La tecnologia al servizio della didattica

Redazione Web

La tecnologia al servizio della didattica

Rimini, 22 agosto 2022 – Introduce l’incontro “La tecnologia al servizio della didattica” Margherita Rabaglia, dirigente scolastico dell’Istituto di Istruzione Superiore Gadda (Fornovo di Taro, Parma); ospiti: Andrea Ferraresso, docente del Liceo Romano Bruni (Padova); Francesca Maganzi, dirigente scolastico del Liceo Scientifico E. Torricelli (Bolzano); Stefania Nicolli, diri-gente scolastico della Fondazione Giovanni Paolo I (Mira, Venezia); Giovanna Tarantino, diri-gente scolastico dell’Istituto di Istruzione Superiore Enrico Fermi (Policoro); Sara Terzoni, do-cente del Liceo Scientifico E. Torricelli (Bolzano).
La scuola italiana dalla metà degli anni Ottanta ha cercato di compiere un’integrazione tra educazione e tecnologia, accelerata dalla situazione pandemica. L’operatore della scuola non può escludere i media digitali dalla didattica. La realtà di oggi è definita da molti “post-mediale”, nel senso che i media non sono più strumenti ma parte integrante delle vite individuali e delle attività sociali delle persone. In pratica i media entrano in tutti i processi e in particolare in una didattica aumentata che si serve del digitale in un’ottica di condivisione. Inoltre va sot-tolineato come tra le tante caratteristiche dei dispositivi digitali vi sia quella della “autorialità”, cioè attraverso essi si fanno cose (aspetto essenziale della scuola del fare o officina culturale).
La prima relatrice, Stefania Nicolli, inizia con una considerazione: «Il mondo è fatto da sollevatori di problemi – la maggioranza – e da risolutori di problemi, la minoranza. Nel fare scuola si cerca di far diventare grandi bambini che siano risolutori di problemi». L’esperienza nella scuola Giovanni Paolo I, a seguito della vincita di un bando Stem, è stata quella di sperimentare nella scuola dell’infanzia (a partire dai cinque anni) la robotica, il tethering e il coding con un’ora curriculare aggiuntiva a quella di informatica. L’esperienza si fonda su tre aspetti: unitarietà, l’idea dello sherpa e le soft skills. L’unitarietà si basa sul fatto che la tecnologia va declinata su chi la utilizza; il docente invece non deve essere un capitano, ma uno sherpa che aiuta l’alpinista ad arrivare in cima; le soft skills infine sono sintetizzate dal mantra “prima di chiedere a me adulto chiedi a te”.
Francesca Maganzi riporta invece l’esperienza del progetto “La matematica del contagio: mo-delli epidemiologici per la cittadinanza attiva”, che ha permesso l’integrazione delle nuove tecnologie finalizzata alla crescita culturale e personale degli alunni. «La programmazione per area di progetto e la conduzione interdisciplinare, sostenuta dall’utilizzo di tecnologie innova-tive come collaboration tools, hanno favorito la diffusione di una conoscenza di tipo comuni-tario, valorizzando il sapere e i talenti personali nell’ambito della realizzazione di un progetto comune».
Giovanna Tarantino riferisce di un progetto attuato nell’Istituto Fermi di Policoro avente come obiettivo la produzione di un report con la previsione meteorologica giornaliera da parte degli alunni. Partendo dal dato reale si sono programmate attività in modo interdisciplinare con l’obiettivo di supportare il settore agricolo, quello turistico e della nautica da diporto. Tutte le attività sono state laboratoriali, utilizzando tecnologie per il rilevamento e la rielaborazione dei dati, al fine di rendere lo studente meteorologo e formatore di altri.
Infine Andrea Ferraresso presenta l’esperienza in ambito Stem di una sua classe, che ha par-tecipato alla sfida “Astropi” dell’ESA per la realizzazione di un progetto finalizzato allo sviluppo di un programma in Python, da implementare per raccogliere dati e foto all’interno della sta-zione spaziale internazionale, analizzarli e creare una relazione. Singolare scoperta per i ragazzi è stata quella degli open data, in particolare quelli relativi all’inquinamento raccolti dalle università di tutto il mondo, e l’utilizzo di GitHub, piattaforma di riferimento per diffondere e condividere codice o dati. Questo tipo di progetto ha aiutato inoltre i ragazzi a sviluppare le soft skills.
Questa esperienza evidenzia come il coding sia certamente il collante dello Stem, ma importante per gli studenti è soprattutto sviluppare il pensiero computazionale, cioè ragionare in maniera algoritmica in ambienti dove vi siano strumenti multipiattaforma, piuttosto che ac-quisire linguaggi. La scuola non deve creare programmatori, ma cittadini consapevoli, e biso-gna passare dalla robotica a una nuova sfida che è quella dell’intelligenza artificiale. «Si è quindi visto», conclude Ferraresso, «che la tecnologia è sicuramento un terzo insegnante in classe, una risorsa aggiuntiva in grado di supportare e aiutare nello studio, integrando il per-corso educativo e formativo di una persona».
(M.S.C.)

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