di riferimento. In questo contesto è importante recuperare l’immagine di chiesa propria del cristianesimo orientale, concepita come un cuore, per il quale tutto il tempo e lo spazio assumono un significato nuovo. “Il dato fondamentale è la presenza di Cristo in mezzo a noi”: di qui la concezione di spazio sacro nel quale il tempo ha un movimento armonico. “Bisogna trovare un significato al fare dell’uomo – avverte il docente – e non accelerare verso il niente”. La Bibbia, ricorda poi lo studioso, in più punti parla dell’artigianato: Dio chiama per nome l’artigiano. L’artigiano è colui che sa chi è e ha le competenze tecniche, una capacità di progettare e di fare. In questo quadro, conclude il relatore, è possibile trovarci di fronte a “un io sintesi di storia e cultura”.

(D.P.)

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