LE STRATEGIE PER LA RICERCA BIOMEDICA

Press Meeting

L’incontro dedicato alle strategie per la ricerca biomedica ha avuto luogo alle 11.15 nella sala C1 “Siemens”. Pier Paolo Mannucci, direttore scientifico della Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ha delineato il ruolo della ricerca all’interno della propria organizzazione. “La ricerca scientifica – ha sottolineato – è importante per lo sviluppo economico, ma è fondamentale soprattutto per lo sviluppo dell’uomo. In Italia è di notevole interesse la presenza di una ricerca di tipo relazionale, orientata al bene dell’individuo e all’efficacia di interventi e farmaci che possano incrementare la qualità dell’esistenza e prolungare le prospettive di vita di ogni essere umano. È per questo che sono fermamente convinto che tutti gli Irccs debbano anche essere impegnati su progetti di gestione in ambito relazionale”.
Ricca di contenuti anche la comunicazione di Marco Bregni, presidente dell’Associazione Medicina e Persona e coordinatore dell’incontro, a partire dalla traccia del Meeting: “La dinamica fondamentale che caratterizza l’uomo è sempre la ricerca dell’infinito. – ha affermato – La ricerca maggiormente frequente oggi è la ricerca in ambito biomedico: spesso, infatti, le terapie convenzionali non bastano, è necessario ricorrere a nuove scoperte, a nuovi orizzonti che possano migliorare l’esistenza di ogni essere umano”. I paesi che investono maggiormente nella ricerca, ha rilevato Bregni, oggi non sono gli Usa, bensì i paesi asiatici, che in questo settore hanno ottenuto ottimi risultati nonostante la crisi economica. L’Italia da parte sua non si posiziona male: “In ambito biomedico anche nel nostro paese si continuano a fare buoni progressi. Tuttavia sono previsti tagli per gli enti di ricerca: si parla di una riduzione delle sovvenzioni pari al 40%. C’è da dire poi che le ipotesi di lavoro dei ricercatori devono tenere conto dei problemi e del bene dell’uomo. Molto spesso invece sono legate alla necessità di finanziamenti e al fatto che vengono richiesti risultati immediati”.
Alberto Sciumè, presidente di Nerviano Medical Sciences, nel suo intervento ha raccontato com’è organizzata l’attività di ricerca all’interno del servizio da lui fondato: “Provengo da una formazione giuridica e di lavoro oltre che il docente universitario faccio l’avvocato. A Nerviano era collocato un grande centro di ricerca di Faren Italia e Carlo Erba. Dopo una serie di vicissitudini, il centro è andato incontro a fusioni e cambiamenti di gestione, finché è stato rilevato da noi e, con una serie di processi di mercato, si è trasformato nel Nerviano Medical Center. In passato, quando il centro era associato alla Pfizer, il centro di ricerca era più che altro un centro di costo. Poi, pian piano, la mission della ricerca è andata modificandosi a favore di una maggiore attenzione metodologica alla ricerca”. Secondo Sciumè “il problema della ricerca è prima di tutto culturale, l’Italia ha fatto passi da gigante nell’ambito della ricerca biomedica: noi di Nerviano siamo ancora dei nani rispetto ad altri centri di ricerca sul territorio nazionale, per cui, proprio per mantenere ed incrementare lo spirito scientifico, ci proponiamo di agire in rete assieme ad altre realtà con la stessa mission”. Secondo il manager lombardo è fondamentale sviluppare relazioni che consentano di produrre risultati condivisi in associazione con le altre realtà: “L’associazionismo in questo settore è importante”.
Della fase pre-clinica della ricerca farmacologica ha soprattutto trattato Stefano Portolano, amministratore delegato di Celgene. “È un settore che ha fatto passi da gigante in Italia dagli anni Ottanta e Novanta. Lo sviluppo delle ricerche sui recettori, negli anni Novanta e nei primi anni di questo secolo ha contribuito non poco al processo di conoscenza relativo ai cosiddetti ‘farmaci orfani’, che possono essere utilizzati in caso di patologie serie, condizioni patologiche rare e nel caso in cui non siano disponibili altri trattamenti. Grazie alla ricerca, oggi è concretamente pensabile un utilizzo dei farmaci orfani nelle malattie oncologiche”. Rispetto ai ricercatori italiani che vanno all’estero, Portolano ha sottolineato che “non dobbiamo chiederci perché tanti cervelli italiani vadano all’estero, ma più che altro perché tanti cervelli di altre nazioni non vengano in Italia. Il confronto delle metodologie di ricerca a livello interculturale è importante per arrivare a nuove e importanti scoperte a fini umanitari”.
Ha concluso l’incontro Mario Melazzini, direttore generale della Sanità della Regione Lombardia, per il quale “per fare ricerca ci vogliono prima i ricercatori, poi le risorse: queste ultime vanno disposte in modo tale da condurre la ricerca ad arrivare agli obiettivi che si prefigge di ottenere”. Spesso invece secondo Melazzini la ricerca in ambito clinico non è meritocratica, con criteri spesso discutibili su quali siano i ricercatori e i progetti da sostenere. “Eppure la ricerca è importante: basti pensare che l’età media, grazie alle scoperte in ambito medico-farmaceutico, si è significativamente allungata. Nei precedenti interventi ho sentito parlare di medicina personalizzata, di persone che fanno ricerca e di ricadute sul sistema sanitario lombardo: con la crisi ciò verrà reso molto difficile. Nei prossimi tre anni vi sarà un taglio di trecento milioni di euro: la ‘spending review’ sarà un grosso problema per la regione Lombardia ance nel campo della ricerca”.

(F.P.)
Rimini, 20 agosto 2012

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