L’autonomia abbandonata? Direzioni di scuole a confronto

Press Meeting

“Un governo autonomo della scuola pubblica è lo strumento più efficace per permettere l’esercizio della libertà personale”, anche se “a otto anni dal suo esordio questo modello appare già in crisi”. Questa la sfida proposta dal Presidente Nazionale DiSAL, Roberto Pellegatta, all’apertura della tavola rotonda, che ha anticipato i lavori dell’imminente convegno dell’associazione.
Il Consigliere MIUR Rosario Drago ha risposto che “l’autonomia scolastica non è stata voluta ma concessa alle scuole, che stavano pensando ad altro” ed hanno male recepito quest’ autonomia, che “ha il suo centro nel problema della responsabilità”. Ha poi elencato una serie di migliorie da apportare al modello: modificare in termini culturali il ruolo del dirigente scolastico (da leader amministrativo a leader educativo), centrare gli organi collegiali sulle questioni che li preoccupano, stabilire nuove regole di interazione tra le istituzioni e riorganizzare il Ministero, ostacolato dalla dialettica interna tra la gestione del personale e l’autonomia scolastica.
Mario Giacomo Dutto, Direttore Scolastico Regionale per la Lombardia, ha operato una distinzione tra le “false autonomie” e le lezioni da trattenere in vista del necessario perfezionamento. Ricordando che “esiste una sorta di vigilanza sociale sulle azioni della scuola”, ha delineato tre principali linee d’azione: abituarsi a riflettere in base alle risorse pubbliche che si hanno a disposizione, liberarsi dai “vecchi fardelli”, tra cui l’abbandono scolastico, e ripensare il sistema di revisione dei conti.
Ma “l’autonomia ha senso se si basa su presupposti di libertà” – ha sottolineato il Vice Presidente del Parlamento Europeo Mario Mauro – “non si può pensare di promuoverla con un meccanismo di circolari”. Ricordando che “la scuola è in crisi perché il concetto di Stato che ha generato il sistema pubblico attuale è vacillante”, ha individuato gli obiettivi da raggiungere nell’abolizione del valore legale del titolo di studio e nella riduzione dell’eccessivo numero di intermediari tra Ministero e scuole nella distribuzione dei fondi. Richiamando i politici alla responsabilità nella continuità dei cambiamenti fatti da legislature precedenti, Mauro ha concluso che “la scuola non dev’essere una priorità ideologica, ma di bilancio”.
Sfida accettata dal Responsabile Nazionale dell’Ufficio Scuola della Margherita, Giovanni Manzini: “non si deve cambiare tutto, ma solo ciò che non funziona”. Diversamente di Drago, ha sostenuto che “alla conferenza nazionale della scuola del 1990 tutti accettarono l’autonomia come obiettivo di riforma”, che si fonda sulla sussidiarietà e sulla cooperazione istituzionale. Per la sua realizzazione, “sono necessarie l’assunzione di responsabilità e la pretesa di valutazione del proprio livello di qualità”. Manzini ha poi sottolineato che “il sistema scolastico e quello formativo non possono essere tra loro disgiunti” e che “nessuna autonomia è tale se non può disporre del personale e delle risorse”, richiamando la necessità di una flessibilità nel percorso di reclutamento e di una riqualificazione della spesa. Infine, Manzini ha affermato di ritenere l’autonomia la strada vincente e che “per raggiungerla dobbiamo focalizzarci sul problema di cosa chiediamo alla scuola”.

M.P.
Rimini, 26 agosto 2005