“L’incontro con l’altro: genio della Repubblica. 1946-2016”: lo Stato

Press Meeting

È giunto al suo quinto appuntamento il lavoro di approfondimento dei temi trattati nella mostra sui settant’anni della Repubblica: una lezione sullo Stato che in Sala Illumia B1 alle ore 19 ha tenuto Sabino Cassese, Docente di Global Governance alla School of Government della Luiss di Roma. Andrea Simoncini, Docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze, ha introdotto l’incontro con un aneddoto e una domanda. “Ricordo che mio nonno, pensionato fin dagli anni Trenta, ha continuato a percepire la propria pensione invariabilmente durante il fascismo, sotto le bombe della guerra e con la Repubblica. Ma allora, vi è stata una continuità dello Stato o no? In questi settant’anni com’è cambiato lo Stato italiano?”.

Cassese suddivide la lezione in tre parti. L’esordio, il percorso fatto e l’approdo odierno con uno sguardo al futuro e non si sottrae alla domanda del moderatore. “Credevamo che le stelle fossero a portata di mano e invece solo alcune delle speranze, attese e promesse sono state attuate”. Negli anni immediatamente successivi alla scelta della forma di governo e all’approvazione della Costituzione, Cassese documenta i connotati di un netto cambiamento rispetto al passato. L’Italia si apre al mondo uniformandosi alle norme internazionali e aderendo a trattati che limitano la sua sovranità. Ripristina da subito la libertà di parola e di associazione e attua il suffragio universale ottenendo una partecipazione al voto pari al 90 per cento.

D’altro canto, però, annota il giurista: “L’attuazione della Costituzione è lentissima, le ragioni della società non prevalgono su quelle dell’individuo, nonostante la nostra carta fondamentale utilizzi il lemma ‘sociale’ per 23 volte. Inoltre non viene attuata una ragionevole durata dei governi, in contrasto con quanto segnalato in sede costituente circa le degenerazioni del parlamentarismo”. In settant’anni sono stati 63 i governi italiani a fronte dei 24 della Germania e 14 del Regno Unito e Cassese attribuisce anche a questo fattore la debolezza con cui l’Italia ha partecipato in quel ‘condominio’ che sono l’Unione Europea e le varie Organizzazioni internazionali cui partecipa.

Cassese descrive poi l’importanza della “nuova stagione dei diritti aperta negli anni Sessanta-Settanta, caratterizzata da un cambiamento della situazione politica e da quattro grandi riforme: la scuola media unificata, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, l’approvazione dello Statuto dei lavoratori e del Servizio sanitario nazionale”. Sostiene poi, che, al di là della locuzione “seconda Repubblica” comunemente utilizzata, negli anni dal 1993 in avanti vi sia stato solo un profondo cambiamento della gestione degli enti locali e non dello Stato, tenuto conto che è rimasto inalterato il sistema parlamentare e la riforma costituzionale in discussione dal 1983 non è decollata.

Il risultato? “Un’unità fragile in cerca di un nuovo Stato, con molti punti critici”. Un divario non colmato tra Nord e Sud e gravi dislivelli di statalità, l’assenza di “Noblesse d’Etat” ovvero di una struttura burocratica idonea a sostenere lo Stato. A fronte di ciò l’opzione di De Gasperi e Carli evidenzata da Cassese è stata la valorizzazione del “vincolo esterno”. “Se non siamo virtuosi, leghiamoci a Paesi virtuosi”. Un segno di debolezza? Probabilmente sì, ma anche di lungimiranza, afferma il relatore nel rispondere alle numerose domande poste alla fine della lezione.

Cassese conclude richiamando un compito: riconquistare la speranza per il futuro, a partire – come sottolineato da Simoncini – dalla propria responsabilità, “senza cedere alla tendenza quasi inevitabile quando parliamo di Stato e istituzioni pubbliche di scaricare verso l’esterno qualsiasi forma di impegno o di solidarietà”.

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