La tensione dell’ arte. Incontro sull’ arte contemporanea

Press Meeting

INCONTRO SULL’ARTE CONTEMPORANEA

“Il miracolo dell’arte non è il linguaggio, ma la tensione che lo anima”: con questa citazione di Ungaretti, Davide Rondoni ha introdotti i lavori cui hanno partecipato Gino Agnese, Presidente della Quadriennale di Roma; Beatrice Buscaroli, docente di Storia dell’Arte Contemporanea e critica d’arte; Letizia Fornasieri, pittrice.
L’opera d’arte nasce da una tensione, ha detto Rondoni, e rispetto all’arte contemporanea siamo stati abituati male, nel senso che ci hanno fatto credere che occorre sapere qualcosa prima per capirla. Ciò che serve all’artista non è il fatto che tu gli spieghi la sua opera, ma che ti coinvolga nella tensione che l’ha generata, perché l’arte è il punto in cui tutte le espressioni trovano una verifica.
Gli artisti non sono mai soddisfatti, ha esordito Agnese: l’opera, per quanto riuscita secondo loro poteva venire meglio; per questo motivo si disfanno delle tele senza battere ciglio. In ogni momento creativo, l’entusiasmo e la gioia si verificano durante e non dopo. Per gli artisti infatti vale lo stesso discorso dei rocciatori, che al ritorno dalla scalata non parlano mai del panorama che si scorge dalla vetta, ma delle difficoltà incontrate durante la salita. Ho scorto con notevole entusiasmo che l’idea di progresso espressa nel titolo del Meeting è veramente nobile perché non è di tipo lineare, non è progressiva come quella matematica: così per gli artisti la tensione a fare meglio è importante perché non si consuma in un incedere temporale. Se intendiamo la bellezza e l’arte come via alla santità, ha concluso Agnese citando Hans Urs von Balthasar, allora il problema dell’arte contemporanea coincide con il perseguire il destino.
A causa della separazione operata tra la bellezza e l’arte operata all’inizio del secolo scorso dalle avanguardie, ha dichiarato la Buscaroli, la situazione della gente che opera in questo mondo è molto complicata: secondo il giudizio di alcuni personaggi noti infatti, la perdita della bellezza coincide con la perdita della civiltà. La crisi dell’arte contemporanea sta nel fatto che è diventato necessario spiegare continuamente cos’è l’arte. Se ci si guarda intorno nessuno ha più il coraggio della bellezza, tant’è vero che è scomparsa anche quella ironia che Marcel Duchamp ebbe nei confronti del suo “pettine”. L’arte non nasce più da un popolo e neanche lo vuole.
Nell’arte c’è lo scopo, ha detto invece Fornasieri, ma sembra che questo non interessi più a nessuno. Nel fare le mie opere ho imparato che l’arte è l’esito dell’incontro tra me e la realtà: infatti ho cominciato a dipingere con delle domande dentro, e desideravo che la realtà mi rispondesse. Per inoltrarsi in questa dinamica occorre un metodo. L’arte allora diventa la proposta di una esperienza: occorre verificare quale corrisponde di più, infatti lo scopo di essere uomini è imparare il proprio nome.
Per riconoscere questa dinamica nella propria vita, ha concluso i lavori Rondoni, c’è bisogno di incontrare autori, cioè artisti che mettono dentro una tensione maggiore rispetto a quella che si ha: questo è l’inizio di una capacità di giudizio più vera.

G.F.I.
Rimini, 24 Agosto 2004