LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI E NON PROFIT

Press Meeting

Come si possono liberalizzare i servizi di pubblica utilità (utilities), aprendo il mercato italiano al non profit? Se n’è discusso oggi nella Sala Mimosa della Fiera di Rimini, in un workshop moderato dal co-direttore della Rivista Non Profit Antonio Matacena, cui hanno partecipato Giorgio Fiorentini (direttore del Master in Management delle Imprese sociali alla Bocconi di Milano). Paola Garrone (docente di Economia al Politecnico di Milano), Giancarlo Rovati (docente di Sociologia all’Università Cattolica di Milano), Lanfranco Senn (docente di Economia regionale alla Bocconi di Milano e presidente di “Metropolitana Milanese”), Patrizio Trifoni (partner Studio Sciumè e associati di Bologna) e Lorenza Violini (docente di Diritto costituzionale all’Università degli studi di Milano).
Giorgio Fiorentini ha affrontato il problema delle utilities da un punto di vista economico: “Lo scopo dei servizi di pubblica utilità non deve essere il lucro, ma il mantenimento di un equilibrio economico-finanziario che non punta solo al profitto”. La proposta di Fiorentini per la fornitura di questi servizi sono le multiutility holding, da cui dipendono sia società non profit che società per azioni for profit. “Il problema delle non profit sono i finanziamenti – ha spiegato Fiorentini – Le situazioni miste permettono insieme il concetto di impresa sociale e quello di formula imprenditoriale”.
Ma quali sono gli interessi coinvolti nella fornitura di questi servizi? “È un problema complicato – ha affermato Lanfranco Senn – perché ci sono tre tipi di stakeholders (portatori di interessi): gli utenti, le aziende e la collettività; e sono tendenzialmente in contrasto. La liberalizzazione dei servizi pubblici, con la possibilità di aprire anche al non profit, è una soluzione che permette di rispondere a questi diversi interessi”.
Per quanto riguarda gli utenti, in Italia i problemi riguardano soprattutto quelli che non riescono a pagare le bollette. Giancarlo Rovati ha riportato alcuni dati Istat, relativi al 2006: “L’anno scorso, il 9% delle famiglie italiane ha trovato qualche difficoltà a pagare le bollette. Ora come ora l’unica soluzione possibile sembrerebbe far pagare di più i consumatori più abbienti. Ma questo è ingiusto: si deve pensare a qualcosa di diverso”.
Paola Garrone si è concentrata soprattutto sulla qualità dei servizi offerti dalle utilities italiane: “Per quanto riguarda il servizio idrico, ad esempio, su 100 metri cubi d’acqua ne arrivano a destinazione solo 70: nel nostro Paese la qualità dei servizi è molto bassa; in altri Stati che hanno già adottato il non profit, come gli Usa e la Gran Bretagna, la situazione è molto diversa”.
D’altronde, in Italia, quello delle utilities è anche un problema di competenze tra istituzioni. A questo proposito è intervenuta Lorenza Violini: “La legislazione, in questi anni, non è stata in grado di rispondere ai bisogni reali delle persone. La competenza è ripartita tra Stato, Regioni e Comuni, in modo tale però da creare instabilità. Bisogna capire, nel puzzle che si sta costruendo a chi spetta il compito di prendere le decisioni”.
Patrizio Trifoni, che ha collaborato come legale alla nascita di Hera (nel 2002), ha raccontato la sua esperienza in uno dei primi esempi italiani di utilities con partecipazione privata: “Hera è stata creata per rendere più efficiente il servizio, ma anche per posizionare sul mercato parte dei servizi gestiti dalla società, tramite l’emissione di azioni. Per creare un forte legame con le comunità locali, sono stati scelti due strumenti: un contratto di servizio e la creazione di società territoriali per erogare concretamente il servizio”.
Concludendo, Antonio Matacena ha evidenziato come il dibattito sul tema delle utilities abbia tre coordinate principali: qualità, durabilità e welfare.

M. Cap.-G. Z.
Rimini, 22 agosto 2007