LA VERITÀ È IL DESTINO PER IL QUALE SIAMO STATI FATTI

Press Meeting

“Ma non ha ragione, non ha ragione il nichilista!” Questa affermazione “gridata” da don Giussani a Rimini (ad un raduno degli universitari di Comunione e Liberazione) è risuonata nuovamente nel grande Auditorium della Fiera. L’ha riproposta Francesco Ventorino, Docente di Ontologia e di Etica allo Studio Teologico “S. Paolo” di Catania, chiamato ad affrontare il tema del XXVIII Meeting: “La verità è il destino per il quale siamo stati fatti”.
Il relatore ha iniziato ricordando l’urlo di sua madre di fronte al cadavere della figlia: “Perché una donna muore a trent’anni?”, documento clamoroso di quella domanda che costituisce il cuore di ogni uomo, per rilevare che vari intellettuali, negli ultimi anni, si sono affaticati a dimostrare che questa domanda di significato è senza risposta, e quindi “senza senso”. “Il nichilismo, cioè la negazione che ci sia una verità e un destino della realtà”, ha affermato Ventorino, “è l’orizzonte teorico in cui si colloca e si giustifica la nostra ‘civiltà dei consumi’”. Questa posizione, educativamente parlando, diventa un’opera di “corruzione di minorenni”: una “corruzione morale” che arbitrariamente si definisce “laica”.
Il nichilista non ha ragione, perché va “contro quel meglio di sé che gli viene su dal cuore” e che si manifesta, ad esempio, quando un giovane guarda la sua ragazza: non può dire “che la sua ragazza è un niente”. Il cuore è quello che Pirandello, “un grande laico e mio conterraneo”, chiamava: “un punto vivo di me”. La domanda sul destino della vita costituisce il cuore di ogni uomo, quel cuore che rappresenta “un criterio oggettivo che abbiamo in noi”. Come diceva don Giussani: “Se non si afferma la verità del nostro cuore, siamo preda degli avvoltoi che dominano il mondo”.
“L’uomo è dunque domanda di verità. A questa domanda la realtà stessa si incarica di rispondere: la verità si lascia incontrare, accade; essa è l’imporsi della realtà nella sua evidente presenza!” Il relatore ha ritrovato ancora uno spunto prezioso in Pirandello: nell’avvenimento, pieno di stupore, della “scoperta” della luna, in cui il povero garzone Ciàula ritrova se stesso e la sua umanità. “Lo stupore, la meraviglia di questa realtà che mi si impone, di questa presenza che mi investe, è all’origine dell’umana coscienza” (don Giussani).
Ma la bellezza del mondo e la grandezza del nostro desiderio non vengono sempre accolti come una testimonianza convincente di Dio, e la persona umana ha il potere di “fare i capricci di fronte all’essere”. “Solo nell’esperienza di un grande amore”, ha sottolineato il relatore, “diviene possibile superare questo capriccio di fronte all’essere, questo blocco nella reattività, che alla fine diviene odio a se stessi perché è odio al proprio destino. È in un rapporto, nel quale ci sentiamo affermati più di quanto non riusciamo a fare da noi stessi, che rinasce l’amore e la stima per la realtà, a partire da quella per la nostra persona, e la certezza di un destino buono per la nostra vita e per il tutto”. A questo livello si colloca l’avvenimento cristiano, come ha detto Benedetto XVI: “quel grande ‘sì’ che in Gesù Cristo Dio ha detto all’uomo e alla sua vita”. “Questa è la risposta della Chiesa allo scetticismo del mondo. Cristo è vivo e presente nella sua Chiesa. In forza di questa sua contemporaneità egli si accompagna a noi ed è possibile incontrarlo anche oggi”.
Il punto di vista della fede lancia una sfida a tutti gli uomini perché “è una posizione tale da abbracciare, senza dimenticare e rinnegare nulla, tutti i fattori che compongono la trama dell’esistenza”. L’uomo riconosce la verità di sé attraverso l’esperienza della bellezza e della corrispondenza totale che essa suscita. Ma, ha sottolineato il relatore, “è necessaria una bellezza che regga di fronte all’urlo di mia madre. È necessaria una bellezza che renda accettabile la vita e la morte, la gioia e il dolore. Solo nel volto del Crocifisso appare l’autentica bellezza, solo nel Crocifisso c’è, infatti, un destino o un Dio credibile” anche nelle contraddizioni più acute.
Dopo aver richiamato alcuni passaggi dell’allora cardinale Ratzinger , nel suo messaggio per la XXIII edizione del Meeting, Francesco Ventorino ha concluso: “Della bellezza di Cristo si fa esperienza nella Chiesa, cioè nel mondo bello creato dalla fede e dalla luce che risplende sul volto dei Santi. Noi ne sappiamo qualcosa: l’abbiamo vista nel volto di don Giussani”.

Dopo il lungo applauso del pubblico che gremiva l’Auditorium, ha concluso Marco Bona Castelletti: “Solo spiriti forti hanno il coraggio di parlare di verità. La verità non è una parola o un conato mentale, ma un’esperienza di vita. Siamo stati messi di fronte a una testimonianza di vita”.

V.C.
Rimini, 20 agosto 2007