La riforma del Terzo Settore: verso una vera sussidiarietà?

Press Meeting

Monica Poletto, presidente CdO-Opere Sociali questa mattina alle 11.15 in Sala D3 ha introdotto e moderato l’incontro “La riforma del terzo settore: verso una vera sussidiarietà?”. Lo spunto è dato dal recente disegno di legge delega di riforma del Terzo settore. “Riuscire ad intercettare un mondo del genere senza mortificarlo è un passaggio importantissimo ed epocale. Partendo da queste considerazioni abbiamo pensato l’incontro di oggi. Così abbiamo chiesto a due realtà importanti di raccontarci chi sono e cosa si aspettano da questa riforma”. Poletto si riferisce alla Fondazione Ant Italia onlus rappresentata dal presidente Raffaella Pannuti, e al Gruppo Cascina, presente con il responsabile sviluppo servizi socio sanitari Luigi Grimaldi. “Infine – aggiunge la moderatrice – dialogheremo con il sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Luigi Bobba, per comprendere le ragioni e le modalità d’azione che il governo vorrà mettere in campo”.
Pannuti racconta come opera Ant, associazione che si occupa di assistere a domicilio i malati terminali oncologici. “L’eubiosia, che significa ‘buona vita’, è il principio morale da cui discende la nostra opera – racconta la presidente – ci avvaliamo di 800 volontari e di personale qualificato stipendiato. La famiglia è al centro della nostra assistenza, perché intorno al malato ci sono persone che soffrono insieme a lui. In un anno seguiamo centomila malati di tumore, il 78 per cento di questi fino all’ultimo giorno di vita”. Facile intuire quale possa essere la ricaduta in termini di risparmio per il sistema sanitario nazionale. Pannuti passa ad alcune slide sui dati associativi: “Forniamo un servizio pubblico, ma meno del 20 per cento dei nostri proventi sono pubblici, cinque per mille compreso. Il resto ci arriva da donazioni. E se lo stato non riuscisse più a darci i fondi di cui abbiamo bisogno? Almeno dovrebbe alleggerire la burocrazia che ci impone quando cerchiamo di reperirli. Assistiamo diecimila famiglie a cui non possiamo e non vogliamo dire di no. Vogliamo continuare ad aiutare la gente in collaborazione con il sistema sanitario nazionale”.
All’interno del Gruppo Cascina, Grimaldi si occupa di assistenza a persone con fragilità sociali e sanitarie. E dal suo osservatorio privilegiato individua soprattutto tre punti a cui il disegno di legge delega deve porre la massima attenzione. “Nel mondo del non profit la programmazione, sulla quale la legge fa leva per coinvolgere il terzo settore, è importante tanto quanto la rilevazione dei bisogni. Attualmente non è più possibile ragionare per modelli ma per processi. Bisogna spezzare, per esempio, la separazione tra competenze di tipo sociale e competenze di tipo sanitario. In secondo luogo abbiamo la necessità di fare valutazioni sull’impatto della nostra azione: un livello di maturazione che non dobbiamo perdere con questa riforma”. Grimaldi come terzo punto mette l’accento sulla responsabilità che comporta il garantire l’accessibilità ai servizi a una platea “sempre meno in grado di sostenerne il peso economico”. “Il rischio che corriamo – annota – è che se la risposta non sarà sempre più adeguata ai bisogni, la domanda verrà mortificata”.
Ma quali sono le preoccupazioni che animano la riforma del non profit? Monica Poletto lo domanda al sottosegretario Bobba. Con un nota bene: “Una riforma del terzo settore dovrebbe essere sussidiaria anche nella sua genesi. Come prevedete di sviluppare questo aspetto?”
“I punti essenziali del disegno di legge sono semplificare, riordinare e innovare”. Si alza in piedi e parla a braccio il sottosegretario Luigi Bobba. “Ad esempio abbiamo voluto facilitare l’acquisizione della personalità giuridica da parte delle realtà non profit. Vorremmo arrivare ad avere un registro unitario del Terzo settore, per questo intendiamo ricostituire una struttura di immissione dei dati presso la presidenza del consiglio, anche per fare opera di vigilanza su tutto questo ricchissimo mondo”.
L’elenco degli obiettivi è ambizioso. “Vorremmo anche riportare a un quadro unitario le tante legislazioni che si sono sviluppate in questi anni, senza cancellare le tipiche pluralità italiane, che consideriamo elemento di onore. Nel nostro Paese il Terzo settore ha dimostrato straordinarie capacità nel coinvolgere le persone in forma singola o associata, alimentare e rafforzare i legami sociali, sviluppare reti a livello locale e nazionale, mobilitare risorse e competenze, sperimentare approcci e soluzioni innovativi”.
Attraverso il ddl approvato dal Consiglio dei Ministri, aggiunge Bobba, il Governo sarà delegato a riordinare le discipline di varie materie. Il sottosegretario cita nell’ordine il volontariato e la promozione sociale, da ridefinire secondo criteri di semplificazione e armonizzazione; l’impresa sociale (“per favorirne la diffusione e accrescerne le potenzialità anche sul piano occupazionale”), la delicata materia dei benefici economici, per dare stabilità e riordinare le diverse forme di sostegno pubblico e privato. L’esecutivo intende anche ripensare il servizio civile, “per offrire ai giovani l’opportunità di fare un’esperienza al servizio della Patria, eventualmente in parte anche all’estero, il cui valore formativo possa essere riconosciuto in ambito universitario ed occupazionale”.
Quanto ai rapporti con il mondo quanto mai variegato del Terzo settore, “in questi mesi di lavoro abbiamo affrontato un percorso condiviso, incontrando risposte positive”. Un atteggiamento critico ma propositivo, lo definisce Bobba. “Ritengo – aggiunge – che occorra andare avanti in questo senso sia quando il parlamento dovrà approvare la riforma sia quando dovremmo scrivere i decreti legislativi”.
“Ho imparato molto in questi mesi di ascolto” annota il sottosegretario. “Robert Kennedy il 18 marzo 1968 disse che il prodotto interno lordo non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi”. La citazione è lunga, ma il pubblico apprezza. “Il pil – prosegue Bobba – non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Fin qui Kennedy. “Ecco – è la conclusione – credo che il Terzo settore sempre di più potrà darci la cifra di tutti questi aspetti che il pil non riesce a misurare”.

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