La “roba minima” di Enzo Jannacci

Press Meeting

Altro che “roba minima” quella che si è vista in sala Neri! Parliamo dell’incontro delle 21.45. Attorno al tavolo, il critico musicale Mario Luzzatto Fegiz, Massimo Bernardini, giornalista, Andrea Pedrinelli, critico e saggista musicale e il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini.
In apertura “Il Saltimbanco e la Luna”, breve showcase realizzato da Pedrinelli, ha subito messo al centro della scena lo spessore umano e artistico di Jannacci. Osvaldo Ardenghi, cantautore bergamasco e attore comico ha eseguito, accompagnandosi con la chitarra, alcuni passaggi dai brani di Jannacci: “L’uomo a metà”, “Mamma che luna che c’era stasera”, “El purtava i scarp del tennis”. Il tutto nella cornice di alcuni passaggi di conversazioni dello stesso Pedrinelli con Jannacci.
“Chi era Enzo Jannacci? Un medico, un cantante?” interviene Vittadini. Un cabarettista! Dal fondo della sala proviene un vociare confuso che sposta immediatamente l’attenzione del pubblico. In realtà si tratta dello sketch comico del duo Bove&Limardi: due amici si parlano, ma entrambi equivocano, su più piani, su quanto si dicono. Risate e applausi riscaldano la sala.
Il dibattito riprende con il decano dei critici musicali Luzzatto Fegiz: “L’uomo Jannacci bisognava conoscerlo da dentro. Le sue sono le parole di quelli che hanno difficoltà a scrivere. A Jannacci la parola andava stretta. Preferiva comunicare con i suoni e le emozioni, ma quando la parola gli usciva era dirompente. Parlando di un fatto storico, riusciva a descriverlo facendo un primo piano su un particolare”. Massimo Bernardini interviene con domande sul contesto della Milano degli anni Sessanta e Settanta, quelli che hanno visto l’affermazione artistica di Gaber, Fo, De Andrè, oltre ovviamente allo stesso Jannacci. “In realtà, in quegli anni, sia Gaber che Jannacci smettono di contestare il potere e iniziano a contestare noi – risponde Luzzatto Fegiz – La simpatia di Jannacci per i perdenti non è retorica. Lui vuole bene ai piccoli”.
Andando fuori copione, Vittadini invita i comici a descrivere la loro esperienza con Jannacci. Dalla tavola rotonda si passa nuovamente a un raccontare che è esso stesso spettacolo, quando non pura gag. E quello che emerge è soprattutto la gratitudine di essere stati riconosciuti, di avere incontrato un artista generoso che ha valorizzato e lanciato tanti talenti, da Cochi e Renato a Boldi.
Vittadini ride di gusto, ma la chiusura è seria: “I personaggi di Jannacci sono surreali, è vero, ma la loro cifra è la dignità di un ‘io’ libero, la loro eccentricità è la scelta di chi non vuole rimanere ingabbiato”.
(G.L.)

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