LE COSE CHE DEVONO ACCADERE. L’APOCALISSE DI SAN GIOVANNI

Press Meeting

Di fronte ad un folto pubblico di ascoltatori è stata presentata, nella sala C2, la mostra “Le cose che devono accadere. L’Apocalisse di S. Giovanni”. Relatori dell’incontro sono stati don Gianluca Attanasio, pro-rettore della Fraternità Sacerdotale di S. Carlo Borromeo, e il prof. Marco Rossi, Professore Associato di Storia dell’Arte Medievale presso l’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano e Brescia. Ha moderato Claudio Grotti per il Meeting di Rimini.
Nell’immaginario collettivo contemporaneo l’Apocalisse di S. Giovanni è associata alle idee di catastrofe, di distruzione e di fine del mondo. Scopo della mostra è invece quello di restituire all’ultimo libro della Bibbia il motivo per il quale è stato scritto: libro di speranza e della speranza. Nel suo intervento il pro-rettore della Fraternità San Carlo ha detto che l’Apocalisse di S. Giovanni non rivela qualcosa di nuovo rispetto ai Vangeli; è piuttosto il libro della vigilanza perché Cristo non è realtà del passato, ma presenza attuale nella storia. È nella profondità del presente che continua a manifestarsi la sua venuta: “il destino sta per arrivare”. Cristo, con la sua morte e resurrezione, vince la paura che è nel cuore dell’uomo.
La mostra si articola in tre sezioni. La prima è quella di Dio, seduto sul trono, sfolgorante di luce. Dio è il sovrano. La visione comunica la certezza di una provvidenza nel mondo. Nulla sfugge al governo di Dio. Il male è limitato da ciò che Dio gli permette. La disperazione dunque non è possibile.
Balza all’improvviso un Agnello immolato; è Colui che ci svela il mistero dell’esistenza, che rompe i sigilli del libro della vita che è nelle mani di Dio. Di fronte a quel libro chiuso Giovanni aveva cominciato a piangere: è il pianto di ogni uomo che non riesce a capire, che non afferra il senso della propria vita. Ma ecco l’Agnello immolato, circondato dalla corte dei beati e dei santi. Hanno tutti la veste bianca perché hanno lavato le vesti nel sangue dell’Agnello. La felicità dei beati sarà interamente piena quando anche l’ultimo peccatore li raggiungerà.
L’ultima parte del libro, e della mostra, è dominata dalla Chiesa. Cristo si insedia nella storia. Giovanni racconta la celebre visione che viene letta il giorno dell’Assunta. Al centro dell’Apocalisse c’è l’Incarnazione. Segue la narrazione della battaglia cosmica fra gli angeli buoni e gli angeli cattivi. L’ultimo atto della storia è l’abbattimento della morte e degli inferi che saranno gettati nello “stagno di fuoco”. È il tempo ormai della Gerusalemme Celeste, risplendente di gemme preziosissime, preparata come una Sposa per il suo Sposo.
All’intervento di Attanasio è seguito quello del prof. Rossi che ha coordinato il gruppo di studenti curatori della parte iconografica della mostra. Rossi ha comunicato tutta la difficoltà incontrata a trovare un apparato iconografico proveniente dall’arte contemporanea: per l’arte odierna Apocalisse è distruzione ed annientamento. L’arte medievale invece, forte di una tradizione patristica consapevole, offre immagini molto fedeli al testo: nei “Commentarii” del Beatus di Liebana – ne sono giunti fino a noi 34 di cui 26 illustrati – le immagini non sono mai accanto, ma si integrano con il testo; ne facilitano la comprensione. Cromatismo, splendore e luminosità, potenza dei colori facilitano la memoria, la meditazione e la contemplazione del testo. Così l’uomo medievale percepiva le immagini di Beatus, e ne era edificato.

E.P.
Rimini, 24 agosto 2003